1 ottobre 2009
Cosimo Apicella, 71 anni, sua moglie Antonietta Imbemba, 68, e suo figlio Domenico, 48. Famiglia di agricoltori di Serre in provincia di Salerno, l’Apicella Domenico, scapolo, ancora in casa coi genitori, era l’assistente capo della polizia penitenziaria di Eboli ma lo scorso aprile l’avevano congedato togliendogli la pistola perché soffriva di una grave forma di ansia e depressione
Cosimo Apicella, 71 anni, sua moglie Antonietta Imbemba, 68, e suo figlio Domenico, 48. Famiglia di agricoltori di Serre in provincia di Salerno, l’Apicella Domenico, scapolo, ancora in casa coi genitori, era l’assistente capo della polizia penitenziaria di Eboli ma lo scorso aprile l’avevano congedato togliendogli la pistola perché soffriva di una grave forma di ansia e depressione. «Tranquillo, taciturno», in paese si vedeva di rado, talvolta in bici, talvolta con l’amatissimo cane. L’altro giorno, verso l’ora di pranzo, chissà perché imbracciò il fucile da caccia del padre Cosimo, raggiunse l’uomo che stava sul divano del tinello, e gli sparò due colpi in pancia. In corridoio incontrò la madre che avendo sentito i colpi era corsa a vedere cosa stesse succedendo e sparò un colpo in petto pure a lei. Infine chiamò il 112 («ho ucciso mio padre, venite a vedere»), andò in cortile, sparò al suo cane, e un altro colpo se lo tirò nell’addome. Alle 13.45 di giovedì 1 ottobre in una casa di campagna a due piani a Borgo San Lazzaro, nel Salernitano.