Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 01/10/09, 1 ottobre 2009
Il cinema? Divertimento postmoderno. Con Tarantino è western, melò e comico - Dopo l’amore, anche il cinema rivendica delle ragioni che la ragione non capisce
Il cinema? Divertimento postmoderno. Con Tarantino è western, melò e comico - Dopo l’amore, anche il cinema rivendica delle ragioni che la ragione non capisce. Almeno per Quentin Tarantino, che con Bastardi senza gloria firma la sua opera più interessante e «matura » dai tempi di Pulp Fiction . E lo fa recuperando proprio quell’amore per il cinema che negli ultimi film sembrava scivolare verso la parodia di se stesso, perso dentro un intricato gioco di citazioni e rimandi cinefili. Che ci sono anche qui, ben inteso, ma che assumono un nuovo valore e soprattutto una nuova, incontestabile, « necessità » d’autore. Tarantino mette le carte in tavola fin dalla primissima inquadratura, un campo lunghissimo dove un contadino sta rompendo dei ceppi di legno con l’accetta mentre la figlia stende il bucato davanti alla casa colonica. Sembra una tipica inquadratura western, sottolineata anche dalla colonna sonora ( The Green Leaves of Summer di Dimitri Tiomkin, scritta per La battaglia di Alamo di John Wayne) se non fosse che una didascalia ci ha appena detto che siamo nel 1941, nella Francia occupata dai nazisti. E infatti da dietro una delle lenzuola stese scopriamo l’auto che sta trasportando verso la casa colonica il temibile colonnello Hans Landa, il «cacciatore di ebrei». Dotato di una intelligenza intuitiva così ferrea da potersi permettere di fumare (curiosamente e irrealisticamente) una pipa Meerschaum Mohagany Calabasch, la stessa resa celebre da Sherlock Holmes. Questa volta, però, l’intreccio tra i generi e le citazioni non è più una pura esibizione di «cultura cinefila» ma diventano il motore stesso del film, la sua forza propulsiva. Così potente e assoluta da permettersi di inventare una storia che stravolgere la realtà e la verosimiglianza, e non solo per quel che riguarda le pipe fumate dai nazisti. Così, il resoconto di una doppia vendetta, quella di un gruppo di soldati americani di origini ebraiche guidati da Aldo «l’Apache» (Brad Pitt) e paracadutati nella Francia occupata per uccidere (e scalpare) quanti più nemici sia possibile e quella di Shosanna Dreyfus (Mélanie Laurent), unica sopravvissuta al massacro nazista della propria famiglia, che si trova a portata di mano la possibilità di uccidere i massimi esponenti del Terzo Reich (a cominciare da Hitler e Goebbels), questa doppia vendetta – dicevo – diventa per Tarantino l’occasione per dimostrare come il cinema possa permettersi di «inventare » qualsiasi cosa, anche una realtà diversa da quella storica (che non sveliamo per non togliere il piacere della sorpresa), forte solo del proprio piacere e della propria fantasia. Con una libertà d’invenzione che meraviglia e fa sorridere insieme, Tarantino mescola film di guerra e western, melodramma, commedia e gangster movie (senza dimenticare il documentario, che ogni tanto spezza la continuità narrativa con inserti alla maniera dei cinegiornali per «spiegare» allo spettatore questo o quel fatto particolare). E intanto squaderna una serie di citazioni coerenti con l’impianto generale dell’opera, dove si passa da Ford a Hawks , da Pabst a Fassbinder, da Clouzot a Leni Riefenstahl, da Marlene Dietrich a Danielle Darrieux, da Hildegard Knef a Ilona Massey, senza dimenticare naturalmente il suo amatissimo cinema di serie B (a cominciare dal titolo originale, Inglourious Basterds , che storpia volontariamente quello inglese del «cult» di Girolami Quel maledetto treno blindato ). Per non parlare della musica che sottolinea ogni variazione di stile con altrettante citazioni, passando dai western (all’italiana e non) al tema della Battaglia di Algeri alla tarantella che chiude Allonsanfan dei Taviani. In questo modo è il cinema il vero trionfatore di questo film divertente, spensierato e colorato, che si può permette di riscrivere i destini della Seconda Guerra Mondiale in nome della passione cinefila (invano ti aspetteresti che la sceneggiatura – che si può leggere in italiano pubblicata da Bompiani e che contiene alcuni dei tagli che Tarantino ha apportato alla stesura originale – giustifichi in qualche modo lo stravolgimento della realtà) per ritrovare nella forza del cinema di genere l’energia e le idee capaci di superare l’impasse creativo che a volte sembra imbrigliare registi e sceneggiatori, Tarantino compreso (almeno in passato). E insieme cercare di ridefinire un patrimonio di cultura «popolare» in sintonia con i nostri tempi post-moderni, capace di sostituire quello che il grande cinema classico di ieri non può più permettersi di fare.