Andrea Morigi, Libero 30/09/2009, 30 settembre 2009
FIRMANO CONTRO SILVIO MA DIFENDONO LO STUPRATORE POLANSKI
Firma e rifirma, prima o poi doveva accadere che qualcuno mettesse il proprio autografo sotto due manifesti contraddittori.
Nella trappola dell’appello continuo sono cascati almeno sei esponenti dell’intellighenzia illuminata e di sinistra: Mario Monicelli, Michele Placido, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Costa Gavras e Wim Wenders.
I tre registi, più a loro agio con la macchina da presa che con il testo scritto, non devono aver badato al fatto che l’ultima petizione della Sacd, la società degli autori e compositori drammatici, rischiava involontariamente di declassarli alla categoria meno nobile della cinematografia comica.
tutta questione di costumi
Sotto il titolo ”Il cinema sostiene Roman Polanski”, insieme con colleghi e star del grande schermo, chiedono di non procedere all’estradizione del cineasta arrestato sabato scorso al suo arrivo in Svizzera. «Una questione di costumi», la definiscono, riferendosi alla condanna di Polanski per violenza sessuale nei confronti di una tredicenne. Come se la brama sessuale nei confronti dei minorenni fosse una legittima opzione affettiva. Troppo poco, comunque, per rinunciare alle prerogative di «extraterritorialità», grazie alle quali «i festival del cinema del mondo intero hanno sempre permesso di mostrare e far circolare le opere e ai cineasti di presentarle liberamente in tutta sicurezza, anche quando alcuni stati volevano opporvisi». Si evocano a sproposito i totalitarismi per esaltare la tragicità della situazione. Ne consegue che occorre battersi, indignarsi, protestare, dunque, perché semmai il colpevole fosse consegnato alla giustizia americana si «priverebbe il cineasta della sua libertà». Perciò gli esprimono tutta la loro solidarietà e perfino l’amicizia.
Siccome Silvio Berlusconi non è un cineasta (come è noto finanzia, produce, distribuisce pellicole, foraggiando un settore in agonia, ma è un dettaglio insignificante), non gode del medesimo privilegio a cui hanno accesso i membri della casta degli artisti. La doppia morale non è valida per i capi di governo.
le dieci domande
E, allora, giù un’altra adesione. I sei registi rispondono all’appello dei tre giuristi. Non è un gioco di parole. Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky redigono il proclama. Mario Monicelli, Michele Placido, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Costa Gavras e Wim Wenders non possono sottrarsi. Del resto, si tratta sempre di difendere la libertà, addirittura «la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso».
Sotto quel denominatore comune, le due raccolte di firme nascondono anche un minimo comun divisore. Berlusconi ha tentato di sottrarsi al linciaggio delle ”dieci domande” sulla sua vita privata con una serie di querele. Non aveva stuprato nessuno, tanto meno una tredicenne, a differenza di Roman Polanski. Anzi, ”Papi” non ha proprio combinato un bel niente con Noemi. Eppure, Monicelli, Placido, Bellocchio, Sorrentino, Gavras e Wenders lo accusano di «un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni».
Al collega, vorrebbero assicurare la latitanza, mentre per l’avversario politico invocherebbero la gogna pubblica. E, nel migliore dei casi, utilizzano due penne, due pesi e due misure.