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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

LA CRISI ALLUNGA LA VITA


Non vedete l’ora che l’attuale crisi economica fisica e gli affari comincino di nuovo a girare? Pessima idea da un certo punto di vista: i periodi di recessione e di crisi sono fonte di disoccupazione e di ansia sociale, ma fanno anche molto bene alla salute, al punto da aumentare l’aspettativa media di vita. Lo sostiene una nuova ricerca Usa, condotta da due studiosi dell’Università del Michigan (ad Ann Arbor), José Tapia Granados and Ana Diez Roux. Più in particolare secondo questi ricercatori esiste un forte e inaspettato legame tra crescita economica e livello di salute della popolazione; in pratica i periodi di crescita coincidono paradossalmente con un aumento del tasso mortalità, mentre quelli di crisi vedono allungarsi l’aspettativa media di vita.

Tapia Granados e la Diez Roux hanno esaminato l’andamento economico e i tassi di mortalità americani relativi all’intervallo di tempo che va dal 1920 al 1940, un periodo storico turbolento e costellato da diverse fasi di crescita e di crisi economica, inclusa quella del ”29, che spianò la strada al nazismo. I due hanno scoperto così che quest’ultima crisi vide crescere l’aspettativa media di vita della popolazione americana di ben 6,2 anni, sia per gli uomini sia per le donne, per i bianchi come per i neri. Nel 1929, un anno positivo fino al mese di ottobre, la durata media della vita era infatti di 57,1 anni; nel 1932, anno in cui la crisi era agli sgoccioli, l’aspettativa era invece salita fino a 63,3 anni.

I dati raccolti dai due studiosi mostrano inoltre che l’insolito legame tra crisi economica e salute pubblica vale per tutto il periodo preso in considerazione: e così l’aspettativa media di vita è cresciuta anche nel 1921 e nel 1938, due anni colpiti dalla recessione, ed è scesa nel 1923, nel 1926, nel 1929 e nel biennio 1936-1937, anni caratterizzati invece dalla crescita economica.

Tapia Granados e la Diez Roux hanno esaminato i dati relativi a sei diverse cause di morte, cioè le malattie cardiovascolari e renali, il cancro, l’influenza e la polmonite, la tubercolosi, gli incidenti automobilistici e infine il suicidio. Stando alle loro analisi durante i periodi di crisi e di recessione i tassi di mortalità legati a questi fattori sono decresciuti, tranne che nel caso dei suicidi, i quali sono rimasti comunque abbastanza contenuti.

Le ragioni di questo sorprendente fenomeno non sono chiare, ma i due ricercatori provano ad avanzare un’ipotesi. Secondo loro i periodi di crescita vedono le imprese lavorare molto di più e sottoporre a orari di lavoro più pesanti i lavoratori; queste maggiori pressioni causano un aumento del livello medio di stress e il dilagare di comuni ”rimedi” anti-stress quali l’alcol e il fumo, con tutti i problemi di salute che seguono. Non solo, ma il crescente bisogno di manodopera spinge le imprese ad assumere anche giovani privi della necessaria esperienza, che corrono un rischio più elevato della media di subire incidenti e menomazioni sul posto di lavoro. Al contrario durante i periodi di crisi si lavora di meno e si riposa di più, si mangia meglio (cioè di meno) e si ha più tempo da dedicare ai propri cari e ai contatti sociali, il che fa bene alla salute psicologica. In pratica se la qualità della vita di alcune persone (quelle che perdono il lavoro) peggiora, quella della popolazione generale migliora.

Questo non implica ovviamente che le crisi economiche siano desiderabili: secondo i due ricercatori il loro studio deve piuttosto aiutare i governi ad adottare politiche per la promozione della salute pubblica adeguate ai tempi di crisi come a quelli di crescita.