Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

CARAVAGGIO/BACON FRATELLI RIBELLI


Due artisti lontani ma affini scavano nel mistero della vita

L’ idea di accostare quat­tordici opere di Caravag­gio a sedici tele di Francis Ba­con nasce dal proposito di of­frire allo spettatore «un’espe­rienza estetica più che didatti­ca », come racconta Anna Coli­va, che dirige la Galleria Bor­ghese dove insieme a Michael Peppiatt ha curato la mostra «Caravaggio-Bacon», visibile da domani fino al 24 gennaio. «L’esposizione - precisa Coli­va - non vuole studiare filolo­gicamente i due artisti per ipo­tizzare qualche discendenza di Bacon da Caravaggio. Ma vi sono corrispondenze che emergono da sole alla sensibi­lità dello spettatore e non so­no imposte dalla teoria del cu­ratore » . La pittura di Francis Bacon, infatti, non fa mai riferimen­to a Caravaggio, se non per l’ipotesi che la figura del «Nar­ciso » alla Galleria Barberini, ancora attribuito da alcuni studiosi a Michelangelo Meri­si, abbia fornito la traccia mnemonica per il «Trip­tyc- Studies of the Human Bo­dy », dipinto dall’artista ingle­se nel 1970. Tuttavia, se c’è un artista del nostro tempo che può essere equiparato a Caravaggio è proprio Bacon, come rileva Maurizio Calvesi, che appare tra gli autori del ca­talogo. Entrambi artisti tor­mentati e «maledetti», passa­vano il tempo a giocare d’az­zardo – Caravaggio nelle osterie romane tra gli ultimi anni del Cinquecento e i pri­mi del Seicento, Bacon a Mon­tecarlo – e poi creavano in fretta e furia i loro quadri, spesso distruggendoli per ri­cominciare daccapo. Entram­bi usano molto il nero per cre­are il contrasto di luci ed om­bre, scelgono il ritratto come elemento centrale della loro opera e trasformano la figura umana in un concentrato di emozioni.

«Entrambi gli artisti – no­ta Luigi Ficacci, soprintenden­te per il patrimonio artistico di Bologna e tra i massimi esperti di Bacon in Italia – hanno un approccio molto profondo e traumatico verso la verità dell’esistenza, privo di barriere e di ripari. Entram­bi con la loro pittura pongo­no interrogativi radicali sul mistero dell’esistenza. co­me se si incontrassero su affi­nità profonde che si basano proprio su abissali differenze, che sono poi differenze di epo­ca e di sistema culturale».

Ma oltre al confronto tra i due artisti, c’è un altro moti­vo che invoglia a visitare la mostra. Lo suggerisce Micha­el Peppiatt, che fu biografo e amico intimo di Bacon: «In primo luogo, l’impatto di Ca­ravaggio e Bacon fra i grandi artisti della Galleria Borghe­se. In secondo luogo, l’emo­zione di vedere un nuovo arri­vato competere con l’ordine antico con le sue grida isteri­che e blasfeme, le sue forme contorte e i colori violenti. Lo scontro dell’ansia allo stato puro del ventesimo secolo con le certezze del passato».

I visitatori noteranno che tutte le tele di Bacon sono sot­to vetro. stato Bacon a im­porre il vetro ai suoi dipinti, senza preoccuparsi che i rifles­si potessero disturbarne la vi­sione o contrastare la possibi­lità di entrare in contatto con la carnalità esistenziale espressa dalla stesura pittori­ca e dalla sua materia. L’effet­to è straniante e molti critici si sono chiesti il perché di questa scelta. Bacon diceva: «Mi piace la distanza che il ve­tro instaura fra ciò che è stato fatto e l’osservatore. Mi piace, per così dire, che l’oggetto sia posto quanto più lontano pos­sibile. curioso, ma persino i Rembrandt mi piacciono sot­to vetro. esatto dire che per molti aspetti sono più difficili da vedere, ma si può sempre guardarci dentro».