Raffaele De Cesare, La fine di un regno, Longanesi 1969 p. 547-548, 7 ottobre 2009
«Francesco II era sempre il principe descritto dal Gropello: incerto, fatalistico, timido: timidezza e fatalismo uniti a un senso di misticismo ereditato dalla madre e degenerato in napoletana bigotteria, che si manifestava anche da re, in una specie di noncuranza per le vanità del mondo; e poi, perduto il trono, si manifestò in un senso di non umana rassegnazione, nonché d’indulgenza verso tutti coloro che lo avevano abbandonato, o mal servito, o ignobilmente tradito» (de Cesare)
«Francesco II era sempre il principe descritto dal Gropello: incerto, fatalistico, timido: timidezza e fatalismo uniti a un senso di misticismo ereditato dalla madre e degenerato in napoletana bigotteria, che si manifestava anche da re, in una specie di noncuranza per le vanità del mondo; e poi, perduto il trono, si manifestò in un senso di non umana rassegnazione, nonché d’indulgenza verso tutti coloro che lo avevano abbandonato, o mal servito, o ignobilmente tradito» (de Cesare).