Don Giulio Genoino, ItaliaOggi, 6/10/2009, 6 ottobre 2009
SANTORO FU CACCIATO ANCHE DAL PCI
L’appuntamento con la storia che Michele Santoro ha colto grazie alla «puttanopoli» barese riporta la Puglia al centro della vita del popolare ancorman. Fu infatti proprio grazie a un intellettuale pugliese che «Michele chi» fece il suo esordio in tv. O meglio: fu grazie alla sua tessera di iscritto al Partito comunista italiano, e alla sua amicizia con Beppe Vacca, consigliere Rai in quota Pci. Ma andiamo con ordine. Quel che rileva è l’origine della carriera giornalistica di Santoro. Funzionario della federazione provinciale comunista di Salerno, dov’era nato il 2 luglio del ’51, Santoro, ai primi del ’79, ruppe con l’allora segretario e venne messo fuori senza tanti complimenti. Il giovane funzionario era però molto stimato dal suo professore di filosofia, Biagio De Giovanni, titolare di Filosofia Morale a Salerno, che gli aveva dato la tesi e lo aveva laureato con 110 e lode. De Giovanni, all’epoca intellettuale organico del Pci (poi finito nella «Rosa nel pugno») stimava molto il giovanotto e contava molto nel Pci, per cui lo ripescò dalla federazione provinciale e lo infilò in quella regionale.
Per la cronaca, molti anni dopo De Giovanni ha sparato a zero sul suo ex allievo, dicendosene «tradito», dopo aver seguito una puntata su Gaza, a suo dire carente di onestà intellettuale: «Con Michele ho fallito il mio compito di docente_». Ma erano altri tempi e, all’epoca, Santoro brillava. Tanto che quando arrivò nella Federazione regionale comunista, venne subito nominato «responsabile per l’informazione».
In una stanzetta polverosa e piena di giornali accatastati, in via dei Fiorentini a Napoli, Michele si occupa dei giornali di area e gestisce operazioni informative in regione: un po’ cabina di regia, un po’ Minculpop. Tant’è che quando l’allora quindicinale che il Pci finanziava a Napoli, La Voce della Campania, una rivista poco diffusa ma molto prestigiosa, rimase senza direttore perché Matteo Cosenza era stato mandato a guidare la cronaca napoletana di Paese Sera, il partito pensò a Santoro. Il primo marzo del ’79 quindi, il futuro condottiero di Annozero, nemmeno ventottenne, diventa direttore. Quindi, per chiarire: il Santoro giornalista nasce direttore e ci nasce per un decreto del Pci. Ma, da subito, le cose si mettono male per lui, anzi bene, perché schiera La Voce su posizioni eterodosse rispetto alla linea del partito, con una spregiudicatezza politica che viene considerata inaccettabile. Quindi, nove mesi dopo l’insediamento alla Voce, Santoro viene cacciato e rificcato di nuovo in federazione.
Qui, però, mentre lui riprende il vecchio lavoro di responsabile dell’informazione, decidono di inquadrarlo come giornalista praticante dell’Unità. In redazione lo vedono poco e niente – in fondo è già stato direttore - ma lui risulta a tutti gli effetti di legge praticante e approda alla prova scritta dell’esame di Stato per l’iscrizione all’elenco dei professionisti nell’aprile dell’82. Fatto l’esame, fatta l’assunzione in Rai, dove nel frattempo consigliere d’amministrazione in quota Pci era diventato quel Beppe Vacca, cardine dell’«ecole barisienne» cultural-comunista in strette relazioni con Biagio De Giovanni, da cui aveva mutuato la grande considerazione per Santoro. Il resto è cronaca.