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 2009  ottobre 08 Giovedì calendario

VITTORIO MALAGUTTI PER L’ESPRESSO 8 OTTOBRE 2009

Tutti i trucchi di casa Ligresti Operazioni immobiliari bloccate. Cantieri a rilento. La Fondiaria frenata dalla recessione. Il gruppo non brilla più. Ma l’ingegnere sistema i conti. Ecco come

Un potere forte non parla. Non compila moduli. Non si rivolge alle competetenti autorità. Un potere forte non ha bisogno di fare polemiche. Insomma, per dirla in uno slogan, il potere forte non deve chiedere mai. E allora, se Salvatore Ligresti mette mano alla carte bollate per reclamare addirittura il commissariamento della giunta meneghina guidata da Letizia Moratti vuol dire che qualcosa si è spezzato nei delicati equilibri di un gruppo immobiliare abituato a fare il bello e il cattivo tempo a Milano. Se proprio Ligresti, che da un quarto di secolo rappresenta il potere forte per eccellenza nel capoluogo lombardo, non riesce a fare a meno di dare un segnale di insofferenza per i ritardi e le promesse sfumate dell’amministrazione pubblica, significa che la crisi finanziaria ha aperto crepe più profonde del previsto nei conti delle holding dell’ingegnere di Paternò.
Morale: non c’è più tempo da perdere. E non è solo questione di quelle aree nella periferia milanese finite al centro della contesa con la giunta Moratti. Aree su cui da almeno un ventennio Ligresti reclama il via libera a costruire. Il fatto è che il business del mattone è in sofferenza ovunque. I cantieri vanno a rilento. I progetti di sviluppo, grandi e piccoli, non partono o partono con ritardo. E Fondiaria Sai, il gioiello del gruppo, non è più la macchina da soldi di un tempo. Colpa della recessione, del calo del mercato della Rc auto, della crisi della Borsa che ha innescato una svalutazione pesantissima (solo in parte recuperata negli ultimi mesi) dei titoli in portafoglio. Il colosso assicurativo guidato da Fausto Marchionni ha chiuso il primo semestre dell’anno con soli 20 milioni di profitti contro i 200 e più macinati nello stesso periodo del 2008. Va ancora peggio per Premafin, la holding cassaforte che custodisce, tra l’altro, il pacchetto di controllo di Fondiaria. A giugno l’utile consolidato era striminzito più che mai: solo un milione di euro. E per il futuro, con i dividendi della compagnia assicurativa in prevedibile calo, le prospettive non sembrano proprio brillanti.
C’è poco da fare, allora. Ligresti gioca in difesa. Gli immobili, causa crisi globale, rendono poco o nulla, e allora lui li sposta ai piani bassi del gruppo. Nell’arco di un anno case, terreni, progetti di sviluppo in carico alla galassia delle sue società di famiglia sono finiti in portafoglio alle compagnie quotate in Borsa, cioè Fondiaria e anche Milano assicurazioni. ’Riassetto strategico’, recitano i comunicati ufficiali. "Serve ad accentrare la gestione per favorire la creazione di valore", spiegano i manager. Ma è un fatto che mentre il mercato vira al peggio la famiglia cede il controllo di asset immobiliari per centinaia di milioni a società partecipate da migliaia e migliaia di risparmiatori. Tutto legale, tutto regolare. Ci sono perizie, bolli, delibere di consigli di amministrazione. A ben guardare, però, tutta l’operazione sembra per molti aspetti tutt’altro che lineare. Talvolta gli immobili rimbalzano da una società all’altra con giri tortuosi. E tra un passaggio all’altro capita anche che il loro valore aumenti del 30, 40, 50 per cento. Nel ruolo di compratore spunta un fondo immobiliare che sembra costituito per l’occasione. E a dar man forte arriva una finanziaria con base in Lussemburgo.
Cominciamo dalla cronaca di questi giorni. Fondiaria ha appena annunciato di essere pronta a cedere buona parte del proprio portafoglio immobiliare. Valore dell’operazione: almeno cinquecento milioni di euro. Chi compra? Ancora non si sa, ma l’acquirente potrebbe essere un fondo immobiliare a cui parteciperebbe la stessa compagnia di assicurazioni insieme a investitori terzi. L’operazione è accompagnata dalle solite litanie sulla ’creazione di valore’, ma dietro la cortina fumogena delle dichiarazioni ufficiali spunta un obiettivo concreto. Se il progetto andasse in porto Fondiaria riuscirebbe a sgravare almeno in parte il proprio bilancio dal peso di attività dal futuro quantomeno incerto. Non è finita. Basta fare un passo indietro per scoprire che quest’affare sarebbe l’ultimo atto di un triplice rimescolamento di carte cominciato nel 2005. A quell’epoca Fondiaria girò una parte del proprio patrimonio in case e terreni all’Immobiliare Lombarda quotata in Borsa. Tra le attività passate di mano c’era anche il progetto City Life, il quartiere supermorderno che dovrebbe sorgere a Milano nell’area della vecchia Fiera. Seconda tappa: nel 2008 Immobiliare Lombarda è stata assorbita da Fondiaria, che ne aveva ottenuto il controllo con l’operazione di tre anni prima. Così si è chiuso il cerchio: gli immobili partiti nel 2005 sono tornati alla base nel 2008 (terza tappa). E adesso quelle stesse attività potrebbero cambiare ancora indirizzo, magari parcheggiate in un fondo immobiliare. Quest’ultima soluzione è stata adottata con indubbi vantaggi anche dalla Imco, una società controllata per intero dalla famiglia Ligresti.
A fine 2007 il fondo Uno sviluppo ha comprato case e terreni messi in vendita da Imco, che ha così messo a segno un affarone: il prezzo di cessione, circa 127 milioni di euro, risulta superiore di oltre il 40 per cento a quello di bilancio. Domanda: chi c’è dietro Uno sviluppo? Tutto in famiglia: la società di gestione (Zero sgr) è amministrata, tra gli altri, anche da Luca De Ambrosis, il genero di Ligresti, e le quote del fondo risultano sottoscritte per la netta maggioranza da società del costruttore siciliano. L’unico investitore indipendente (almeno sulla carta) risponde al nome di Valadon, una finanziaria lussemburghese di cui non è noto il socio di controllo. Si conosce invece il nome dell’azionista di minoranza: la famiglia Ligresti.
L’ultima sorpresa risale a poche settimane fa. Ai primi di agosto anche la Milano assicurazioni (gruppo Fondiaria) ha investito nel fondo Uno sviluppo. Per farla breve, una società quotata in Borsa con migliaia di piccoli azionisti ha finito per investire sugli immobili ceduti dal proprio socio di maggioranza. Immobili nel frattempo ampiamente rivalutati. Forse questa operazione si rivelerà un affare per i risparmiatori. Per il momento va sottolineato che i profitti sono già stati intascati per intero dal socio di controllo.
Lo stesso schema è stato applicato in altre occasioni. A luglio Imco ha ceduto a Fondiaria un’area a Bruzzano, nella periferia milanese. Quel terreno, a bilancio, valeva 3,6 milioni. La compagnia acquirente ha pagato 13,4 milioni. La differenza è andata a gonfiare il conto economico del venditore. Nemmeno un anno prima (fine settembre 2008) la stessa Fondiaria si era invece scoperta un improvviso interesse per un nuovissimo albergo costruito a Varese dalla Imco sbancando un’intera collina in una delle zone più verdi della città. Il palazzo, ultimato giusto in tempo per i mondiali di ciclismo del 2008, valeva 57,7 milioni nel bilancio di Imco. Fondiaria per acquistarlo ne ha sborsati 62 più le tasse. un’altra operazione infragruppo, come dicono gli analisti, chiusa a tutto vantaggio dell’azionista di controllo. L’hotel varesino è gestito dalla Atahotels che paga un affitto di tre milioni l’anno. Tutto in casa, anche qui. Perché Atahotels, che era dei Ligresti, è stata appena comprata per venticinque milioni da Fondiaria. una scommessa sul futuro. Negli ultimi due anni la catena alberghiera ha sempre viaggiato in perdita e in tempi di recessione non sarà facile invertire la rotta.
Tra uno scambio e l’altro può succedere che un affare vada storto. Qualche mese fa, per esempio, i Ligresti erano pronti a cedere a Fondiaria un’altra azienda di famiglia: l’Agricola Cesarina, proprietaria di una tenuta non lontano da Roma. L’Isvap, organo di controllo sulle imprese assicurative, ha però bloccato tutto. Niente paura. A metà giugno è stata riconvocata l’assemblea dell’Agricola Cesarina. All’ordine del giorno c’era l’approvazione del bilancio 2008 riveduto e corretto. A quanto pare i manager dei Ligresti si sono accorti che la società poteva sfruttare il decreto anticrisi varato dal governo a fine 2008. La legge prevede la possibilità di rivalutare i beni strumentali. Et voilà. Il valore degli asset dell’Agricola Cesarina è cresciuto da dodici a ottanta milioni di euro. Guarda caso proprio la somma che era pronta a pagare Fondiaria.