Francesco Cevasco, Corriere della sera 30/09/2009, 30 settembre 2009
«LA MIA SAMP CHE FA SOGNARE NATA PER COLPA DI UN IMBROGLIO»
Garrone: «Facevo da garante, volevano truffarci. E sono rimasto»
Presidente, la ballerina è guarita.
Riccardo Garrone, presidente della Sampdoria, petroliere, fama di uomo duro, tradisce una tenerezza imprevista.
«Guardi, che quando sei anni fa parlavo della ballerina malata, non era una semplice metafora. Dietro c’era una verità importante. La ballerina malata non era soltanto la Sampdoria con un piede in serie C e con l’altro in un possibile fallimento economico. Nel mio cuore, e lo tenevo per me, c’era la mia figlia piccola, una bravissima ballerina che è stata male, molto male. E per me aiutarla a tornare alla vita felice era la cosa più importante al mondo. In un certo senso vi ho imbrogliato: parlavo della nostra Samp e pensavo a lei.
Ora lei, mia figlia, sta benissimo e fa una cosa importante: danza- terapia per i disabili ».
Anche un’altra sua creatura, la Sampdoria, oggi sta benone.
Non più Genova capitale del calcio, ma Sampdoria capitale del calcio. Almeno per il momento.
«Bravo, per il momento. Io continuo a dire che il nostro obbiettivo è stare saldamente nella parte sinistra della classifica. Poi è chiaro che se continua così... Ma se di notte faccio sogni impossibili, direi contro natura, lo tengo per me».
Si diverte?
«No. Faccio fatica. Fare il presidente della Sampdoria è un lavoro impegnativo. Sono felice quando sento che tante persone sono felici per i risultati della nostra squadra. A Genova c’è gente che per fare l’abbonamento, alla Samp e al Genoa, rinuncia a qualcosa: se ha delle soddisfazioni è la mia gioia. Affidabili istituti di ricerca testimoniano che in Liguria il 70 per cento della popolazione ha un oggettivo interesse per il calcio».
Ieri Sampd’oro, oggi SampGloria, domani SampGioia?
«Calma. Oggi il mio gol si chiama Mus-e, l’organizzazione che si occupa in venti città italiane di agevolare l’integrazione dei bambini immigrati».
Pardon, diciamola più semplice: la Samp domani?
«Quando l’ho presa ero un tifoso all’acqua di rose e di calcio non sapevo quasi niente. Lo dissi anche ai tifosi al primo raduno della mia presidenza: non conosco il calcio, ma mi impegno, passo dopo passo, a tornare in serie A. Ci siamo tornati subito. E piano piano abbiamo tentato di migliorare sempre. Ma se non fosse stato per un imbroglio, per fortuna sventato, non sarei stato lì allora e oggi non sarei qui. Mi venne proposto di essere garante di un’operazione che doveva portare la famiglia reale dell’Arabia Saudita nell’azionariato della Samp. Quando ho scoperto che era una truffa ho denunciato i malviventi (e c’è già stata una prima condanna), ma avevo dato una parola: sarò garante di un’operazione trasparente. A quel punto mi sono sentito in dovere di farla io l’operazione trasparente. La mia famiglia ha un nome e una parola. Così ho preso la Samp con un investimento di 40 milioni di euro».
Parola data, nel mondo del calcio...
«Io ho imparato che cosa significa impegnare la propria parola, il proprio onore, quando avevo dieci anni. Mio padre Edoardo mi regalò a Natale un arco e le frecce con l’impegno da parte mia di usarlo soltanto fuori di casa. Faceva freddo, avevo il raffreddore, non mi trattenni: usai arco e frecce in cucina, bersaglio un cerchio di carta sugli scuri della finestra. Mio padre se ne accorse; davanti a me distrusse arco e frecce. Disse, con rammarico: non hai rispettato la parola data. Ho imparato la lezione».
Dicevamo, la Samp di domani?
«Andiamo avanti con oculatezza»
Understatement superstizioso?
«No, pensi che mi piacciono il 13 e il 17. E se un gatto nero mi taglia la strada da sinistra non fa niente. Però ho capito che nel mondo del calcio un po’ superstiziosi bisogna esserlo, fa parte del gioco».
E il 99 di Cassano?
«Siamo orgogliosi di averlo portato alla Samp. un uomo maturo. Da quando è con noi ha fatto una sola cassanata prendendosela con un arbitro che, guarda caso, è sparito dalla scena. Aveva ragione. Per fortuna che quel giorno ero in Sicilia per lavoro, altrimenti sarei andato in campo anch’io a fare una garronata: anch’io sono un po’ Gianburrasca. Adesso dico seriamente: Cassano non mi diverte, mi commuove. E se, come tutte le primedonne ha qualche pretesa e fa qualche capriccio, pazienza. E di pazienza ne ha avuta tanta in campo e fuori dal campo. Per esempio non ha commesso un delitto e non ha inforcato i guantoni da boxe quando si facevano circolare voci false, o quantomeno esagerate, sulla sua vita professionale e privata che lo hanno danneggiato anche rispetto alla chiamata in nazionale».
A Genova la sua idea del nuovo stadio incontra mille ostacoli.
«Discorso generale, ma in qualche modo vale anche per lo stadio: la città è soffocata da un gruppo di potere spaventoso che ha occupato quasi tutte le posizioni istituzionali. Quelli pensano a fare business, mica all’interesse della città. Ma lo capiscono o no che, andando avanti così, nel giro di un paio d’anni se Genoa e Sampdoria si meriteranno di giocare le coppe europee non avranno uno stadio?».