Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 03/10/2009, 3 ottobre 2009
La Germania ritrova la fierezza - La Germania è stata a lungo, sia pure, in decrescente misura (ma certamente fino a tutto il governo socialista di Schröder, cioè quattro anni fa) un paese defilato dal contesto internazionale, dove, in pratica, era, in Europa, a rimorchio della Francia, il paese che aveva finito per rappresentarla nel mondo; e, nel mondo, a rimorchio degli Usa, il paese che, con grande generosità, prima l’aveva tirata fuori, con i suoi soldi, dalle immense macerie della seconda guerra mondiale (nessun paese, nell’intera storia dell’uomo, era mai stato cosi raso al suolo come la Germania) e che poi, con un ponte aereo che, per le sue dimensioni e durata, resterà, nella storia dell’uomo, come le piramidi di Cheope, aveva salvato Berlino Ovest dalla morsa belluina, unilateralmente decisa dal Blocco sovietico
La Germania ritrova la fierezza - La Germania è stata a lungo, sia pure, in decrescente misura (ma certamente fino a tutto il governo socialista di Schröder, cioè quattro anni fa) un paese defilato dal contesto internazionale, dove, in pratica, era, in Europa, a rimorchio della Francia, il paese che aveva finito per rappresentarla nel mondo; e, nel mondo, a rimorchio degli Usa, il paese che, con grande generosità, prima l’aveva tirata fuori, con i suoi soldi, dalle immense macerie della seconda guerra mondiale (nessun paese, nell’intera storia dell’uomo, era mai stato cosi raso al suolo come la Germania) e che poi, con un ponte aereo che, per le sue dimensioni e durata, resterà, nella storia dell’uomo, come le piramidi di Cheope, aveva salvato Berlino Ovest dalla morsa belluina, unilateralmente decisa dal Blocco sovietico. Questa Germania che si è tenuta addosso, per tre generazioni, il cilicio della vergogna per il nazismo che ha allevato nel suo seno, è stata a lungo, anche per questo, l’ufficiale pagatore del Mec poi della Cee e poi della Ce e adesso della Ue. La logica perversa era questa: la Germania metteva nella cassaforte europea, la sua moneta (i marchi tedeschi) e la Francia (e gli altri) li utilizzavano, com’è, ad esempio, successo, e sta ancora succedendo, nella politica agricola comune. Pochi mesi fa però il gioco è stato sospeso (almeno per le nuove spese) da un’Angela Merkel è diventata improvvisamente decisionista comunicando che non ha più voglia di dissanguarsi in nome dell’ideale europeo che è certo un bell’ideale, ma non quando ti sfila il portafoglio anche se per nobili motivi. Perciò, quando il presidente francese, Nicola Sarkozy, propose un enorme piano europeo di intervento contro la crisi finanziaria, la Merkel disse: «No, grazie. Se è necessario, noi tedeschi, faremo da soli perché non siamo più disposti a mettere i nostri capitali a disposizione dei paesi confinanti, senza poi nemmeno sapere come, i nostri soldi, saranno usati». C’è un episodio, piccolo ma significativo, che però dà pienamente il senso di questa autentica rivoluzione tedesca nero-gialla (cioè dc-liberale) di cui il resto del mondo dovrà presto subire le conseguenze e della quale l’Italia, se saprà ben giocare le sue chanches, potrebbe ottenere un dividendo significativo. Questo episodio è successo nella sua prima conferenza stampa a Berlino dopo le elezioni, che è stata tenuta dal giovane leader dei liberali, Guido Westerwelle, che pure parla perfettamente inglese, come la quasi totalità dei leader tedeschi al disotto dei 50 anni. Di fronte a una disinvolta giornalista della Bbc che, come al solito, gli si rivolgeva direttamente in inglese, Westerwelle, ha risposto: «Signorina, qui siamo in Germania e si parla tedesco». Sulle reazioni all’atomica iraniana, sull’invio di soldati tedeschi in Iraq o in Afghanistan, la Merkel della precedente «grosse koalition» dc-socialista, aveva le mani legati dalla presenza, nel governo, nel ruolo di ministro degli esteri, del socialista Frank-Walter Steinmeier che, ad esempio, era contrario alle ritorsioni economiche nei confronti dell’Iran perché temeva per le conseguenze a danno dell’export tedesco verso questo paese e che, sulle missioni Nato, aveva un atteggiamento vetero-terziomondialista e iper-pacifista. Con Guido Westerwelle al ministero degli esteri (ma c’è chi lo vorrebbe al ministero delle finanze per attuare subito il suo annunciato piano di riduzione delle aliquote fiscali) cambierà tutto perché la Germania che è uscita dalle urne è una Germania che vuol tener conto del fatto che essa è già la prima potenza economica europea, la terza potenza economica mondiale, il paese più popolato d’Europa (con 82 milioni di abitanti) e il principale contributore delle operazioni di pace dell’Onu con 7.200 soldati che operano su cinque terreni. Questa, quindi, è una Germania che non ha più paura di sentirsi, in tutti i campi, una vera potenza mondiale. La fierezza nazionale, a lungo repressa, è ricomparsa a Berlino. , questo, sicuramente un bene perché risponde alla naturale fisiologia di un paese. Speriamo solo che non aumenti troppo. La Germania, quindi, d’ora innanzi, non tratterà più in ginocchio con Washington (pur restando l’alleata più affidabile degli Usa) e si sente libera di allacciare rapporti sempre più stretti con la Russia anche se gli Usa, a questo proposito, si sentono a disagio e vorrebbero frenarla. La Germania inoltre vuol continuare a esercitare una sorta di protettorato morale nei confronti dei paesi dell’Europa orientale che un tempo erano dominati dall’Urss (un protettorato non imposto, ma, in pratica, richiesto). Non a caso, questi paesi, prima della nascita dell’euro, già usavano i marchi tedeschi come moneta nazionale liberamente spendibile sul loro territorio. Inoltre la Germania, a mezzadria con l’Italia (ammesso, ripeto, che quest’ultima ci sappia fare), vorrebbe allargare questo «protettorato» anche sulla penisola balcanica dalla quale dovrebbe presto entrare nella Ue con il ventottesimo socio, la Croazia, e subito dopo, con il ventinovesimo, la Serbia. La nuova Germania quindi è proiettata ad Est (verso i paesi dell’Europa ex comunista e verso la Russia) e, a Sud, verso l’Italia e la penisola balcanica. Invece il Paese che è tagliato fuori da questa nuova gravitazione all’interno dell’Europa, sarà la Francia che è paese troppo orgoglioso per mettersi a rimorchio della Germania. Ma anche troppo debole per poterla precedere. Una Francia, quindi, disorientata. Perché non si rassegna ad aver perso un ruolo che peraltro non le spettava. Com’è, del resto, quello, che è riuscita a contrabbandare per più di mezzo secolo, facendosi accettare, da tutti, come paese vincitore della seconda guerra mondiale. La Francia infatti non ha mai vinto con le armi la seconda guerra mondiale, dalla quale invece è uscita ignominiosamente e rapidissimamente sconfitta, ma solo con i discorsi di quel furbacchione del generale mediatico Charles De Gaulle dai microfoni di Radio Londra. In forza di quei discorsi (anche se mai, nella storia del mondo, un paese ha vinto una guerra parlando a una radio) la Francia è stata riconosciuta come una delle quattro potenze vincitrici della seconda guerra mondiale. E, in forza di questo exploit , ha poi occupato la Germania (facendosi pagare il costo dai tedeschi) ed è subito entrata nel Consiglio di sicurezza dell’Onu dal quale la Germania è ancora esclusa, ma non per molto. Sarà duro, molo duro, per la Francia, accettare questo nuovo ed inevitabile scenario geo-politico a lei massicciamente sfavorevole. E l’Italia, se saprà cogliere le opportunità di questa ribaltone potrà essere l’interlocutore naturale e complementare della Germania nella sua proiezione nel Mediterraneo (di cui l’Italia è una sorta di immensa portaerei ancorata nel suo mezzo) e verso i paesi del Nord Africa.