lettera a Sergio Romano, Corriere della Sera 06/10/2009, 6 ottobre 2009
LETTERA A SERGIO ROMANO - 1929, PALAZZO DEL LATERANO LA CHIESA RICONOSCE LO STATO
Vorrei la sua opinione sulle scelte compiute dalla Chiesa nel periodo tra gli anni ”20 e ”60 del secolo scorso. Molte polemiche ha suscitato il comportamento di Pio XII di fronte alle leggi razziali e alla discesa in guerra dell’Italia a fianco del nazismo. Ma non è stato sufficientemente chiaro il giudizio sulla firma dei Patti Lateranensi del 1929.
Quell’accordo risolse senza dubbio numerosi problemi a Pio XI e Mussolini, ma rappresentò anche l’avallo ufficiale della Chiesa al regime fascista e alla sua politica liberticida. Non a caso la simbiosi tra Chiesa e dittatura è rimasta fiorente fino agli anni ”60 in molti Paesi di fede cattolica in Europa e America Latina. Una convivenza pragmatica, ma poco etica simile a quanto avvenne nello stesso periodo con la mafia siciliana, ma questa è tutta un’altra storia.
Angelo Tirelli
antirelli@tiscali.it
Caro Tirelli,
Occorre fare un passo indietro. Negli anni decisivi dell’unità nazionale, dalla proclamazione del Regno alla presa di Roma, la Chiesa rifiutò di riconoscere lo Stato italiano e di accettare la perdita del potere temporale. Fu una posizione di principio, dettata dalla convinzione che il Piemonte avesse violato i sacrosanti diritti della Chiesa romana. Ma fu anche una posizione politica, suggerita dalla convinzione che il nuovo Stato non avrebbe retto alla prova del tempo. Per alcuni decenni, sino agli inizi del Novecento, la Santa Sede continuò ad attendere la crisi internazionale o nazionale che avrebbe provocato il collasso dell’«usurpatore».
Il suo atteggiamento cominciò a cambiare nei primi anni del Novecento quando la curia romana si accorse, soprattutto all’epoca della guerra di Libia, che un certo patriottismo si era diffuso nel Paese e che esisteva ormai un clero nazionale deciso a collaborare con le pubbliche istituzioni per esercitare al meglio le sue funzioni pastorali.
Un primo segno di cambiamento fu il consiglio di Pio X agli elettori cattolici nel 1904: «Fate, fate quello che vi detta la vostra coscienza». Ma il fattore decisivo fu la Grande Guerra, quando la Chiesa comprese che soltanto il possesso di un territorio, sia pure piccolo, le avrebbe consentito di mantenere i rapporti internazionali necessari alla sua missione e alla sua esistenza. I primi contatti con il governo italiano ebbero luogo a Parigi, durante la conferenza della Pace, con Vittorio Emanuele Orlando, allora presidente del Consiglio, e furono interrotti soltanto dalle turbolenze politiche degli anni seguenti. Ma vennero ripresi dopo l’arrivo di Mussolini al potere nell’ottobre del 1922 per concludersi nel febbraio del 1929.
I Patti Lateranensi, quindi, furono uno storico trattato di pace fra due entità che si erano sino a quel momento guardate in cagnesco. La Chiesa riconobbe l’esistenza dello Stato italiano e questi riconobbe l’esistenza, all’interno del suo territorio, di un micro Stato in cui il Papa avrebbe esercitato ciò che ancora restava del suo antico potere temporale; mentre il Concordato fu il trattato con cui questi due soggetti politici, destinati a vivere come fratelli siamesi, fissarono le regole della loro convivenza. La Chiesa quindi non riconobbe il fascismo, anche se il regime, in quel momento, dovette sembrarle meglio di qualsiasi altra realistica prospettiva. Riconobbe lo Stato italiano.