Marco A. Capisani, ItaliaOggi 2/10/2009, 2 ottobre 2009
L’EDITORIA S’INGEGNA PER RIPARTIRE
Si riapre la diatriba editori-Google sulle inserzioni web al convegno sul futuro del giornalismo
Tra copyright sugli articoli online e pubblicità comportamentale
Articoli sul web con tanto di bollino che riporti nome e cognome del giornalista (e magari numero di tessera d’iscrizione all’ordine), nuove regole sulla raccolta online e l’avvio della pubblicità comportamentale, sgravi fiscali per le testate in rete ma anche sperimentazione di modelli organizzativi delle redazioni e un ripensamento dell’informazione su carta. Sono solo alcune delle ipotesi di lavoro emerse, ieri a Milano, al convegno «il Futuro del giornalismo» sul rapporto news e lettori tra vecchi e nuovi media, organizzato dall’Università statale e l’Ordine dei giornalisti (Odg) della Lombardia. Ipotesi che testimoniano il fermento che accompagna l’editoria alle prese con la crisi (propria e internazionale): il settore si trova «in una terra di mezzo, tra il passato e un vorticoso futuro», ha detto Letizia Gonzales, presidente dell’Odg lombardo. «Ci vuole più impegno a partire dagli editori che devono ancora capire cosa vuole il nuovo lettore. Serve poi sperimentare nuovi modelli organizzativi, per esempio sullo stile delle redazioni intercambiabili on e off line di Max, periodico Rcs. Ma occorre anche tenersi aggiornati con corsi di formazione, su cui ci vuole lo sforzo congiunto di Fnsi, Fieg e Inpgi».
Il nodo centrale è però «verificare chi genera il flusso di contenuti», è intervenuto Carlo Malinconico, presidente degli editori italiani, «e tutelarne i guadagni. Sarebbe auspicabile poi un’Iva agevolata sul web così come per la carta e un copyright telematico sugli articoli giornalistici». Come ha già fatto la World association of newspapers (Wan) e come chiede il 37,4% degli internauti intervistati, per l’occasione, da Astra ricerche.
Obiettivo finale: eliminare alcune barriere allo sviluppo. Un esempio? I motori di ricerca, come Google, che raccolgono pubblicità per sé grazie all’appeal di un servizio News, che dipende però dalle notizie pubblicate a spese degli editori di giornali. O ancora i link diretti dal motore di ricerca al singolo articolo, e non alla home page della testata, che fanno saltare la pubblicità sul giornale.
Tra due-tre mesi Fieg presenterà uno studio preliminare sulla fattibilità delle notizie a pagamento. «Il mercato è ancora grave», ha sottolineato Malinconico. «Gli unici investimenti che crescono sono quelli in rete. Il resto della pubblicità va malissimo».
Nel frattempo, sempre secondo i dati Astra ricerche, crescono i lettori online che si affidano sempre più al web (64,5%) e quelli che ritengono (56%) che la rete sarà tra pochi anni lo strumento principale per trovare informazioni. Tanto più che chi usa il web o il cellulare tende poi non pagare per altri mezzi di comunicazione (36,7% dei casi).
«Contro la crisi del settore, bisognerebbe puntare su nuovi modelli organizzativi e tecnologici», ha rilanciato Michele Mezza, vicedirettore di Rai international. «Oggi, in Rai, una notizia viene lanciata se validata da 38 persone, in Mediaset ne servono 18, contro i quattro della Bbc. Tutti questi iter hanno un costo».
Per gli editori potrebbe essere forse più importante «razionalizzare la presenza dei loro contenuti in base ad argomenti o personaggi», ha replicato Simona Panseri, responsabile comunicazione Google Italia, «per crescere in visibilità sulla rete e quindi attirare più investimenti, scommettendo per esempio sulla pubblicità comportamentale», pianificata in base al profilo del singolo internauta, ai suoi interessi, ai siti che visita. Il problema non è Google quindi, sembra essere la risposta di Panseri, ma la difficoltà di abbinare a ogni articolo un’inserzione tradizionale, come fatto fin’ora.
Dai siti, i giornali o i motori di ricerca che siano, arriva alle orecchie dei lettori un brusìo costante d’informazioni; «il dovere del giornalista diventa allora selezionare quelle più importanti, approfondendo e offrendo una chiave di lettura», ha concluso Mario Calabresi, direttore della Stampa di Torino. «Il Financial Times seleziona, al massimo, 30 storie al giorno per i suoi lettori. In Italia, il Corriere non scende sotto le 80-90, la Stampa è intorno alle 65 circa». Funzionare da vero filtro informativo è «il vero valore aggiunto di un giornalista», quello che ne giustifica il lavoro, ha confermato Luca De Biase, caporedattore di Nova 24 - Il Sole 24 Ore. «L’importante è non rincorrere solo la pubblicità: modelli di business fondati solo sulle inserzioni generano contenuti dipendenti solo dalla réclame».