Emanuele Giordana, Diario, ottobre 2009, pag. 18, 7 ottobre 2009
La febbre del giovedì sera a Kabul. Circa 5 mila occidentali civili il giovedì sera a Kabul non rinunciano all’appuntamento con alcol e chiacchere
La febbre del giovedì sera a Kabul. Circa 5 mila occidentali civili il giovedì sera a Kabul non rinunciano all’appuntamento con alcol e chiacchere. Al bar Gandamak, il preferito degli expat di Kabul e dei giornalisti. Prende il nome da un villaggio che vide nel 1842 chiudersi la prima guerra anglo-afgana. Armi alle pareti e poster di antiche battaglie. Vecchi fucili ad avancarica appoggiati nella rastrelliera. Il seminterrato è un locale stretto e lungo, soffitti bassi, pareti rosse e fumo che aleggia. C’è anche una guest house a 124 dollari la singola. O all’Atmosphère, "Atmò", se sei del giro. Grandi tappeti etnici alle pareti, 12 dollari una birra o un blended. E poi la cena al Ristorante Boccaccio, il più gettonato anche dai ricchi afgani, o al Sufi, il più elegante e raffinato. Le autorità chiudono un occhio e sopportano. Il bar Samarcanda invece è stato chiuso, sequestrati gli alcolici.