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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

Domande & Risposte - Come si diventa piloti di Formula 1? In passato erano la passione e il caso a proiettare nell’automobilismo personaggi di ogni genere

Domande & Risposte - Come si diventa piloti di Formula 1? In passato erano la passione e il caso a proiettare nell’automobilismo personaggi di ogni genere. Il grande Juan Manuel Fangio, argentino di origine abruzzese, aveva un garage. Cominciò a correre con una Ford che serviva pure da taxi. Disputava in Sudamerica gare lunghissime, anche sulla distanza di 10 mila chilometri. Mieteva successi e venne mandato in Europa sponsorizzato dal suo governo. Nel 1950, quando fu organizzato il primo Mondiale di F1, lui era in squadra all’Alfa Romeo. Aveva già 39 anni, ma in seguito si aggiudicò 5 titoli mondiali. Oggi, nel novantacinque per cento dei casi, si inizia giovanissimi, dai kart, spinti da uno scout o dal proprio padre. Alonso, ingaggiato ieri dalla Ferrari, aveva tre anni quando guidò il suo primo veicolo a motore. Basta essere bravi nei kart per avere successo? Non sempre. Esistono altre maniere per progredire. Ci sono le scuole di pilotaggio, come quella organizzata dall’Aci, oppure piccoli team messi in piedi da ex corridori. Nella maggioranza dei casi è la famiglia che paga le spese. Ma è successo anche che qualche ragazzo sia diventato campione grazie all’aiuto di un mecenate. Michael Schumacher venne sostenuto economicamente da un imprenditore di Kerpen, il villaggio dove abitava, dopo che quest’ultimo lo vide gareggiare in un kartodromo, intuendone il talento. Raikkonen, che non aveva mezzi, trovò l’appoggio di uno zio, il signor Rapala, che aveva fondato con successo una fabbrica di esche artificiali per la pesca. Da quali categorie è più facile emergere? Attualmente la Formula 3 e la GP2. Raikkonen è stato uno dei pochi che, a 22 anni, passò in Formula 1 direttamente dalla F3, avendo disputato solo 23 gare ufficiali. Lo ingaggiò un talent scout, lo svizzero Peter Sauber. Dei molti piloti che disputano attualmente il Mondiale, diversi hanno vinto in GP2: Lewis Hamilton e Niko Rosberg tra gli altri. Non bisogna dimenticare che i posti in F1 sono pochi: erano 20 quest’anno, probabilmente saranno 26 nel 2010, se parteciperanno al campionato tutte le squadre che si sono iscritte. I piloti guadagnano subito cifre enormi? L’automobilismo ha sempre pagato bene i suoi campioni. Tazio Nuvolari negli Anni Trenta era milionario e anche Enzo Ferrari da pilota aveva incassato tanti quattrini. Da molto tempo, tuttavia, ci sono due tipi di driver: quelli con la valigia e gli altri. I primi portano soldi alle squadre, perché sono ricchi o perché sono sostenuti da sponsor munifici. I secondi sono quelli ambiti dai top team, ovviamente i migliori. Hamilton il primo anno alla McLaren aveva un ingaggio da 600 mila dollari, ora supera i 25 milioni di euro per stagione. Schumacher, nella sua lunga carriera, più o meno ha incassato almeno mezzo miliardo, considerando anche i contratti personali. Sono molto pagate anche le riserve? Il cosiddetto «terzo pilota» negli anni scorsi aveva uno stipendio adeguato, anche un milione o un milione e mezzo di euro. Ma era un’epoca in cui si facevano molte prove. Nel 2002 quando Alonso era solo un test-driver della Renault fece durante la stagione 1642 giri. E si rischiava anche parecchio: Badoer con la Ferrari a Jerez ebbe un brutto incidente, uscendo di pista si procurò la frattura di una vertebra. Adesso, per la riduzione dei costi, le riserve dei team di F1 lavorano solo ai simulatori oppure effettuano collaudi aerodinamici in rettilineo. Per questo motivo hanno visto sensibilmente decurtati gli ingaggi. Perché i contratti non sempre arrivano a scadenza? Come succede nel calcio, anche in Formula 1 i contratti sono solo pezzi di carta. In ogni caso si tratta di documenti di centinaia di pagine con molte clausole. Flavio Briatore ha potuto licenziare in anticipo Nelsinho Piquet perché non aveva raggiunto gli obiettivi previsti. Nel caso di Raikkonen è stata trovata una soluzione amichevole gradita al finlandese e alla Ferrari. Ma ci sono stati anche di recente «divorzi» imprevisti, come nel 2007 quando per la famigerata «spy story» lo spagnolo fu in grado di lasciare la McLaren senza penali. Chi gestisce i piloti? Di solito un amico che diventa anche manager. E’ il caso di Willy Weber, che aveva avuto Schumacher in F3 e ha continuato a programmarne la carriera: non soltanto per quanto riguarda i contratti con le squadre, ma anche per le sponsorizzazioni personali e la vendita di gadget. Lo chiamano «mister 20 per cento», perché ovviamente non lavora gratis. Qualche pilota è nelle mani di potenti agenzie. In genere il manager è anche una specie di chaperon del pilota: si occupa dei viaggi, degli alberghi, persino di mandare una cartolina alla famiglia. E diventa fatalmente il suo psicologo, consolandolo nei momenti difficili.