Stefania Tamburello, Corriere della sera 1/10/2009, 1 ottobre 2009
IL FMI CALCOLA IL TETTO DEI GIGANTI CHE SONO TROPPO GRANDI PER FALLIRE
ISTANBUL – Quand’è che una banca diventa «troppo grande» da rappresentare, in caso di dissesto, un pericolo per la tenuta del sistema finanziario? E soprattutto cosa si può fare per evitare tale rischio che metterebbe fuori gioco la capacità di intervento delle autorità di vigilanza e dei governi? Dal G20 dei capi di Stato e di governo di Pittsburgh dello scorso fine settimana, le domande sono rimbalzate ad Istanbul dove ieri sono cominciati i lavori in preparazione dell’assemblea del Fmi e del G7 finanziario al quale parteciperà anche il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Trovare una soluzione a tali interrogativi, che rappresentano «un’eredità» della crisi, «è la questione che ci impegnerà nei prossimi mesi» aveva detto Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial stability board, al termine della riunione dei Grandi della terra. I quali, dopo il sospiro di sollievo per aver superato la fase peggiore della crisi, vogliono per prima cosa evitare una ricaduta. O un crac futuro delle dimensioni e degli effetti della Lehman Brothers, diventata, come si è visto a posteriori, «too big to fail», cioè «troppo grande per fallire». O all’inverso, come ha spiegato sempre Draghi, che ci possa essere un’istituzione «così importante che il governo la deve tenere in vita a tutti i costi». In altre parole la preoccupazione per il cosiddetto «moral hazard» riguarda l’eventualità di un nuovo dissesto che richieda, per essere sanato e non provocare quindi il tracollo del sistema, l’intervento massiccio degli Stati.
Occorre quindi completare il quadro di nuove regole che proprio oggi Draghi, sempre in qualità di presidente del Fsb illustrerà all’Ecofin prima di partire per Istanbul. Dove ieri gli economisti del Fmi nel loro rapporto sulla stabilità finanziaria globale, hanno messo in evidenza l’importanza «di definire i criteri per individuare le istituzioni ed i mercati di rilevanza sistemica». Una volta fatta questa definizione «bisognerà definire ed applicare» regole e rimedi. In altre parole, come ha chiarito nei giorni scorsi il vicedirettore della Banca d’Italia Anna Maria Tarantola, si tratta di applicare regole prudenziali più severe alle istituzioni «aventi rilevanza sistemica» e prima di questo di definire i parametri - relativi alle dimensioni, alla complessità e alle interconnessioni tra di essi - in grado di individuarle. Rendendoli univoci per i vari paesi. In quest’ottica in primo piano c’è la definizione dei nuovi requisiti di capitale. Quel capitale di cui, secondo il rapporto del Fmi, le banche hanno ancora «molto» bisogno. Anche se «siamo sulla strada della ripresa». In Europa, ha detto ieri il capo del dipartimento monetario e del mercato Josè Vinals, il capitale dovrà crescere più dell’1% del totale degli assets.