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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

In una strada del Queens tutta la mappa dell’umanità- Faccia abbronzata da Indiana Jones e camicia sbottonata sul petto sono i tratti di Spencer Wells, l´archeologo che cerca il passato dell´uomo non nelle pietre ma fra i suoi geni

In una strada del Queens tutta la mappa dell’umanità- Faccia abbronzata da Indiana Jones e camicia sbottonata sul petto sono i tratti di Spencer Wells, l´archeologo che cerca il passato dell´uomo non nelle pietre ma fra i suoi geni. Quattro anni fa, nel 2005, partì per una spedizione lunga cinque continenti e più di 70 paesi che si sta per concludere con la più dettagliata mappa delle migrazioni dell´uomo partito dalla culla dell´Africa. Fra le sue bisacce, oltre a un kit di sopravvivenza, anche l´attrezzatura per raccogliere e analizzare sul posto il Dna di aborigeni australiani, indiani d´America, capitribù africani. Il tutto per ricostruire e mettere insieme l´albero genealogico dell´Homo Sapiens, seguendo mutazioni stratificate nel genoma generazione dopo generazione. Oggi, quattro anni e 360mila campioni di Dna più tardi, il quarantenne direttore del Genographic Project presenta i primi risultati in un documentario che andrà in onda il 7 ottobre alle 21,10 sul National Geographic Channel. "L´albero dell´umanità" è un filmato che condensa in due ore il viaggio che l´uomo ha compiuto in 60mila anni partendo dall´Africa dell´est e arrivando a popolare l´intero pianeta. La raccolta e l´analisi dei 360mila campioni di Dna («Ma puntiamo ad arrivare a mezzo milione» confessa Wells) rappresentano il più esteso esperimento di antropologia genetica mai messo in piedi nel mondo. Il viaggio dell´Albero dell´umanità parte dal Queens, New York, dove in un giorno è stato prelevato il Dna di 200 persone scelte a caso fra quelle che quotidianamente passano in un quartiere dove circa la metà dei 2,2 milioni di residenti proviene da altre nazioni, e le lingue parlate sono circa 150. «Da pochi prelievi abbiamo aperto l´intero libro della storia dell´uomo» racconta Wells, che quando non è in giro per il mondo («Solo il 20% del mio tempo») vive a Washington, sede del National Geographic. Ieri i suoi viaggi lo hanno portato a Firenze, dove parlerà al congresso dell´Associazione antropologica italiana. «Da piccolo volevo fare lo storico - racconta - e invece sono finito a studiare la genetica. Oggi sono arrivato alla conclusione che la scienza sarà la religione del ventunesimo secolo, ma ha bisogno di essere divulgata e di portare i suoi risultati fra la gente. Quello che cerco di fare con i miei viaggi e con il Genographic Project». Wells si è imbattuto in fenici, crociati, eredi di Alessandro Magno. «Tutti scomparsi. Ma le loro tracce sono visibili nel Dna di chi è venuto dopo» racconta citando il protagonista più importante dei suoi studi: quel Gengis Khan il cui cromosoma Y è stato trasmesso a più di 16 milioni di uomini che vivono oggi in Asia centrale. «Un personaggio unico, dal mio punto di vista. Centinaia fra mogli e schiave, mezzo milione di uomini uccisi, i suoi figli che hanno mantenuto la stessa posizione sociale del padre. La storia di quest´uomo non poteva non lasciare tracce nel Dna dei suoi discendenti odierni». La storia guidata dai grandi condottieri di allora oggi secondo Wells è mossa piuttosto dagli effetti del cambiamento climatico: «E non mi riferisco solo alle aree povere, ma anche agli Stati Uniti. Se una delle conseguenze del riscaldamento del pianeta è l´intensificarsi degli uragani, con Katrina abbiamo avuto anche noi il nostro assaggio. Su un milione di persone che hanno abbandonato New Orleans dopo l´uragano, un decimo non è mai tornato a casa. Ecco come il clima può influenzare le migrazioni negli Stati Uniti d´America. Per non parlare dell´estendersi del Sahara in Africa o dell´aumento del livello del mare in alcuni atolli del Pacifico». E nel futuro dell´uomo, il genetista-archeologo prevede che l´evoluzione continuerà a correre come è avvenuto finora. «Ma con una variabile in più - spiega Wells - Perché la nostra specie è diventata capace di intervenire sui suoi stessi geni. Abbiamo la possibilità, in determinati casi, di selezionare embrioni privi di malattie, di un sesso piuttosto che un altro, con il colore degli occhi preferito. E non sempre ci rendiamo conto che intervenire sul Dna di un figlio vuol dire intervenire sul genoma di tutti i suoi discendenti». Il tempo e la globalizzazione che mescolano popoli, uomini e genomi lavorerà secondo Wells come pialla per smussare tutte le differenze individuali. I nostri discendenti non si divideranno più fra bianchi e neri, ma avranno un uniforme color cappuccino. «Tutto questo sta già avvenendo, e da molti punti di vista è una semplificazione. Ma siamo sicuri di saper discernere il bene dal male? I geni colpevoli della schizofrenia sono associati anche alla funzione della creatività. In entrambi i casi, l´immaginazione raffigura situazioni che non esistono. Ovviamente abbiamo interesse a cancellare la malattia. Ma rischiamo di pagarne il prezzo con la perdita di ogni fantasia».