Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

MANI CINESI SUL FERRO AFGHANO

«Aynak! La rivoluzione mineraria dell’Afghanistan inizierà da quest’area ». Quando espone il progetto sulla grande cartina che sovrasta la scrivania, il volto di Ibrahim Adel si illumina. «In cinque anni non avremo più problemi di budget». Il ministro afghano delle Risorse minerarie si farà anche prendere dall’entusiasmo, ma qualcosa in Afghanistan è davvero iniziato. Ibrahim Adel traccia il percorso di avveniristiche reti ferroviarie, descrive nuovi impianti, indica i futuri distretti industriali. Il suo puntatore laser si ferma su un altipiano a 50 chilometri da Kabul: «Il giacimento di rame di Aynak», esclama.
L’ampia vallata nelle provincia di Logar è un nome noto. qui che nel ’99 al-Qaeda creò il suo principale campo di addestramento occupando gli edifici abbandonati dagli ingegneri sovietici. I quali a fine anni 70 speravano di sfruttare le risorse minerarie dell’area. Nel 2001 il luogo dove venne pianificato l’attentato alle Torri gemelle fu raso al suolo dai bombardamenti. Per sei anni è rimasto una landa desolata battuta dal vento. Nel 2009 un nuovo inquilino ha rioccupato ciò che resta dei ruderi, costruendo uno spartano compound. Nessun miliziano, solo ingegneri e tecnici, questa volta cinesi.
Pagando l’ingente somma di quattro miliardi di dollari, la China Metallurgical Group (Mcc), insieme alla Jiangxi Copper, si è aggiudicata nel 2008 i diritti per lo sfruttamento di Aynak: 240 milioni di tonnellate di rame, per un valore che, agli attuali prezzi di mercato, si aggira sui 50 miliardi di dollari (un terzo del Pil afghano del 2007). Forse il solo giacimento al mondo di queste dimensioni ancora da sfruttare, insieme a un altro in Perù. La costruzione del sito è stata avviata in luglio. il più grande investimento estero diretto mai effettuato in Afghanistan. Secondo la Mcc la produzione inizierà entro il 2011. La capacità produttiva sarà di 320mila tonnellate di rame all’anno.
Non erano in pochi a volere mettere le mani su Aynak. Eppure l’ha spuntata la Cina. Come? Con una strategia collaudata, vincente in molti paesi africani: un’offerta improponibile per altri concorrenti privati, la non interferenza negli affari interni del paese e la costruzione di grandi infrastrutture. «L’investimento complessivo - precisa il ministro Adel- è di otto miliardi di dollari: i cinesi dovranno costruire una centrale elettrica da 400 megawatt, che servirà a estrarre il minerale, a costruire una fonderia e una raffineria ea fornire elettricità alla popolazione locale. Da Aynak sarà esportato rame puro! Inoltre costruiranno ferrovie, ospedali, scuole, moschee e strade. In tutto - si prevede - 15mila posti di lavoro nella fase di realizzazione e 8mila in quella produttiva. Il 90% della manodopera sarà afghana. tutto scritto nel contratto, così come i rigidi vincoli ambientali ». E i benefici diretti al governo? «Più o meno 400 milioni di dollari di royalties all’anno (circa un terzo del budget statale). Cosa vogliamo di più?». Non sono pochi a criticare le modalità con cui è stato assegnato l’appalto. « stata una gara trasparente – si difende Adel -: alla fine sono rimaste cinque compagnie: la Mcc, una kazaka, un’americana, una canadese e una russa. Dopo un attento esamedel nostro comitato di esperti i cinesi hanno ottenuto 92 punti su 100, i canadesi 73, i kazaki 72, gli americani 68, i russi 67». E come definire quel "bonus" extra contratto di 808 milioni a favore del governo? «Un gesto di amicizia – sorride il ministro – per rafforzare le relazioni tra i due paesi. Ci hanno già anticipato il 10% il resto sarà pagato nelle fasi successive». «Gara trasparente? - ironizza Sayed Masoud, professore di economia all’università di Kabul - Piuttosto una guerra di poteri tra il presidente Karzai, che appoggiava Pechino, e il vicepresidente Zia Massoud, pro Kazakhstan. Perché un progetto di interesse nazionale è stato tenuto segreto e non è stato sottoposto al Parlamento? Perché non creare una joint venture con una compagnia afghana?».
I progetti per la prima rete ferroviaria in Afghanistan non sono ancora conclusi; dovrebbe collegare il Tajikistan o l’Uzbekistan con il principale porto del Pakistan, passando per Bamiyan ( e non è un caso) e facendo tappa ad Aynak. Si parla anche di un ramo diretto in Turkmenistan. « il nuovo grande gioco. Così facendo la Cina attingerebbe alle grandi risorse energetiche dell’Asia centrale, evitando le rotte attraverso Russia e Iran », spiega un diplomatico. Già nel 2008 gli appalti cinesi in Afghanistan sono stati calcolati in 480 milioni di dollari. Il tutto senza inviare un soldato.
All’ambasciata cinese di Kabul si viene liquidati in modo sbrigativo: «I cinesi a Kabul sono 200- 300, meno di mille in tutto il paese », è la sola informazione. Nel quartiere generale della Mcc, un edificio ricoperto di filo spinato, si apprende solo che vi abitano circa 100 cinesi. Che ogni giorno si recano alla miniera all’alba per poi rientrare nel pomeriggio. Nulla di più. «Per proteggerli utilizziamo 1.500 poliziotti. Ci costa 6 milioni di dollari all’anno (più due milioni per sminare l’area)» precisa Ibrahim Adel.
In gioco non c’è solo Aynak. Tra pochi mesi sarà assegnato il contratto per l’immenso giacimento di Haji Gak, 1,8 miliardi di tonnellate di minerale di ferro nella provincia di Bamiyan. «Sono molte di più ”spiega il geologo Abdel Rahman Ashraf, consulente minerario ed energetico del presidente - perché questo dato si riferisce alle vecchie mappe sovietiche ». Per arrivarci da Kabul ci vogliono nove ore di strada sterrata lungo una stretta gola. Il vasto altipiano dove sorgerà la miniera somiglia a un paesaggio della Mongolia punteggiato da minuscoli villaggi di pastori. il regno degli hazara, l’etnia minoritaria sciita. Le compagnie in gara sono scese a cinque: tre indiane, una pakistana, e una cinese (sempre la Mcc).«All’inizio del 2010 sarà selezionato il vincitore »,spiega Adel.E l’investimento? Cinque miliardi di dollari per 15mila posti di lavoro. «I vincitori di Haji Gak saranno con tutta probabilità i cinesi. Le relazioni tra Karzai e il Pakistan non sono delle migliori e gli indiani hanno problemi di sicurezza », ribatte il professor Masoud. Il progetto è simile a quello di Aynak (miniera, centrale elettrica, fonderia, raffineria) . «Grazie ai vicini depositi di carbone costruiremo un’acciaieria e produrremo cinque milioni di tonnellate di acciaio all’anno», conclude Adel.
Impianti di questo genere – insorgono gli ambientalisti possono provocare gravi danni all’ambiente. «Abbiamo avuto garanzie sull’impatto ambientale. Ferrovie, strade e occupazione svilupperanno la nostra regione, una delle più povere», ci spiega Habiba Sorabi, governatrice di Bamiyan.
Il tempo dirà se il "grande gioco dei cinesi" si trasformerà in realtà. Corre voce che ambiscano anche ai giacimenti di gas e petrolio nel nord del paese. C’è chi sostiene che i loro progetti minerari non infastidiscono gli americani, anzi. La nuova base americana ”4mila soldati-creata a Logar servirà sì a fermare i talebani alle porte di Kabul, ma proteggerà anche gli operai cinesi. Forse è stata ideata per entrambi i motivi.