Roberto Turno, Il Sole 24 Ore 19/09/2009, 19 settembre 2009
NELLE ASL 63 MILIARDI DI DEBITI
Nei bilanci di Asl e ospedali pubblici si annida un maxi debito sommerso da 63,38 miliardi. E ben 40,6 miliardi, il 64% del totale, sono debiti verso tutti i fornitori privati del Ssn, mentre gli altri 22,7 miliardi riguardano altre pendenze degli enti sanitari (mutui, debiti di tesoreria, fiscali, previdenziali ecc). Un profondo rosso che dal 2003 è cresciuto del 71,5% (+26 miliardi), che vale il 4,1% del Pil e poco più di mille euro medi pro-capite. Ma con le solite eccezioni: il 37% del debito pesa sulle regioni del Mezzogiorno, il 32,8% su quelle del Nord, il 29,9% su quelle del Centro. Ma nel Sud il rapporto debito/Pil precipita al 6,5%, è al 5,7% nel Centro e al 2,5 al Nord. Con un rapporto debito/Pil in Campania all’11,6% e un rosso pro-capite di 2.625 euro nel Lazio.
Gira e rigira i conti del Ssn non tornano mai. A fare le pulci ai bilanci di Asl e ospedali fino al 2007 è uno studio del Comitato tecnico Sanità di Confindustria, che ha scavato lo stock dei debiti degli enti sanitari tra bilanci consolidati (nel 2006), istruttorie e rapporti della Corte dei conti, disavanzi di cassa e residui passivi di parte corrente d’esercizio (per il 2007), individuando un vero e proprio buco nero dei conti della sanità pubblica.
Lo studio di Confindustria («Il fabbisogno e il finanziamento della sanità, 2000-2008») analizza i primi otto anni della riforma in senso federalista del Ssn. Otto anni nel corso dei quali Asl e ospedali hanno accumulato disavanzi per 35,5 miliardi (39,6 miliardi nella metodologia Istat) con la solita lista nera di un pugno di regioni: Lazio, Campania, Sicilia in prima fila. Un disavanzo, sottolinea lo studio, che dimostra «quanto siano stati disattesi gli obiettivi di bilancio in sede di programmazione dei livelli essenziali di assistenza e di quanto sia stato inefficace il meccanismo dei tetti nel contenere la dinamica della spesa sanitaria».
Si sarebbe insomma confermata la tesi secondo cui il decentramento di funzioni «avrebbe avvantaggiato alcune aree del paese, arrecando benefici alquanto modesti alle regioni con un più debole sistema di governance, con una minore capacità fiscale e con persistenti carenze di liquidità». Col risultato di spingere «inevitabilmente» a rinviare da un esercizio all’altro i pagamenti delle fatture per l’acquisto di beni e servizi.
Una spirale perversa che ha alimentato una mole di debiti soprattutto nei confronti dei fornitori, «rimedio anomalo e costoso all’inadeguatezza degli stanziamenti e ai reiterati slittamenti nella loro erogazione». I crediti vantati – e riscossi in tempi superiori a un anno – dalle aziende fornitrici del Ssn fanno così la parte del leone nello stock dei debiti risultanti dai bilanci analizzati. Dai 24 miliardi del 2003 i debiti verso i fornitori sono schizzati all’insù del 68,9% nel 2007, toccando la punta di 40,6 miliardi. Quasi 3 miliardi in più rispetto al 2006 (quando la Corte dei conti li valutava in 33,7 miliardi, escludendo però le regioni a statuto speciale) e sicuramente meno di quello che si stima sarà il risultato del 2008 (almeno altri 4 miliardi in più). Una autentica debacle che vede in testa quasi alla pari le Regioni del Centro Italia (14,2 miliardi) e quelle del Mezzogiorno (14,1 miliardi), col Nord appena più in basso (12,2 miliardi). Il tutto in una classifica che va letta regione per regione: si passa così dagli 11,8 miliardi del Lazio ai 6,5 miliardi della Campania e con la Sicilia a quota 2,8 miliardi di debiti. Le regioni in rosso stabile sono così anche quelle che hanno i maggiori debiti sommersi. E i fornitori possono attendere di veder onorate le fatture.