Michele Brambilla, La stampa 2/10/2009, 2 ottobre 2009
UN FILM PER L’ANTI-EROE DI BOSSI
Anche la Lega ha finalmente la sua «Corazzata Po-tëmkin»: questa sera al Castello Sforzesco di Milano verrà presentato il «Barbarossa» di Renzo Martinelli. Il significato politico del film l’ha così sintetizzato Umberto Bossi qualche sera fa, alla festa della Lega a Bruzzano: «Il Barbarossa voleva questi», ha detto sfregandosi l’indice con pollice, un gesto che in lombardo sta a significare i danee, i soldi; «ma i milanesi gli han detto sciò, fora di ball», ha spiegato.
Questa sera Bossi - e con lui tutto lo stato maggiore leghista - sarà al Castello.
L’evento va ben oltre la proiezione di un film: è l’ingresso ufficiale del movimento nordista in un mondo, quello del cinema ma più in generale quello della cultura, dal quale la Lega (e forse tutta la destra italiana) si è sentita a lungo esclusa. Anche noi, potranno dire i padani, abbiamo i nostri registi; anche noi sappiamo fare dei film. E soprattutto: abbiamo una storia, noi; abbiamo alle spalle un popolo che sa difendersi dal centralismo. Quello del Barbarossa allora, quello di Roma ladrona oggi.
Lo diranno i critici, se l’operazione regge da un punto di vista cinematografico. Il film è il classico kolossal, con effetti speciali tipo il «Gladiatore». Storie di spada e d’amore. Diranno i critici quanto vale Alberto da Giussano interpretato da Rez Degan, che ha il volto di Gesù di Nazaret e la voce di Bossi quando grida «Libertà! Libertà!». Il Barbarossa è interpretato da Rutger Hauer (il replicante di Blade Runner) e ha un’altra curiosa somiglianza: proprio con il regista Renzo Martinelli. « vero, me lo hanno detto in molti», dice Martinelli: «Ma io preferisco stare dalla parte di Alberto da Giussano».
Effetti speciali, dicevamo. Il film è un susseguirsi di battaglie epocali, con palle di fuoco lanciate dalle catapulte, donne stuprate dagli invasori, spade, lance, cavalli all’attacco. La scena madre è quella della battaglia di Legnano. L’esercito del Barbarossa va all’assalto convinto di sbranare i lumbard, che fanno finta di scappare. Ma all’improvviso entrano in scena i gloriosi carri a forma trapezoidale all’interno dei quali erano nascosti i milanesi: quattro per carro, e armati di falci. Armi di poveri contadini contro il grande esercito imperiale. Ma l’astuzia e «la sete di libertà» fanno la differenza. Grazie ai carri, infatti, gli improvvisati soldati della Lega lombarda riescono a colpire dall’alto i cavalieri del Barbarossa e li fanno a pezzi.
Mito? Leggenda? Propaganda? Renzo Martinelli rivendica la serietà della ricerca: «Abbiamo avuto la consulenza di uno storico milanese, Federico Rossi di Marignano, che negli archivi comunali ha trovato traccia di quei carri, oltre che naturalmente di un certo Alberto da Giuxano». Ci sarebbe quindi la prova dell’esistenza storica dell’eroe, del capostipite delle camicie verdi.
Un film di parte? Una storia del passato strumentalizzata per il presente? «A me non importa se un film è di destra o di sinistra», dice Martinelli; «mi importa che emozioni. Ho fatto tre sceneggiature con Age e Scarpelli, due maestri, e da loro ho imparato che un regista deve insegnare emozionando». Ma che il film sia un film politico è dimostrato dalle difficoltà che ha incontrato nel prendere forma. «All’inizio abbiamo trovato ostilità», confida Martinelli; «abbiamo perso due anni per far passare il progetto in Rai». Poi altri due anni di riprese, in Romania: forse con l’impiego di un po’ di comparse allora ancora extracomunitarie. In tutto il film è costato trenta milioni di euro. Dal 9 ottobre sarà in trecento sale cinematografiche. Tra un anno la versione più lunga sarà trasmessa a puntate da Rai Uno.
Che il tutto faccia parte di un progetto più ampio, quello di dare alla Lega - finalmente - la dignità di cultura e di storia, è confermato da un altro progetto già avviato. Bossi stesso l’ha voluto annunciare per primo, con Martinelli al suo fianco, alla festa leghista: un film sull’11 settembre 1683, la battaglia di Vienna. Il regista ne parla quasi con commozione: « la storia del sacerdote Marco d’Aviano, l’uomo che ha salvato l’Europa dall’islamizzazione. Dopo Lepanto, sembrava che i musulmani avessero desistito dal proposito di islamizzare l’Occidente. Marco d’Aviano capì che non era così e convinse i regnanti europei a formare una lega santa per difendersi. Misero insieme un esercito di 70.000 uomini, niente in confronto ai 300.000 del condottiero Karà Mustafà. Eppure, riuscirono a fermare le truppe musulmane ormai arrivate alle porte di Vienna». Sarà un kolossal pieno di effetti speciali pure quello, perché quell’assedio, spiega Martinelli, «fu la prima guerra batteriologica, gli islamici lanciavano con la catapulta topi infetti dentro le mura della città, provocando la peste».
Quanti riferimenti al presente. I critici giudicheranno i film. La storia giudicherà se Milano e l’Occidente sono assediati oggi come ai tempi del Barbarossa e di Karà Mustafà.