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 2009  ottobre 03 Sabato calendario

Basta con il burqa in piazza. Arriva il ddl Santanchè - Colpo di acceleratore su quella che ormai viene definita da tutti come «legge Santanchè»

Basta con il burqa in piazza. Arriva il ddl Santanchè - Colpo di acceleratore su quella che ormai viene definita da tutti come «legge Santanchè». Dopo gli incidenti avvenuti a Milano di fronte al sagrato del Duomo tra frange di fondamentalisti islamici che festeggiavano al fine del Ramadan e l’ex parlamentare di Alleanza Nazionale e poi de la Destra, Daniela Santanchè, il progetto di legge presentato a maggio dalla deputata del Pdl di origine marocchina Souad Sbai e dal collega ex aennino Manlio Contento che prevede il «Divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab» (AC 2422), assegnato alla commissione affari costituzionali e a quella giustizia, ha ottenuto una formale corsia preferenziale. Il dossier del servizio studi della Camera è stato messo a punto e quindi ora i parlamentari delle due commissioni possono portare avanti il provvedimento, che è stato assegnato in sede referente. Certo, il tema non è dei più facili. Il progetto di legge Sbai-Contento cerca di dare forma a quello che anche la Santanchè affermava in piazza a Milano, e cioè che la nostra legge già oggi impedisce a chiunque «di usare caschi protettivi o qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo». La norma è contenuta in una legge del 1975, la n. 152, cosiddetta legge Reale, che al primo comma dell’articolo 5 prevede il cosiddetto reato di travisamento. Un reato per il quale, ai sensi delle norme antiterrorismo (l. n. 155/2005), è prevista la pena della reclusione da uno o due anni e l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Il ddl vuole estendere il divieto di copertura alle donne islamiche, aggiungendo all’art.5 questa frase: « altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l’utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab». «Indossare indumenti come il burqa e il niqab, che nulla hanno a che vedere con la cultura della maggioranza delle donne immigrate che vivono in Italia», si legge nella relazione al ddl, «ma che costituisce un obbligo imposto alle donne da estremisti che vengono dall’Afghanistan, dal Pakistan e da altri paesi dove prevalgono la cultura estremista e il retaggio di costumi disumani e di violenze familiari inaudite e inammissibili sia in linea di principio sia, in particolare, se le donne vivono in paesi civilmente evoluti. Per questo la presente proposta di legge intende rafforzare e puntualizzare la portata del divieto di utilizzo di mezzi atti a occultare i dati somatici del corpo e del viso, che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona». Il servizio studi della Camera, però, ha delle perplessità sulla bontà del provvedimento. «Si valuti l’opportunità di definire più specificamente i termini burqa e nijab, anche in considerazione del fatto che essi concorrono a determinare una fattispecie di reato. L’uso di termini stranieri (nel caso particolare, arabi) può infatti dar luogo ad incertezze interpretative, soprattutto quando, come nel caso di specie, i termini possono essere utilizzati con significati parzialmente differenti, a seconda del luogo e del contesto». E poi il Consiglio di stato, lo scorso anno, ha detto che l’uso del burqa «generalmente non è diretto ad evitare il riconoscimento, ma costituisce attuazione di una tradizione di determinate popolazioni e culture». Strada in salita per la legge Santanchè...