Pierluigi Panza, Corriere della Sera 06/10/2009, 6 ottobre 2009
MC LOUVRE
C’ è già chi si chiede se li chiameranno Chicken Lisa o Gioconda deluxe gli hamburger che, da dicembre, si potranno mangiare nel McDonald’s e nel McCafé che apriranno al Louvre. Il tempio del fast-food americano celebrerà infatti il suo trentesimo anniversario con l’inaugurazione del negozio numero 1.142 all’ingresso del «museo dei musei». Patatine fritte e hamburger saranno sfornati per Natale all’entrata sotterranea del Louvre, nel Carrousel. E sebbene il regolamento di questo shopping-mall realizzato sotto la piramide di vetro stipulava che «le sue attività commerciali» dovevano essere «regolate e limitate a quelle culturali o turistiche», un rappresentante del Louvre ha dichiarato al «Daily Telegraph» di essere d’accordo con la realizzazione di un McCafé di qualità e di un McDonald’s perché «in linea con l’immagine del museo».
Per alcuni siamo all’assedio di Vienna, dove Vienna è la cultura museale europea e gli assedianti sono i paladini della globalizzazione. Per altri siamo al cavallo di Troia: dopo McDonald’s, dicono, arriveranno vetrine di moda e i giocattoli. Forse bisogna abituarsi ad avere «musei» con finalità diverse.
«Dobbiamo pensare all’insieme dei visitatori, francesi o stranieri, ai quali può piacere un’offerta di ristoranti ricca e varia», fanno sapere dal museo, e McDonald’s rappresenta il segmento americano «di una nuova zona ristorazione», che si situa «fra le altre cucine delle varie parti del mondo». Infatti, non è che al Louvre, visitato ogni anno da circa 8 milioni di persone, manchino i punti di ristoro! Basta elencarli. Ci sono già i Café de la Pyramide, Cafétéria de la Pyramide, Café du Louvre, Restaurant du Grand Louvre, gli «spacci» ai mezzanini Richelieu e Denon e poi il Café Richelieu, il Café Mollien, il Café Denon, lo Starbucks Coffee, il ristorante Café Marly, Paul per i sandwiches, il Café restaurant Renard, il ristorante- giardino Café Reale, la «restauration contemporaine» al Café Diane, la ristorazione leggera La Terrasse de Pomone alle Tuileries e i gelati dell’artigiano Dammann’s.
Ma è chiaro che la direzione di Henri Loyrette punta alla massima diffusione del «marchio» Louvre anche nel turismo internazionale. Per questo nel marzo 2007 ha siglato un patto con Abu Dhabi per l’affitto di logo e opere del Louvre al nuovo museo progettato da Jean Nouvel negli Emirati in cambio di 700 milioni di euro, per questo crea community sul suo sito, promuove mostre di vignette di quadri famosi ed altro… «Il Louvre è il museo dei musei che guarda all’avvenire, svolge un ruolo di diplomazia culturale ed è universale», scrive ed afferma Loyrette. E l’internazionalizzazione riguarda anche la cucina.
«Louvre Pour Tous», un sito web il cui scopo è di «informare e difendere» i visitatori del museo, non la pensa così: «Loyrette doveva dire almeno una parola per fermare l’odore di patatine fritte dallo scorrere sotto il naso della Monna Lisa. Ha scelto di non farlo», scrivono. Considerazioni analoghe erano state avanzate l’anno scorso quando la catena di caffetteria Starbucks aveva aperto un locale all’entrata destra del museo. Tutto quello che si ottenne fu di predisporre un paradossale «angolo culturale » di opuscoli e cataloghi all’interno della caffetteria. «Lo Starbucks era già un male, ma McDonald’s è peggio», continua sulla stessa linea di «Louvre Pour Tous» un anonimo storico dell’arte del Louvre intervistato dal «Daily Telegraph».
Il capofila di questa linea dell’intransigenza è senz’altro l’ex direttore del Museo Picasso di Parigi Jean Clair: «Il Louvre è diventato come una griffe di moda, come Prada, Bulgari», ha ribadito più volte. « diventato un luna park». E su questa cultura global che ha invaso il Louvre, Claire ha scritto anche un libro La crisi dei Musei (Skira) dove parla di simonia, vanagloria. Una posizione, non priva di snobismo, fatta propria anche dal critico letterario italiano Piero Citati, che ha definito il Louvre un «museo mostruoso ». A questa linea ieri si è iscritto anche Didier Rykner, direttore del website Art Tribune: « un’iniziativa semplicemente scioccante. Non sono contro il mangiare in un museo ma McDonald’s non è il massimo della gastronomia», ha detto, aggiungendo che è un miscuglio preoccupante di arte e consumismo. «Oggi McDonald’s, domani negozi di vestiti economici». Su questa posizione, infine, sono scesi in guerra due giorni fa alcuni commercianti di Pisa, che non vogliono l’insegna gialla del Mc accesa in Piazza dei Miracoli.
Il direttore per la valorizzazione del ministero per i Beni culturali, Mario Resca, ieri si è fatto scappare solo una battuta autoironica sull’argomento: «I francesi sono arrivati secondi», ha detto, alludendo al fatto che il ministero italiano ha chiamato al vertice proprio lui, che è stato anche direttore di McDonald’s. Vicenda, per altro, che gli è costata molta pregiudiziale ostilità da parte di alcune élite.
Solo apparentemente paradossale, e meno scontata, è la linea di chi ironizza sul Louvre, ritenendolo di fatto un post-museo. la posizione espressa da critici italiani come Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi. «Siccome il progetto di un grande Louvre è fallito, ora non sanno più come starci dentro con i costi di gestione – afferma Philippe Daverio ”, e così devono prestare tele ad Abu Dhabi e aprire il McDonald’s: ma non era obbligatorio attirare 8 milioni di persone per far mangiare gli hamburger e protendere migliaia di macchine fotografiche verso la cornice della Gioconda! questa – si chiede – l’idea di cultura francese del XXI secolo?». Caustico anche Vittorio Sgarbi: «McDonald’s è adattissimo al Louvre, che non è più un museo così come era stato pensato alle sua nascita. Ormai, uno può andare al Louvre solo per vedere una mostra tematica o, all’opposto, per comprare un gioiello...». O mangiare un hamburger. Anzi un Chicken Lisa.