Roberto Miliacca, ItaliaOggi 07/10/2009, 7 ottobre 2009
Esplode la sanità di Vendola - Non c’è pace per la sanità pugliese. Non bastavano le indagini della magistratura che hanno travolto la giunta guidata da Nichi Vendola (solo un paio di settimane fa la Giunta regionale della Puglia ha approvato oggi, su proposta dell’assessore alla sanità Tommaso Fiore, la delibera che conclude il procedimento di decadenza del direttore generale della Asl Bari Lea Cosentino, indagata dalla Procura della Repubblica del capoluogo nell’inchiesta su una presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta)
Esplode la sanità di Vendola - Non c’è pace per la sanità pugliese. Non bastavano le indagini della magistratura che hanno travolto la giunta guidata da Nichi Vendola (solo un paio di settimane fa la Giunta regionale della Puglia ha approvato oggi, su proposta dell’assessore alla sanità Tommaso Fiore, la delibera che conclude il procedimento di decadenza del direttore generale della Asl Bari Lea Cosentino, indagata dalla Procura della Repubblica del capoluogo nell’inchiesta su una presunta associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta). Ora a puntare il faro sui costi della sanità regionale sono le imprese del settore dei servizi, che accusano Vendola e Fiore di aver avviato un processo di «re-internalizzazione» delle attività cosiddette «non core», cioè non propriamente sanitarie, come per esempio il servizio del 118 o le pulizie degli ospedali, che più che risparmi starebbe facendo lievitare ulteriormente le spese. L’aver riportato all’interno del sistema sanitario regionale, attraverso la creazione di società cosiddette «in house», infatti avrebbe produtto tutto fuorchè risparmi. L’accusa viene dal TAiiS, il Tavolo interassociativo delle imprese di servizi, che riunisce tredici associazioni di imprese del settore, aderenti a Agci, Confapi, Confcommercio, Confcooperative, Confindustria, Fise Anip e Lega delle Cooperative, che rappresentano complessivamente 18.000 aziende, per un totale di 50 miliardi di valore della produzione e 875.000 lavoratori impiegati, Le imprese denunciano il boom di costi che ha si è registrato dopo la decisione dello scorso 5 maggio di avviare la sperimentazione gestionale dell’«in house providing», per completare il processo di internalizzazione degli appalti nella sanità pugliese. Qualche dato? Secondo il TAiiS, nel primo anno di sperimentazione effettuata presso la ASL Foggia 1, per il cosiddetto servizio di ausiliariato il costo-mese deliberato a ottobre del 2008 era di 286.250 euro; due mesi dopo era già lievitato a 302.967 euro e nel conto economico del primo semestre 2009 è salito ulteriormente a 342.492 euro. Insomma, l’incremento, in pochi mesi è stato del 19%. Non diverso per i servizi internalizzati di pulizie: il costo-mese è passato dai 435.213 euro deliberati ad aprile 2009 ai 977.875 di luglio 2009 (+10% mese su mese). Ma il boom di costi si sarebbe avuto, sempre secondo il TAiiS, con il servizio di 118, ovvero con le chiamate di emergenza e le ambulanze: il costo-mese stabilito a novembre 2008 in 344.985 euro è schizzato, nel primo semestre 2009, a 977.875 euro, con un incremento del 183%. Come è stato possibile questo lievitare dei costi? Lo spiegano gli imprenditori: la regione ha internalizzato i servizi che prima dava in appalto esterno, ha costituito nuove società «in house» che fanno le stesse cose che prima svolgevano le società appaltanti esterne, e hanno assunto le stesse persone che prima lavoravano nelle cooperative che fornivano quei servizi in outsourcing. «Si segnala, tra l’altro», si legge in una nota, «l’utilizzo improprio del credito di imposta per le nuove assunzioni, che nuove non sono, in quanto il personale assunto era già operante alle dipendenze delle imprese e cooperative che sinora erogavano i servizi, nonchè l’asserita non esigibilità dell’Iva per le prestazioni rese dalle neo costituite società in house, tema su cui già è stato presentato interpello all’Agenzia delle Entrate. A difendere l’operazione sono invece i sindacati Cgil, Cisl e Uil, che hanno fortemente voluto il processo di «re-internalizzazione» dei servizi servizi gestiti fino ad ora con appalti a ditte esterne. Misure che porterebbero, spiegano i sindacati, «alla stabilizzazione del personale, oltre che a una cospicua riduzione di costi per la sanità pugliese». I dati, spiega il sindacato, parlano di 7.600 lavoratori interessati in Puglia e di una spesa che supera i 300 milioni di euro. «Il ricorso eccessivo alle esternalizzazioni dei servizi, porta a una frammentazione del lavoro, alla caccia all’appalto, all’esplodere dei costi, al peggioramento delle condizioni di lavoro. Il governo regionale, grazie al forte impulso dei sindacati confederali, ha favorito l’avvio di processi di reinternalizzazione dei servizi esternalizzati attraverso la costituzione di agenzie ”in house”, con cui si profila un lavoro più stabile e un futuro più dignitoso». Chi avrà ragione?