Giampiero Maggio, La stampa 2/10/2009, 2 ottobre 2009
PER IL MASSACRO DEI FRATI CONDANNATI A 10 ANNI
Sono stati condannati con rito abbreviato, ieri pomeriggio, i rumeni accusati di aver massacrato a bastonate, nell’agosto di un anno fa, quattro frati nel Convento di Belmonte.
Un processo a porte chiuse durato cinque ore, tra camera di consiglio, requisitoria del pm e discussioni: poi, alle 17, nell’aula al primo piano del Tribunale di Ivrea, il giudice Marta Criscuolo ha letto le sentenze. Le condanne vanno dai 10 anni e 4 mesi inflitti a George Bineata (difeso dall’avvocato Scolari) ai 10 anni e 6 mesi per Emilian Silvneanu (avvocato Benedetto), fino ai 10 anni e 8 mesi per Florin Bineata (difensore Cellerino) e Viorel Vrabie (difeso da Malerba). I quattro dovevano rispondere di tentato omicidio, rapina e furto. Il pm Elena Daloiso aveva chiesto una pena a 16 anni per tutti gli imputati. Il giudice, invece, ha tenuto conto delle attenuanti, in virtù delle confessioni rilasciate dai rumeni (ieri presenti in aula) subito dopo l’arresto. Ora, in attesa che vengano depositate le motivazioni, i difensori hanno già fatto sapere che ricorreranno in appello.
Dopo un anno e un mese dal massacro, arriva dunque la sentenza di condanna. Resta ancora fitto, però, il mistero sul movente. E questo dopo mesi di indagini e interrogatori trascritti su centinaia e centinaia di pagine e nonostante le piene confessioni. I quattro rumeni, secondo la requisitoria del pm, agirono con estrema brutalità per vendetta: in particolare nei confronti di padre Sergio Baldin, su cui, quella notte, si accanirono con estrema violenza. Ma per quale motivo? E’ stata davvero la ricerca di una cassaforte mai trovata che spinse i rumeni a legare i frati massacrandoli fino quasi ad ucciderli? Oppure c’era dell’altro, magari questioni personali mai chiarite, in particolare sullo stretto rapporto di amicizia, poi bruscamente interrotto, tra padre Baldin e uno dei ragazzi della spedizione punitiva?
Domande rimaste ancora senza risposta, anche a causa di una sorta di reticenza, come ha sostenuto ieri in aula il pm, da parte dei frati francescani. I fatti, dunque, per ora si riducono alle condanne (gli imputati hanno beneficiato dello sconto di un terzo della pena per aver scelto il rito abbreviato) e alla conferma del capo d’imputazione più grave, quello di tentato omicidio. Accusa che le difese non sono state in grado di smontare: «Avevamo chiesto la derubricazione in lesioni volontarie - spiega Cellerino - perché a nostro avviso mancavano gli elementi per dire che l’intenzione fosse quella di uccidere». Stessa tesi sostenuta dall’avvocato Scolari: «L’aggressione è avvenuta vicino alle cucine, c’erano anche dei coltelli, i frati erano legati. Se avessero voluto ammazzarli lo avrebbero fatto».