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 2009  ottobre 02 Venerdì calendario

Ecco Ardi, la donna più antica del mondo Ha 4,4 milioni di anni- Alta un metro e 20, si cibava di noci e foglie MILANO – Se la macchina del tempo ci riportasse indietro di 4,4 milioni di anni, in una fo­resta dell’Afar (oggi regione del­l’Etiopia), potremmo cammina­re in mezzo a palme e alberi di fichi, sentire i versi di colombi e rondoni, vedere lepri fra gli al­beri e babbuini rincorrersi nel fogliame

Ecco Ardi, la donna più antica del mondo Ha 4,4 milioni di anni- Alta un metro e 20, si cibava di noci e foglie MILANO – Se la macchina del tempo ci riportasse indietro di 4,4 milioni di anni, in una fo­resta dell’Afar (oggi regione del­l’Etiopia), potremmo cammina­re in mezzo a palme e alberi di fichi, sentire i versi di colombi e rondoni, vedere lepri fra gli al­beri e babbuini rincorrersi nel fogliame. Ma soprattutto po­tremmo incontrare Ardi, la «bi­snonna » della celebre Lucy, il più antico progenitore dell’uo­mo oggi conosciuto. Anzi «progenitrice», perché Ardi è di sesso femminile, co­me Lucy (l’Australopithecus afa­rensis, anch’esso scoperto in Etiopia nel 1974 e chiamato co­sì dai suoi scopritori in onore della canzone Lucy in the sky with diamonds dei Beatles), ma è più vecchia di oltre un mi­lione di anni. Ardi è alta un metro e venti, pesa 50 chili, può aggrapparsi ai rami, ma è perfettamente in grado di camminare sui due pie­di. Il ritratto completo, le abitu­dini, la dieta e l’habitat di que­sto ominide, chiamato scientifi­camente Ardipithecus ramidus, emergono da una serie di artico­li, undici in tutto, appena pub­blicati su un numero speciale della rivista Science. Un’équipe di decine di studiosi di tutto il mondo ha analizzato il suo scheletro, scoperto nel 1992, e scandagliato la zona del ritrova­mento, alla ricerca di fossili di piante, ossa di animali, resti di altri ominidi, utili per ricostrui­re l’ambiente in cui era vissuto. «Queste ricerche - ha com­mentato Tim White dello Hu­man Evolution Research Center all’Univesity of California a Be­rkeley - avallano l’ipotesi che le scimmie e gli uomini derivano da un antenato comune, ma che da un certo punto in poi hanno seguito due cammini evolutivi diversi». Lo scheletro di Ardi, o quello che ne rimane, è costituito da 125 pezzi: il cranio sta a indica­re che il suo cervello era piutto­sto piccolo, il bacino ci dice che era in grado di stare in piedi, i suoi canini assomigliano più a quelli tozzi dell’uomo moderno che a quelli lunghi e appuntiti degli scimpanzé e degli altri pri­mati. E l’analisi dello smalto suggerisce che Ardi era onnivo­ra e si cibava soprattutto di fo­glie, di bacche e di noci. Certo l’aspetto esteriore era molto più simile a quello di una scimmia che di un uomo (o meglio, di una donna), so­prattutto per quanto riguarda il muso, ma le arcate sopraccilia­ri, per esempio, non assomiglia­no affatto a quelle dei primati di oggi. In altre parole, Ardi era un mix di tratti, alcuni tipici del­le scimmie del suo periodo, il Miocene, ma altri presenti sol­tanto in ominidi di epoche po­steriori. Un altro esempio: le sue mani avevano i palmi relati­vamente piccoli e dita flessibili e le consentivano di sostenere il peso del corpo, quando affer­rava i rami, ma non così adatte, come invece sono quelle delle scimmie africane del giorno d’oggi, da permetterle di don­dolare e di saltare da un albero all’altro. Ardi, dunque, viveva in un ambiente, con foreste e zone er­bose, che, rispetto ai giorni no­stri, era più freddo e più umi­do. Il clima temperato permette­va la sopravvivenza di molte specie vegetali e animali: i ricer­catori hanno catalogato 29 spe­cie di uccelli, fra cui un tipo di pappagallo africano, 20 specie di piccoli mammiferi (anche carnivori), altri primati, come i babbuini e le scimmie dalle braccia lunghe, e le antilopi dal­le corna a spirale.