Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 04 Domenica calendario

UMBERTO II DI SAVOIA (1904-1983)


di: Giovanni Dall’Orto (scritto il 26 aprile 2009)
Umberto II di Savoia - Medaglia commemorativa

Umberto II di Savoia - Medaglia commemorativa.
.
Con il titolo: Polemica in Francia sul Mussolini di Pierre Milza, l’agenzia di stampa Ansa ha dato notizia d’un nuovo libro sul periodo fascista in Italia.

Quando a scrivere è uno storico straniero sono lecite libertà non concesse a un "indigeno", ed ecco che (cito dal comunicato dell’Ansa):

"Nel libro, Milza descrive cosa aveva in tasca il "Duce" quando il suo cadavere fu esposto a piazzale Loreto: ’Oltre a documenti attestanti l’omosessualità del principe Umberto, il dittatore aveva con sé parte della corrispondenza con Churchill, fra cui due lettere particolarmente compromettenti per l’uomo di stato britannico".

Dunque gli storici cominciano infine a parlare dell’omosessualità di colui che fu l’ultimo re d’Italia: un tema finora confinato nel campo del pettegolezzo o in quello della lotta politica, come ci ha ricordato lo scorso settembre [1999, NdR] un documentario trasmesso da Rai Uno. Era una biografia del regista Luchino Visconti, del regista Carlo Lizzani, nel quale Lizzani stesso ha raccontato di avere assistito nel 1946 assieme a Visconti (che ci restò male) a un comizio repubblicano, dove il socialista Pietro Nenni arringò la folla urlando: "Volete forse voi un re pederasta?".

Come si vede, Milza non ha detto nulla che non fosse già noto (anche le "misteriose" lettere di Churchill sono note da decenni), ma almeno ha segnato il salto dal pettegolezzo di piazza allo studio di storia serio.

A chi obbietta che di certe cose intime lo storico non dovrebbe occuparsi è facile ribattere che in questo caso l’omosessualità del principe ereditario ebbe un’importanza enorme, perché fu il "tallone d’Achille" che fece di lui quel personaggio indeciso ed esitante noto alla storia... con tutte le conseguenze e i disastri che ciò causò all’Italia.

Umberto di Savoia assieme a Benito MussoliniMussolini infatti iniziò già alla fine degli anni Venti a raccogliere sul principe ereditario un dossier da usare per ricattarlo.
Con questo "dossier", dal quale provenivano le lettere che aveva in tasca al momento della cattura, il "duce" riuscì a tenere in pugno Umberto, arrivando a specificare con una "velina" ai giornali che egli non doveva essere definito "Principe ereditario" ma solo "Principe di Piemonte".
A Umberto fece così capire che se non avesse rigato diritto lo avrebbe sostituto, al momento della morte del padre, con un altro Savoia o perfino col genero Gian Galeazzo Ciano. E se avesse protestato, ci sarebbe stato il "dossier" per screditarlo come "principe pederasta".

Nodo Savoia

Ma vediamo in dettaglio chi fu Umberto II e cosa sappiamo della sua "diversità".

Umberto di Savoia col padre Vittorio Emanuele II nel 1914 ca., a BordigheraUmberto II di Savoia (1904-1983), ultimo re d’Italia, era figlio di Vittorio Emanuele III di Savoia.
Nacque a Racconigi (Cuneo) ed ebbe un’educazione militare; si laureò in giurisprudenza.
Percorse i vari gradi della carriera militare, raggiungendo nel 1936 il grado di generale, e nel 1940 fu al comando formale delle armate italiane che aggredirono la Francia.

Quando però i Savoia permisero la caduta di Mussolini e si schierarono con gli Alleati (1943), questi ultimi posero il veto sulla loro pretesa di mettere Umberto alla guida del corpo italiano di liberazione.

Nel frattempo Mussolini, liberato dalle truppe naziste, aveva proclamato la Repubblica di Salò (con se stesso come presidente) nella parte settentrionale d’Italia, ancora sotto il controllo delle truppe nazifasciste. I Savoia furono attaccati dalla stampa fascista, ed iniziarono ad apparire le prime accuse d’omosessualità contro Umberto, soprannominato "Stellassa" [1].
Il famoso dossier ricattatorio si era infine rivelato utile.

Nel 1944, dopo la liberazione di Roma, Umberto sostituì il padre, con il ruolo di luogotenente: tale mossa cercava di salvare la monarchia, compromessa da vent’anni di complicità col fascismo.
Nel 1946, quando gli italiani furono chiamati al referendum per decidere fra monarchia e repubblica, Vittorio Emanuele III abdicò nel maggio e Umberto divenne re col nome di Umberto II, ma già il 2 giugno 1946 il risultato del referendum lo privò del trono.

Umberto partì dall’Italia il 13 giugno, senza avere abdicato, sperando in una rivincita: per questa ragione una disposizione transitoria" della Costituzione della Repubblica italiana (abolita solo nel 2002) proibì ai maschi primogeniti della ex-casa regnante di tornare in Italia.

Umberto visse così il resto della vita in esilio a Cascais (Portogallo), e a Ginevra, dove morì.

 sepolto nelle tombe dei Savoia di Hautecombe in Savoia (Francia).

Sin dal 1946 si era separato apertamente dalla moglie Maria José: i re, si sa, non divorziano.

Umberto II s’è trovato, per la mediocrità della dinastia a cui appartenne, nella rara posizione d’essere odiato contemporaneamente dalla destra (che accusò i Savoia di tradimento) e dalla sinistra (che rimproverò loro la lunga e colpevole complicità col nazifascismo).

Per questo non ha goduto dell’omertà che solitamente il potere garantisce: l’accusa di omosessualità fu persino sfruttata, come abbiamo visto, nei comizi antimonarchici precedenti il referendum del 1946 [2].

Caduti in disgrazia i Savoia, nessuno (a parte i monarchici, sempre di meno) si preoccupò del fatto che nel dopoguerra l’ex partigiano Enrico Montanari pubblicasse un libro di memorie in cui raccontava come nel 1927, quando era giovane tenente a Torino, fosse stato insistentemente corteggiato dal principe Umberto, che gli aveva perfino donato un accendisigari d’argento con incisa la scritta: "Dimmi di sì!" [3].

Né suscitò scandalo il fatto che le biografie del regista (e duca) Luchino Visconti accennassero, in modo più meno esplicito, alla relazione che costui ebbe da giovane con il principe Umberto, all’epoca considerato uno dei più avvenenti scapoli delle case regnanti d’Europa [4].

Umberto aveva sì sposato nel 1930 Maria José del Belgio, da cui ebbe quattro figli (fra i quali Vittorio Emanuele, attuale pretendente al trono italiano).

Umberto II di Savoia con la famiglia nei giardini del Quirinale nel 1946.
Umberto II di Savoia con la famiglia
nei giardini del Quirinale, nel 1946.

Tuttavia il fatto che i figli fossero arrivati solo dopo quattro anni scatenò una ridda di pettegolezzi, che sostennero che essi fossero stati concepiti solo grazie all’inseminazione artificiale [5]; altri invece sostennero che fossero figli di vari padri, tra cui il gerarca fascista Italo Balbo [6].
Persino il già citato conte Ciano, genero di Mussolini, scrisse nel suo diario, alla notizia di un nuovo concepimento di Maria José:

"Mi ha lasciato intendere che il figlio che nascerà è di <Umberto>, senza intromissione di medici e di siringhe" [7].

Ciò non implica affatto, ovviamente, che i pettegolezzi dicessero la verità (anche se Bartoli, riferendo la frase di Ciano, commenta: "Si vede che le dicerie avevano un fondamento di verità"), ma mostra per lo meno il tipo di fama che accompagnò per tutta la vita Umberto (al pari del cognato Filippo d’Assia, marito di sua sorella Mafalda di Savoia).

Del resto Umberto non fece nulla per evitare di meritarsi tale fama: basterà dire che la prima notte di nozze, e l’intera "luna di miele", a Courmayeur, furono da lui trascorsi non con la moglie, ma con gli "amici" ufficiali torinesi, che si fregiavano di un gioiello a forma di "U" in brillanti, donato loro dal principe [8].
Non solo: anche successivamente, quando andava a parlare con la moglie, si faceva sempre annunciare e... accompagnare [9].

Fu perciò facile alla polizia segreta fascista raccogliere informazioni sulla "pederastia" dell’erede al trono, come sempre Italo Balbo rivelò una volta al re, per contrastare le voci di una sua relazione con Maria José messe in giro dai suoi nemici [10].

Umberto II di Savoia e la moglia Maria José del Belgio in una cartolina celebrativaInoltre Umberto e Maria José condussero vite praticamente separate (se non per il minimo necessario a salvare le apparenze): appartamenti separati, letti separati, frequentazioni separate [11].
In questa situazione scatenò pettegolezzi persino il fatto che Umberto avesse disegnato personalmente l’abito da sposa di sua moglie, o curato gli addobbi per il battesimo della prima figlia!

Eppure Umberto II fu, contrariamente alla tradizione dei Savoia, molto cattolico: le sue trasgressioni sessuali furono perciò vissute, secondo i suoi biografi, come "raptus erotici" che scatenavano poi sensi di colpa:

"Il principe era profondamente credente e praticante, al limite della bigotteria. Tanto più per lui il richiamo dei sensi aveva un’origine diabolica, senza però sapervi resistere. Sicché le conseguenze del peccato assumevano un peso devastante. Di qual genere fosse quel peccato, si poteva soltanto sussurrare" [12].

Umberto di Savoia giovane ufficiale negli anni Venti, a Torino.Umberto scelse di preferenza i suoi partner fra i militari, privilegiando gli ufficiali (qual era anche Visconti al momento della loro liason): persino in esilio a Cascais (dove, per dirla eufemisticamente con Bartoli [13], "non gli si conoscevano distrazioni femminili"), sceglieva i suoi amici fra gli ufficiali della guarnigione, "specie fra i giovani" [14].

E prima del matrimonio, a Torino era divenuta celebre la sua abitudine di donare un fiordaliso (il fiore di Casa Savoia) ornato di pietre preziose ai giovani ufficiali/amanti del suo seguito, che lo ostentavano in pubblico.

"Curiosamente, questo episodio contribuì alla popolarità del Delfino, anziché nuocergli" [15].

A titolo di cronaca va riferito infine che tra gli amanti che gli attribuirono le voci dell’epoca ci sono anche il bellissimo attore francese Jean Marais (poi compagno del poeta e regista Jean Cocteau), e il pugile Primo Carnera, campione del mondo nel 1933 [16].
Ai curiosi che chiedevano perché Umberto lo avesse voluto conoscere e ricevere in privato, quest’ultimo confessò soltanto che:

"il principe lo aveva ricevuto in costume da bagno e lo aveva pregato di fare con lui una nuotata in piscina. Poi avevano trascorso insieme, da soli, il pomeriggio" [17].

Evidentemente il costume da bagno si addice alla regalità. Specie quando si ha un ospite dal fisico splendido...

1. Vita

Gioacchino Stajano Starace, detto Giò Stajano, è nipote del gerarca fascista Achille Starace. A 12 anni, alla caduta del fascismo i genitori si separarono; Gioacchino frequenta il collegio dei Gesuiti di Mondragone. Terminato il liceo, si trasferisce a Firenze, dove frequenta l’Accademia d’arte.
Successivamente si trasferisce a Roma e segue alcuni corsi dell’Università di Architettura.

Nel 1956, durante l’edizione annuale della Fiera d’Arte di via Margutta a Roma, Stajano espone i suoi quadri, ottenendo un discreto successo di pubblico; tuttavia è con la letteratura, e lo scandalo, che ottiene la consacrazione.

Nel 1959 pubblica infatti Roma capovolta, un testo autobiografico, che racconta le sue folli scorribande nella Roma della café society resa celebre dal film La dolce vita di Fellini. Il testo, esplicitamente gay, fu sequestrato dalle autorità con l’accusa di propagare idee contrarie alla pubblica morale e dannose per il costume. Cosa che contribuì ovviamente a focalizzare l’attenzione della stampa scandalistica sull’autore e a consacrare Giò Stajano come l’omosessuale più famoso d’Italia (anche se, come avrebbe rivelato il suo cambio di sesso, egli era semmai un transessuale).

Subito dopo Roma capovolta Stajano si affrettò a pubblicare Meglio l’uovo oggi, romanzo "a chiave", sempre sulla vita omosessuale di Roma, nel quale si svela sotto veli non troppo difficili da decifrare l’omosessualità di vari personaggi, fra i quali l’ex re d’Italia Umberto II.

Fa seguito un altro libro-scandalo, che riecheggia nel titolo il libro sequestrato, Roma erotica. Anche questi romanzi sono sequestrati poco dopo la loro uscita nelle librerie, ma non senza avere venduto un certo numero di copie, e contribuito ad accrescere ulteriormente la celebrità dell’autore.

Ormai famoso, Giò Stajano apre un locale, ispira Fellini facendo il bagno nella fontana di Piazza di Spagna prima che Anita Ekberg lo facesse nella fontana di Trevi, e ottiene una parte nel film La dolce vita(che però, a causa di un litigio con il regista, non fu inserita nella edizione del film per le sale, ma fu poi aggiunta nelle edizioni successivamente restaurate per le TV e per le videocassette/DVD).

Tra il 1958 e il 1961 Stajano collaborò con il settimanale scandalistico "Lo Specchio".

Nel 1961 fu convocato e interrogato dalla magistratura nell’ambito dello scandalo dei ”balletti verdi”, per protesta (e autopromozione) si presentò in pretura vestito da donna a lutto, sferruzzando un gomitolo di lana nera.

Sul finire degli anni sessanta divenne collaboratore del settimanale di costume e attualità, nonché erotismo, Men nel quale rispondeva con un tono fra il bizzarro e il sibillino alle lettere dei lettori omosessuali nella rubrica Il salotto di Oscar Wilde. Questa rubrica fu in assoluto il primo (e per molti anni, l’unico) spazio rivolto ad un pubblico gay nell’editoria italiana. Nel 1971 Stajano divenne anche il direttore del periodico.

http://www.giovannidallorto.com/biog...oIIsavoia.html

2. Un cambiamento radicale

Con la nascita del movimento gay, a cui Giò Stajano non ha mai aderito, e con i cambiamenti sociali della fine degli anni sessanta, cala l’interesse intorno al personaggio scandaloso che aveva fatto discutere le cronache. Nel 1983 Stajano ritornerà però alla ribalta operandosi e cambiando sesso, prendendo il nome di Maria Gioacchina Stajano Starace, contessa Briganti di Panico (uno dei titoli nobiliari di famiglia).
Dopo il cambiamento di sesso rilascia la sua prima intervista al giornalista Francesco D. Caridi de "il Borghese", settimanale per il quale Giò Stajano aveva scritto degli articoli di mondanità firmati con lo pseudonimo di "Pantera Rosa" prendendo di mira soprattutto l’aristocrazia romana. Nel 1992 pubblicherà infine la sua autobiografia, intitolandola La mia vita scandalosa, divenendo così l’unico scrittore italiano ad aver pubblicato testi sia da omosessuale che da transessuale.

Attualmente Maria Gioacchina Stajano vive a Sannicola, in Puglia. Negli ultimi anni, la sua ricerca interiore l’ha portata al riavvicinamento alla religione cattolica: Stajano ha dichiarato alla stampa (con grande battage pubblicitario) di voler entrare in un monastero femminile, ma di non poterlo fare unicamente a causa del suo cambio di sesso (non riconosciuto come legittimo dalla Chiesa cattolica). http://wapedia.mobi/it/Gi%C3%B2_Stajano