Costanza Rizzacasa, ItaliaOggi 03/10/2009, 3 ottobre 2009
Macaluso contro tutti i leader Pd - Emanuele Macaluso, memoria storica del Pci e oggi direttore della rivista «Le nuove ragioni del socialismo», ne ha per tutti
Macaluso contro tutti i leader Pd - Emanuele Macaluso, memoria storica del Pci e oggi direttore della rivista «Le nuove ragioni del socialismo», ne ha per tutti. «Sono sconcertato. La democrazia italiana sta soffrendo. Prendiamo il Partito Democratico. Bene o male, Pierluigi Bersani propone di portare in un porto quello che oggi è una nave senza nocchiere in gran tempesta. Vorrebbe dargli un minimo di riferimenti. Ma è il Pd che non è adatto a un dibattito reale. Non a caso adesso sono passati agli insulti e alle insinuazioni. Franceschini poi pare che arrivi ora. Quello è stato sempre ai vertici: nella Dc, nella Margherita, con Veltroni. E ora si spaccia per il nuovo? Ma mi faccia il piacere, la Bindi ha ragione». Per Macaluso, Dario Franceschini è l’esempio classico del veltronismo. «Veltroni è stato nel Pci, nel Pds e nei Ds. E ora nega tutto e dice che rappresenta il nuovo? Ma per favore. Sono tutti nuovi, nessuno che si assuma le responsabilità di ciò che è stato fatto». A Walter Veltroni, Macaluso rimprovera anche di aver reinventato Antonio Di Pietro. «Diceva che voleva sfidare Berlusconi, che il Pd doveva correre da solo. E che fa dopo qualche settimana? L’accordo con Di Pietro. Così Di Pietro, che era al 2%, con il cosiddetto voto utile di Veltroni ha superato il 4%, e ora a Walter gli dà calci nelle palle. Quando Veltroni si assumerà le proprie responsabilità sarà sempre tardi. Intanto torna. Torna sempre». E Massimo D’Alema? «Crede di essere il più intelligente al mondo. Fece la Bicamerale credendo che alla fine avrebbe portato Berlusconi ad un approdo, e quello all’ultimo rovesciò il tavolo e lo lasciò con la candela in mano. Poi inventò Di Pietro, che lo convinse a farlo senatore. D’Alema pensò che sarebbe riuscito a governarlo. Disse, ”Ci penso io”, come fa Berlusconi. E ci pensò talmente che ora Di Pietro gli sputa in faccia e nei suoi confronti è il più violento. E così via. D’Alema era uno dei promotori del Pd. Passa un anno e punta il dito dicendo che l’amalgama non è riuscita. Ma santo cielo, se quell’amalgama l’hai proposta tu! Veltroni, D’Alema_ Tutta questa gente dovrebbe essere più modesta. Dire dove hanno sbagliato. Ammettere i propri errori è segno d’intelligenza. D’Alema i numeri li aveva, avrebbe potuto davvero essere il leader della sinistra. Ma ha rovinato tutto pensando che bastasse la sua intelligenza a mettere a posto le cose». Macaluso non è tenero neanche con Ignazio Marino. «Un improvvisato senza un raggio di vedute. Per carità, è un bravissimo medico e una brava persona. Ma un partito è un complesso di problemi che lui non domina. Fa una battaglia di testimonianza e niente altro». Per non parlare di Francesco Rutelli. «E’ mezzo dentro e mezzo fuori. Se vince Bersani se ne va, se vince Franceschini non si sa se se ne va. Non si capisce. Era uno dei cofondatori del Pd. Ora se ne sta sulla porta a dire, ”Me ne sto andando. Me ne sto andando. Ragazzi, guardate che me ne sto andando”. E se ne vada, cosa aspetta?». Per Macaluso, che ha contribuito a fare la storia del Pci, il problema è che in Italia, a differenza che in Europa e negli Stati Uniti, dal 1992 i partiti non esistono più. Né a destra né a sinistra. «Non ho mai aderito al Pd perché non ci credo. E’ una fusione a freddo di due apparati senza una base politico-culturale comune né un’idea. Il partito era un organismo collettivo, in cui le decisioni venivano prese con collegialità nell’interesse generale. Oggi dove stanno i partiti? Silvio Berlusconi ha un accrocco attorno a un padrone che è lui; Di Pietro ha un partito personale; il Pd è solo un aggregato. Non a caso questo congresso è un espediente di falsa democrazia. Il segretario del partito deciso da chi non sta dentro il partito. Ma andiamo. Le primarie sono una cosa seria. In America vengono tutelate dalla legge. Non come da noi dove ognuno si fa i cazzi suoi, poi si presenta al seggio con un euro, dice ”Sono democratico” e rovescia la decisione degli iscritti. In una democrazia il segretario lo decidono gli iscritti. Allora perché fanno il congresso? Ma lasciamo perdere, è una buffonata». Classe 1924, Macaluso guarda molto criticamente ai tentativi di ritorno in politica dei ”dinosauri” della Prima Repubblica. «Fanno le comparse. Nessuno di loro ha possibilità di ruolo. Uno come Gianni De Michelis che si mette addirittura a fare il consulente di Brunetta. E’ ridicolo. Per non parlare di De Mita. Quello ritiene che se non è parlamentare non esiste. Non capisce che non conta niente uguale. Quelli della nostra generazione dovrebbero scrivere libri e tenere conferenze, fare una battaglia politico-culturale, non parlamentare». Le ultime frecciate sono per i giovani del centrosinistra. «Insulsi. Passano il tempo a lamentarsi che non gli viene dato spazio. Ma i giovani che valgono si fanno valere, mica hanno bisogno che qualcuno li prenda per mano. Aldo Moro aveva trent’anni all’Assemblea Costituente. Io sono diventato segretario regionale della Cgil a 23 anni, a 35 ero nella segreteria del partito con Togliatti. Largo ai giovani non vuol dire niente. Devono essere loro a farsi largo. Se un giovane è capace si sa imporre, se no non è capace. Quella Marianna Madia senz’arte né parte capolista nel Lazio solo per l’età è l’espressione tipica di un falso giovanilismo. La Debora Serracchiani che con dieci minuti di discorso diventa un personaggio è figlia di quest’epoca, di un metodo di selezione senza senso. Non ce l’ho con lei, mi sembra pure intelligente. Ma è il frutto di una politica sbagliata». Come il Michele Santoro di giovedì sera? «Io non l’ho guardato. A me interessa la discussione. Ma i talk show di oggi sono fiere, non dibattiti. Non è solo Santoro, sono tutti. Ballarò, Matrix, Porta a Porta. Ognuno vende la propria roba gridando. Ognuno per fare audience porta qualcosa in più, anche la più sconcia come nel caso della D’Addario ad Annozero».