Tommaso Montesano, Libero 2/10/2009, 2 ottobre 2009
PARTE LA RACCOLTA FIRME: CONDANNATE POLANSKI
Un appello affinché «Roman Polanski non si sottragga più al suo giudice naturale». Perché «non esistono arresti ”orribili”» e soprattutto perché lo stupro, «tanto più quello contro una minorenne, è un delitto atroce ed inaccettabile, degno di essere punito sempre». Se l’intellighenzia di sinistra, femministe storiche comprese, solidarizza con il regista franco-polacco, arrestato la scorsa settimana in Svizzera per lo stupro, nel 1977, della tredicenne Samantha Geimer, le donne del Popolo della Libertà, guidate da Barbara Saltamartini, responsabile delle Pari opportunità, si muovono. E dalle pagine di Libero, con l’appello che leggete a fianco, rompono il clima di complicità che, soprattutto in Italia, si è creato attorno a Polanski, sostenuto da pezzi da novanta del nostro cinema come Giuseppe Tornatore, Michele Placido e Marco Bellocchio. Ma anche, a sorpresa, da donne come Monica Bellucci e, seppure in tono più sfumato, Natalia Aspesi, celebre penna di Repubblica, che ha definito lo stupro di Hollywood come l’«assurda violenza di un uomo colto su un’adolescente forse non innocente, ma certo poco accorta». Vicenda che per lei «appare nebulosa, confusa incredibile».
L’indirizzo mail
«Credo sia giunto il momento di far sentire con forza la nostra voce», scrive Saltamartini lanciando la raccolta di adesioni che ha già incassato l’appoggio, tra gli altri, di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, e Renata Polverini, segretario generale dell’Ugl e possibile candidato del PdL alla Regione Lazio. Una voce, spiega il deputato del PdL, «che deve provenire innanzitutto dalla società civile, ma anche dal mondo della cultura, del giornalismo e della politica». Quel mondo che finora, monopolizzato dalle firme dei cineasti di sinistra, è apparso schierato con Polanski nonostante il consiglio di sicurezza dell’Onu, come ricordato dalla stessa Saltamartini, due giorni fa abbia approvato «all’unanimità una risoluzione che chiede la fine immediata dello stupro usato come arma di guerra». Una pronuncia che «rende ancora più surreale la vicenda che coinvolge Polanski». Per questo è ora che il regista, «latitante da trent’anni», saldi il suo conto con la giustizia «nel rispetto di un elementare principio di uguale trattamento e non discriminazione tra le persone sulla base della loro notorietà». Le adesioni potranno essere inviate al nostro quotidiano all’indirizzo web impunito@libero-news.it.
Eppure i sostenitori del regista di ”Frantic” - molti dei quali hanno fatto la morale a Silvio Berlusconi sul ”caso escort” - aumentano di giorno in giorno. Ieri si è aggiunto Mario Monicelli: «L’appello per Polanski? Non ho firmato perchè nessuno me l’ha chiesto, non sapevo neanche che c’era. Sennò l’avrei firmato, certo». Per Monicelli è impensabile procedere all’estradizione negli Stati Uniti: «Il reato è odioso, ma tutti i reati sono odiosi. Resta il fatto che è una cosa che lui ha confessato, pare si sia pentito. La vittima pare l’abbia perdonato...». E poco importa che Polanski, in barba alla condanna, non abbia scontato un giorno di carcere: «Ha pagato perché ha passato la sua vita senza poter fare il mestiere che voleva fare dove voleva farlo, dove era diventato importante. stato sempre un fuggiasco, un reietto».
I dietrofront europei
Anche all’estero, tuttavia, dopo le prime entusiastiche dichiarazioni di appoggio a Polanski, il quadro è mutato. Ieri Francia e Polonia hanno frenato. Il regista «non è al di sopra, né al di sotto della legge», si è preoccupato di puntualizzare Luc Chatel, portavoce del governo di Parigi, lesto a sottolineare come al centro dell’attenzione vi sia «una questione seria, lo stupro di una minorenne». Una netta presa di distanza da quanto affermato nei giorni scorsi da due esponenti dell’esecutivo, il ministro della Cultura Frederic Mitterrand e il ministro degli Esteri Bernard Kouchner.
Toni più bassi anche a Varsavia, dove il primo ministro, Donald Tusk, ha invitato i suoi colleghi di governo a mostrare la «massima riservatezza» sull’affaire Polanski. Due bruschi dietrofront figli della contrarietà delle rispettive opinioni pubbliche rispetto all’ipotesi dell’impunità per il regista.