Luigi Ferrarella, Corriere della sera 7/10/2009, 7 ottobre 2009
Mesiano, il giudice poliglotta che ama gli studi su Marx- MILANO – «Per me resta una decisione sbagliata, ma devo dire che raramente in un provvedimento ho visto una onestà intellettuale persino disarmante nel dar conto dei passaggi logici della decisione del giudice »: mica male, detto pubblicamente in udienza mesi fa dall’avvocato che stava sporgendo reclamo contro la decisione di primo grado di quel giudice civile che aveva fatto chiudere un rinomato bar per troppo rumore ai danni dei residenti
Mesiano, il giudice poliglotta che ama gli studi su Marx- MILANO – «Per me resta una decisione sbagliata, ma devo dire che raramente in un provvedimento ho visto una onestà intellettuale persino disarmante nel dar conto dei passaggi logici della decisione del giudice »: mica male, detto pubblicamente in udienza mesi fa dall’avvocato che stava sporgendo reclamo contro la decisione di primo grado di quel giudice civile che aveva fatto chiudere un rinomato bar per troppo rumore ai danni dei residenti. Il giudice civile milanese Raimondo Mesiano. Quello che ha condannato la Fininvest a risarcire 749 milioni alla Cir. Adesso che è finito sotto i riflettori per caso (nella X sezione vige il criterio dell’assegnazione automatica delle cause a tutti i giudici), anche Mesiano sperimenta i danni collaterali del vezzo tutto italiano di chiedersi «chi sia» il giudice anziché «cosa dica» la motivazione, come se le luci o le ombre dell’uomo in toga potessero nobilitare una sentenza sballata o inficiare un verdetto fondato. Ma tant’è, e Mesiano, col numero di casa tranquillamente sull’elenco del telefono, si sorbisce il ruolo di «preda », ieri mattina al punto da conservare – nelle more di un mini-inseguimento in strada da parte di una troupe tv – il sornione riflesso di sottrarre il cronista, che insisteva per strappargli qualcosa («Buon lavoro! »), all’impatto con l’incipiente autobus. L’aiuta, forse, non essere una star ma neanche un peone nel microcosmo del foro milanese, che gli riconosce tanto alcune singolarità caratteriali quanto la padronanza di tre lingue (tedesco, inglese, francese) e una cultura umanistica nutrita da viaggi in Germania (è un appassionato di studi filosofici su Marx) e soggiorni a Londra con borse di studio presso istituti di diritto internazionale. In magistratura da 30 anni, da 10 consigliere di Cassazione, prima di passare al civile ha avuto variegate esperienze nel penale: giudice istruttore col vecchio codice, poi consigliere di Corte d’Appello a Reggio Calabria, quindi a Milano giudice alla III sezione del Tribunale, dove con Angelo Mambriani è nella terna collegiale presieduta da Italo Ghitti (l’ex gip di Mani pulite) che dopo 3 anni di processo smonta una indagine di ”ndrangheta della Procura e assolve gli imprenditori indiziati d’essere prestanome di boss nella titolarità di garage e bar attorno al Tribunale. I casi della vita sono tali per cui magari tra quelli che oggi lo bersagliano c’è chi all’epoca lodava il collegio che in una intercettazione ambientale aveva colto l’errore tra coca e roca a proposito d’una marmitta rotta di una moto anziché di droga, o che nella frase iddu è o’ pinnulo («frase di sicura suggestione intesa forse con troppa inventiva interpretativa come egli è il prestanome ») aveva compreso iddi ’o vinnuno , cioè essi lo vendono,detto di un negozio da rilevare.