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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

«Niente bond? Uno sgarbo alle imprese» - «Non vogliono i bond perché non vogliono dare soldi alle imprese» attacca Giulio Tremonti, il giorno dopo che Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno rifiutato gli aiuti dello Stato

«Niente bond? Uno sgarbo alle imprese» - «Non vogliono i bond perché non vogliono dare soldi alle imprese» attacca Giulio Tremonti, il giorno dopo che Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno rifiutato gli aiuti dello Stato. In una conferenza stampa convocata in fretta e furia a Milano, il ministro dell’Economia attacca e insiste: «Li avevano chiesti loro, con pressione enorme», ora rifiutandoli «non hanno fatto uno sgarbo a me, ma alle imprese». Anche per questo, adesso, «va fatta la Banca del Sud, aggregando piccole banche sul modello del Credit Agricole». La Cisl si schiera subito al suo fianco. Ribatte Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria del Pd, che le imprese il governo può benissimo aiutarle direttamente, ad esempio accelerando i pagamenti della pubblica amministrazione. Mentre dal Fondo monetario internazionale arriva un autorevole appoggio a Corrado Passera e Alessandro Profumo: «Per le banche che hanno necessità di aumentare il capitale e sono in grado di farlo, è meglio ricorrere al mercato piuttosto che all’aiuto pubblico» dichiara José Viñals, direttore del dipartimento mercati finanziari. E’ vero che un anno fa tutti i banchieri avevano chiesto aiuto; adesso i due grandi gruppi non lo vogliono più. I bond offerti dal governo sono costosi, un prestito con alti tassi di interesse; a far apparire solida una banca giova assai più raccogliere capitali sui mercati, come dice il Fmi. Tremonti riconosce che, sotto il profilo dei conti pubblici, «dal punto di vista del governo è meglio così»; ma sostiene che «il sistema bancario così concentrato e verticalizzato non va bene» attaccando la struttura dei due grandi gruppi. In più, il ministro dell’Economia sospetta un ritorno a «far soldi con la finanza» oltre a far mancare credito alle imprese potrebbe «preparare la prossima crisi». Di questo appunto parla il «Rapporto sulla stabilità finanziaria globale» presentato ieri a Istanbul da Viñals, ex vicegovernatore della Banca di Spagna. Ma la logica dei suoi suggerimenti è molto diversa. Perché il credito alle alle imprese non manchi, sostiene il Fondo, sarà ancora a lungo necessario l’appoggio delle banche centrali: dovranno rifornire le banche di abbondante liquidità a bassi tassi di interesse. Invece i banchieri dovranno «svezzarsi» dal ricevere fondi pubblici, meglio prima che poi; se fanno utili sicuramente non devono «cedere alla tentazione di destinarli a bonus o dividendi», piuttosto tenerli in cassa per rafforzare il capitale. Il processo di risanamento delle banche sarà lungo. Il rapporto Fmi diminuisce la stima delle perdite totali dai 4000 miliardi di dollari di aprile a 3400 miliardi, perché le quotazioni di molti titoli sul mercato sono salite. Però indica che c’è ancora una lunga strada da fare per coprirle tutte. Le banche americane, più colpite (calo dell’8,2% negli attivi), hanno già rivelato il 60% delle perdite; quelle britanniche e quelle dell’area euro solo il 40%. Sono 1500 i miliardi che devono ancora emergere. Il precedente rapporto Fmi, 6 mesi fa, aveva irritato la Bce perché, si sosteneva a Francoforte, sopravvalutava le perdite delle banche europee. Ora la somma totale non è molto cambiata, ma è suddivisa in tre capitoli distinti, Gran Bretagna (attivi -7,2%), Svizzera Islanda e paesi nordici (-5,1%), area euro (-3,6%).