Lauretta Colonnelli, Corriere della sera 1/10/2009, 1 ottobre 2009
CARAVAGGIO/BACON FRATELLI RIBELLI
Due artisti lontani ma affini scavano nel mistero della vita
L’ idea di accostare quattordici opere di Caravaggio a sedici tele di Francis Bacon nasce dal proposito di offrire allo spettatore «un’esperienza estetica più che didattica », come racconta Anna Coliva, che dirige la Galleria Borghese dove insieme a Michael Peppiatt ha curato la mostra «Caravaggio-Bacon», visibile da domani fino al 24 gennaio. «L’esposizione - precisa Coliva - non vuole studiare filologicamente i due artisti per ipotizzare qualche discendenza di Bacon da Caravaggio. Ma vi sono corrispondenze che emergono da sole alla sensibilità dello spettatore e non sono imposte dalla teoria del curatore » . La pittura di Francis Bacon, infatti, non fa mai riferimento a Caravaggio, se non per l’ipotesi che la figura del «Narciso » alla Galleria Barberini, ancora attribuito da alcuni studiosi a Michelangelo Merisi, abbia fornito la traccia mnemonica per il «Triptyc- Studies of the Human Body », dipinto dall’artista inglese nel 1970. Tuttavia, se c’è un artista del nostro tempo che può essere equiparato a Caravaggio è proprio Bacon, come rileva Maurizio Calvesi, che appare tra gli autori del catalogo. Entrambi artisti tormentati e «maledetti», passavano il tempo a giocare d’azzardo – Caravaggio nelle osterie romane tra gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento, Bacon a Montecarlo – e poi creavano in fretta e furia i loro quadri, spesso distruggendoli per ricominciare daccapo. Entrambi usano molto il nero per creare il contrasto di luci ed ombre, scelgono il ritratto come elemento centrale della loro opera e trasformano la figura umana in un concentrato di emozioni.
«Entrambi gli artisti – nota Luigi Ficacci, soprintendente per il patrimonio artistico di Bologna e tra i massimi esperti di Bacon in Italia – hanno un approccio molto profondo e traumatico verso la verità dell’esistenza, privo di barriere e di ripari. Entrambi con la loro pittura pongono interrogativi radicali sul mistero dell’esistenza. come se si incontrassero su affinità profonde che si basano proprio su abissali differenze, che sono poi differenze di epoca e di sistema culturale».
Ma oltre al confronto tra i due artisti, c’è un altro motivo che invoglia a visitare la mostra. Lo suggerisce Michael Peppiatt, che fu biografo e amico intimo di Bacon: «In primo luogo, l’impatto di Caravaggio e Bacon fra i grandi artisti della Galleria Borghese. In secondo luogo, l’emozione di vedere un nuovo arrivato competere con l’ordine antico con le sue grida isteriche e blasfeme, le sue forme contorte e i colori violenti. Lo scontro dell’ansia allo stato puro del ventesimo secolo con le certezze del passato».
I visitatori noteranno che tutte le tele di Bacon sono sotto vetro. stato Bacon a imporre il vetro ai suoi dipinti, senza preoccuparsi che i riflessi potessero disturbarne la visione o contrastare la possibilità di entrare in contatto con la carnalità esistenziale espressa dalla stesura pittorica e dalla sua materia. L’effetto è straniante e molti critici si sono chiesti il perché di questa scelta. Bacon diceva: «Mi piace la distanza che il vetro instaura fra ciò che è stato fatto e l’osservatore. Mi piace, per così dire, che l’oggetto sia posto quanto più lontano possibile. curioso, ma persino i Rembrandt mi piacciono sotto vetro. esatto dire che per molti aspetti sono più difficili da vedere, ma si può sempre guardarci dentro».