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 2009  settembre 30 Mercoledì calendario

LEI FA LA GIUSTIZIERA, NOI PAGHIAMO


La Maria Goretti del giornalismo di sinistra si lamentava ieri sul Corriere per le troppe querele: ne ha trenta e si sente perseguitata. Nella lettera, Milena Gabanelli rivelava che la pressione delle citazioni in giudizio è diventata fisicamente insostenibile e proponeva misure pecuniarie contro «quelli che ti fanno causa per niente». Secondo la Giovanna d’Arco della tv una simile ammenda «sarebbe il primo passo verso una libertà tutelata», una specie di libertà su cauzione alla rovescia, con il pagamento addebitato a chi osi ricorrere all’avvocato. So che vi sembrerà strano, ma fino all’altro ieri l’eroina di Rai Tre si era sempre fatta un baffo delle querele, non solo degli altri, ma pure di quelle sue. Anzi: a ogni denuncia aveva replicato con il tono di chi è convinto di vincere. Curiosa dunque la confessione di patire lo stress da tribunali. (...)

(...) Ad essa probabilmente non è estranea la notizia della settimana scorsa, di un ufficiale giudiziario che si è presentato alla Rai consegnando copia di una sentenza. Tre paginette. Nelle tre paginette recapitate dal messo si condannano la Gabanella rossa, la Rai e il giornalista Paolo Barnard al pagamento di 40 mila euro più 13 mila di spese legali. Il giudice ha riconosciuto che un’intervista al dirigente di una società farmaceutica era stata ottenuta con l’inganno. Certo, si tratta di una decisione in primo grado, potrebbe essere ribaltata in appello, ma rivela il rapporto tra la tv di stato, la giornalista di Report e i suoi collaboratori. Ecco perché tanto nervosismo.
Storia poco edificante

La storia, che risale al 2001, non è proprio edificante per una paladina dell’informazione, ma mostra un uso un po’ spregiudicato di quelli che oggi nei giornali si chiamano pomposamente freelance e che una volta avremmo definito più semplicemente abusivi o precari. La Gabanelli incarica Barnard di un’inchiesta sulle compagnie farmaceutiche e sui sistemi per gonfiare le prescrizioni dei farmaci. Il servizio va in onda, ma una volta diffuso scatta la causa per danni e cominciano i problemi. Così si arriva di fronte al giudice e Barnard racconta di essere stato scaricato sia dalla tv che dalla famosa e riverita collega, la quale, pur essendosi pubblicamente dichiarata convinta della bontà della sua inchiesta e avendogli assicurato la sua stima, avrebbe lasciato che si difendesse da solo. La Gabanelli prima promette che in caso di sentenza sfavorevole pagherà di tasca propria, poi chiede al Tribunale di condannare il solo Barnard e di assolvere lei e la società. Giornalisticamente sedotto e abbandonato.

Una brutta vicenda, finita su Internet con reciproco scambio di accuse, che dà qualche pensiero non solo ai protagonisti, ma pure ai vertici di Viale Mazzini. La Rai teme di essere coinvolta in una serie di grane giudiziarie, senza aver potuto controllare i servizi e i collaboratori di Report. Fino a oggi la Gabanelli ha goduto di una manleva giudiziaria che l’ha messa al riparo dai rischi per ogni cosa abbia mandato in onda: una clausola che obbliga la tv pubblica a pagare senza fiatare. Per il futuro i dirigenti della Rai vorrebbero cambiare. Ecco perché la conduttrice ha scritto al Corriere, esternando le sue preoccupazioni per le troppe querele e l’uso fattone dal «tiranno di turno».
Benvenuta sulla Terra

Benvenuta Gabanella rossa tra quelli che da anni sopportano «la fatica fisica insostenibile» delle molte cause. Benvenuta tra i giornalisti intimiditi dalle querele e dalle spese legali. Tranquilla, non sei sola. Oltre a Barnard ci sono molti altri colleghi costretti a passare il loro tempo in tribunale. Quasi mai i mezzibusti e le mezze buste. Anche se rimangono in piedi.