Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

La nuova Germania è un’opportunità per l’Italia - I tedeschi vanno a destra. Lo dimostrano, indubitabilmente, i risultati delle elezioni che si sono tenute domenica scorsa

La nuova Germania è un’opportunità per l’Italia - I tedeschi vanno a destra. Lo dimostrano, indubitabilmente, i risultati delle elezioni che si sono tenute domenica scorsa. Il fatto è tanto evidente che lo hanno scritto e accettato tutti, anche gli sconfitti. Ma la vittoria della destra è solo la punta dell’iceberg che è stato costruito dai tedeschi con il loro recente voto politico. vero infatti che alla coalizione uscente fra democristiani e socialisti (che sarebbe come, in Italia, un governissimo fra Pdl e Pd) sta succedendo un’alleanza meno contro natura com’è quella fra i democristiani (Cdu-Csu) di Angela Merkel e i liberali (Fdp) di Guido Westerwelle. Ma è anche vero che queste elezioni concludono un infinito e sofferto percorso di espiazione e vergogna che la Germania ha percorso dal 1945 a oggi (per 64 anni, tre generazioni) a seguito dei crimini commessi dai nazisti. La Germania è stata a lungo, sia pure, in misura decrescente, un paese defilato dal contesto internazionale, dove, in pratica, era a rimorchio della Francia, il paese che aveva finito per rappresentarla nel mondo; e a rimorchio degli Usa, il paese che, con grande generosità, prima l’aveva tirata fuori, con i suoi soldi, dalle immense macerie della seconda guerra mondiale e che poi, con un ponte aereo che, per le sue dimensioni e durata, resterà, nella storia dell’uomo, come le piramidi di Cheope, aveva salvato Berlino Ovest dalla morsa belluina unilateralmente decisa dal Blocco sovietico. Questa Germania che si è tenuta addosso, per tre generazioni, il cilicio nazista, è stata a lungo, anche per questo, l’ufficiale pagatore del Mec poi della Cee e poi della Ce e adesso della Ue. La logica perversa era questa: la Germania metteva i suoi marchi tedeschi e la Francia (e gli altri) li utilizzavano, com’è, ad esempio, successo, e sta ancora succedendo, nella politica agricola comune. Pochi mesi fa, però, il gioco è stato sospeso (almeno per le nuove spese) da un’Angela Merkel che non ha più voglia di dissanguarsi in nome dell’ideale europeo che è certo un bell’ideale, ma non quando ti sfila il portafoglio, anche se per nobili motivi. Perciò, quando il presidente francese, Nicolas Sarkozy, propose un enorme piano europeo di intervento contro la crisi finanziaria, la Merkel disse: «No, grazie. Se è necessario, noi tedeschi, faremo da soli perché non siamo più disposti a mettere i nostri capitali a disposizione dei paesi confinanti, senza poi nemmeno sapere come, i nostri soldi, saranno usati». C’è un episodio, piccolo ma significativo, che però dà pienamente il senso di questa autentica rivoluzione nero-gialla (cioè democristiano-liberale) di cui il resto del mondo dovrà presto subire le conseguenze. Questo episodio è successo nella prima conferenza stampa dopo le elezioni tenuta a Berlino dal leader dei liberali, Guido Westerwelle, che pure parla perfettamente inglese, come la quasi totalità dei leader tedeschi al disotto dei 50 anni. Di fronte a una disinvolta giornalista della Bbc che, come al solito, gli si rivolgeva in inglese, Westerwelle, ha risposto: «Signorina, qui siamo in Germania e si parla in tedesco». Sulle reazioni all’atomica iraniana, sull’invio di soldati tedeschi in Iraq o in Afghanistan, la Merkel della precedente Grosse Koalition aveva le mani legati dalla presenza, nel governo, nel ruolo di ministro degli esteri, del socialista Frank-Walter Steinmeier che, ad esempio, era contrario alle ritorsioni economiche nei confronti dell’Iran perché temeva le conseguenze a danno dell’export tedesco verso questo paese e che, sulle missioni Nato, aveva un atteggiamento vetero-terzomondialista e iper-pacifista. Con Westerwelle al ministero degli Esteri cambierà tutto perché la Germania uscita dalle urne è una Germania che vuol tener conto del fatto di essere già la prima potenza economica europea, la terza potenza economica mondiale, il paese più popolato d’Europa (con 82 milioni di abitanti) e il principale contributore delle operazioni di pace dell’Onu con 7.200 soldati che operano su cinque terreni. Questa, quindi, è una Germania che non ha più paura di sentirsi, in tutti i campi, una vera potenza mondiale. La fierezza nazionale, a lungo repressa, è ricomparsa a Berlino. Speriamo solo che non aumenti troppo. La Germania, quindi, d’ora innanzi, non tratterà più in ginocchio con Washington (pur restando l’alleata più affidabile degli Usa) e si sentirà libera di allacciare rapporti sempre più stretti con la Russia. La Germania, inoltre, vuole esercitare una sorta di protettorato morale nei confronti dei paesi dell’Europa orientale un tempo dominati dall’Urss. Un protettorato non imposto, ma, in pratica, richiesto. Non a caso, questi paesi, prima della nascita dell’euro, già usavano i marchi tedeschi come moneta nazionale liberamente spendibile sul loro territorio. La nuova Germania è proiettata a Est (verso i paesi dell’Europa ex comunista e verso la Russia) e, a Sud, verso l’Italia e la penisola balcanica. Tagliata fuori da questa nuova gravitazione all’interno dell’Europa, sarà la Francia. Troppo orgogliosa per mettersi a rimorchio della Germania. Ma anche troppo debole per poterla precedere. Una Francia disorientata. Perché non si rassegna ad aver perso un ruolo che peraltro non le spettava. Com’è, del resto, quello che è riuscita a contrabbandare per mezzo secolo, facendosi accettare da tutti come paese vincitore della seconda guerra mondiale. La Francia non ha mai vinto quella guerra con le armi, dalla quale invece è uscita ignominiosamente sconfitta. Ma grazie ai discorsi di quel furbacchione di Charles De Gaulle dai microfoni di Radio Londra è diventata una delle quattro potenze vincitrici. E in forza di questo exploit, ha poi occupato la Germania (facendosi pagare il costo dai tedeschi) ed è subito entrata nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, dal quale la Germania è invece ancora esclusa, ma non per molto. Sarà molto duro, per la Francia accettare questo nuovo e inevitabile scenario geopolitico. E chissà se l’Italia saprà cogliere le opportunità di questo ribaltone che, sulla carta, le è assolutamente favorevole.