Fabio Pozzo, La Stampa 01/10/09, 1 ottobre 2009
SPECIALE SALONE DELLA NAUTICA DI GENOVA
«Abbiamo tutte le potenzialità per ripartire» -
Anton Francesco Albertoni, il presidente dell’Ucina, segue le orme di Nicolas Sarkozy. Il presidente francese dice che bisogna cambiare gli indici economici, che il pil non basta più, ma occorre introdurre altri parametri come quello della felicità per tastare il polso di un Paese; Albertoni sostiene che per misurare la salute del settore della nautica non ci si può fermare alle cifre della produzione e del mercato, ma è necessario andare a vedere «le potenzialità di ripresa del settore».
Perché, ne è convinto, l’industria nautica italiana «questa potenzialità ce l’ha, eccome». E lo dimostra, aggiunge, proprio a Genova, «Salone dove aziende e imprenditori hanno investito».
Certo, delle solite cifre non se ne può fare a meno. E non sono belle. «Nel primo semestre 2009 la nautica ha frenato secondo una forbice che va dal -22 al -35%. Le aziende sono dovute ricorrere alla cassa integrazione, con punte sino al 30% degli addetti, per salvarsi e riproporzionare la capacità produttiva». Uno choc, per chi era abituato a cinque anni di volata (+10-/+15%). I dati della «nautica in cifre», a dire il vero, segnano un +0,5% di crescita sul 2007, ma si fermano ad un 2008 che almeno per i primi 8-9 mesi non aveva ancora visto la tempesta. Poi, è stata dura. «Il mercato s’è fermato, la produzione pure».
Ora, però, qualcosa è cambiato. «Si sono visti i primi segni di ripresa del mercato a primavera, confermati nell’estate e dai primi saloni autunnali, soprattutto Cannes». La domanda si è rimessa in moto, i cantieri hanno venduto le barche ferme dai dealer, sui piazzali, nei magazzini. «La gran parte delle giacenze sono state vendute», dice Albertoni. Adesso, però, perché sia vera ripresa, deve ripartire la produzione. Che per il made in Italy vuole dire anche e soprattutto export. «Torneremo a puntare su Europa e America, più il Sud America. I paesi emergenti? Proseguiremo ad esplorarli, ma credo che per un po’ non saranno una priorità».
Il discorso resta quello delle potenzialità del settore. «Sono ottimista. E lo sono perché so che gli imprenditori del settore hanno lavorato bene, hanno assunto scelte ponderate. Non è colpa loro se dal giorno alla notte le Borse sono crollate del 70%. La crisi è stata globale, dei mercati finanziari, non della nautica». Un settore, ribadisce il presidente dell’Ucina, che è sano. «Se avesse costi fuori mercato, se non avesse prospettive, se fosse saturo, se non proponesse nulla di nuovo e innovativo, non sarei ottimista. Ma così non è. Anzi, secondo le ultime ricerche, c’è sempre più voglia di mare, di barche. Chiaro, poi bisogna avere i soldi per acquistarle. Albertoni dice che in fondo hanno retto meglio del previsto i natanti, le imbarcazioni fino a 10 metri e quelle dai 35 metri in su, mentre sono andate in sofferenza soprattutto quelle tra i 20 e i 35. Quelle che negli anni d’oro erano diventate «entry level» per chi guardava allo yacht come status symbol.
chiaro che la crisi ha portato a una scrematura, a cominciare dalla clientela. «Possiamo sempre contare su uno zoccolo duro di appassionati veri, mentre probabilmente si allontaneranno quelli che si erano avvicinati alla barca come oggetto da fare e con cui farsi vedere». Da qui, anche una probabile scrematura dell’offerta. «Questo, però, lo decreterà il mercato. Certo chi oggi pensa di acquistare una barca guarda alla qualità, è un cliente più difficile, che oltretutto può contare su un’offerta maggiore e tempi di consegna più veloci rispetto al passato».
La voglia di barca, però, e la risposta di qualità del made in Italy, non bastano. La ripresa passa anche per nuovi approdi, il leasing nautico, riserve marine regolamentate, un codice della nautica a pieno regime e la messa a punto di altre normative, come quella per i superyacht. Passa dalla cultura del mare sui banchi della scuola dell’obbligo e dalla nautica come un’opportunità di lavoro per tanti giovani. Ecco perché Albertoni ha invitato a Genova il premier e 10 ministri. «Abbiamo bisogno ora più che mai che il governo ci sia vicino».