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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

La risposta di Profumo: «Operazione di mercato» - Eloro, i banchieri chiamati anche ieri in causa da Tremonti, che cosa replicano? Poco o nulla, complici anche alcuni provvidenziali quanto simbolici spostamenti: il ministro parla in Italia; Corrado Passera e Alessandro Profumo volano invece a Londra - per dirla proprio con Tremonti il cuore della finanza «che parla inglese» - alla «conference» sulle banche del colosso Usa Merrill Lynch, peso massimo della tanto vituperata finanza globale

La risposta di Profumo: «Operazione di mercato» - Eloro, i banchieri chiamati anche ieri in causa da Tremonti, che cosa replicano? Poco o nulla, complici anche alcuni provvidenziali quanto simbolici spostamenti: il ministro parla in Italia; Corrado Passera e Alessandro Profumo volano invece a Londra - per dirla proprio con Tremonti il cuore della finanza «che parla inglese» - alla «conference» sulle banche del colosso Usa Merrill Lynch, peso massimo della tanto vituperata finanza globale. Da là proprio Profumo definirà quella di Unicredit un’«operazione di mercato», opponendo evidentemente la definizione a un sospetto di statalismo incombente. Ovvio che nelle due superbanche del paese la parola d’ordine, dopo il «no» ai Tremonti bond pronunciato meno di ventiquattr’ore prima, sia comunque quella di smorzare le polemiche. Del resto quel che conta sono i risultati. E quelli ci sono. Il primo è che i due «big» del credito verranno comunque ricapitalizzati, anche senza far ricorso ai certificati governativi. Del resto, chiosa un manager, «i miliardi che raccoglieremo sono sempre miliardi, mica diversi da quelli che sarebbero arrivati con i Tremonti bond». Ma c’è anche un altro obiettivo, meno quantificabile e forse meno pubblicizzabile, che è stato raggiunto. In entrambe le banche si sottolinea come per la scelta sugli strumenti da adottare ci si sia basati su valutazioni esclusivamente economiche e si siano vagliate le alternative di mercato a quei certificati governativi per i quali - Intesa-Sanpaolo dixit - si sarebbe dovuto pagare un interesse lordo annuo dal 12,6 al 22,6%. Ma di fatto uno degli effetti della decisione comune è che il potere politico resta fuori dalle banche e quella cinghia di trasmissione che il ministro chiedeva - che i fondi pubblici destinati alla ricapitalizzazione andassero poi in crediti alle imprese - non si attiverà, almeno nel caso di Intesa-Sanpaolo e Unicredit. In soldoni, il timore dei banchieri era che sottoscrivendo i Tremonti bond si sarebbe stati costretti a una politica di prestiti facili destinata a peggiorare la qualità dei crediti e incidere su bilanci che non sono al collasso ma nemmeno floridissimi. Forse anche per questo dai soci di Unicredit e - in modo meno netto, viste le polemiche di martedì in consiglio di sorveglianza - da quelli di Intesa-Sanpaolo è arrivato il via libera alle operazioni alternative e già ieri si sono fatti nuovi passi avanti. Passera ha lanciato il suo bond «ibrido» da 1,5 miliardi, Profumo ha incassato il «sì» alla sottoscrizione dell’aumento da parte delle Fondazioni emiliane ed ha lanciato la cessione di immobili per oltre un miliardo. Per sentire giudizi meno felpati bisogna rivolgersi a un professore come Donato Masciandaro, docente alla Bocconi, che ha appena coordinato assieme a Gianpio Bracchi il quattordicesimo rapporto sul sistema finanziario italiano della Fondazione Rosselli, peraltro finanziato dalle principali banche italiane: «L’annuncio dei Tremonti bond ha avuto un effetto comunque positivo per traghettare il sistema fuori dalla crisi. Ma detto questo le nostre banche non hanno bisogno di essere salvate. Non capisco i lamenti da parte dei politici se aziende private decidono di non sottoscrivere un prestito altamente oneroso che peraltro viene definito impropriamente un aiuto». Ma per le banche questo è il momento di smorzare le polemiche, non certo di acuirle. Entrambe sono state così attente già nel comunicare al loro scelta anche a confutare il «teorema Tremonti», che lega la sottoscrizione degli aumenti pubblici a un’espansione del credito: con la metà delle cessioni previste - ha spiegato ad esempio Intesa-Sanpaolo - il gruppo «è patrimonialmente in grado di far fronte al livello di crescita prevedibile dei crediti e a un ulteriore aumento degli impieghi di oltre 60 miliardi di euro, incremento per altro difficilmente immaginabile a breve termine anche in caso di un riavvio dell’economia molto sostenuto». E posizioni simili ci sono anche in piazza Cordusio, sede di Unicredit, dove si sottolinea come Impresa Italia, il progetto per i crediti alle Pmi, stia erogando 45 milioni a settimana. Insomma, anche senza Tremonti bond, è la promessa, il rubinetto del credito non si chiude.