Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 30 Mercoledì calendario

«LA MIA SAMP CHE FA SOGNARE NATA PER COLPA DI UN IMBROGLIO»


Garrone: «Facevo da garante, volevano truffarci. E sono rimasto»

Presidente, la ballerina è guarita.

Riccardo Garrone, presidente della Sampdoria, petroliere, fama di uomo duro, tradisce una tenerezza imprevi­sta.
«Guardi, che quando sei anni fa par­lavo della ballerina malata, non era una semplice metafora. Dietro c’era una verità importante. La ballerina ma­lata non era soltanto la Sampdoria con un piede in serie C e con l’altro in un possibile fallimento economico. Nel mio cuore, e lo tenevo per me, c’era la mia figlia piccola, una bravissima balle­rina che è stata male, molto male. E per me aiutarla a tornare alla vita felice era la cosa più importante al mondo. In un certo senso vi ho imbrogliato: parlavo della nostra Samp e pensavo a lei.
Ora lei, mia figlia, sta benissimo e fa una co­sa importante: dan­za- terapia per i disabi­li ».
Anche un’altra sua creatura, la Sampdo­ria, oggi sta benone.
Non più Genova capi­tale del calcio, ma Sampdoria capitale del calcio. Almeno per il momento.
«Bravo, per il momento. Io conti­nuo a dire che il nostro obbiettivo è stare saldamente nella parte sinistra della classifica. Poi è chiaro che se con­tinua così... Ma se di notte faccio sogni impossibili, direi contro natura, lo ten­go per me».
Si diverte?
«No. Faccio fatica. Fare il presidente della Sampdoria è un lavoro impegna­tivo. Sono felice quando sento che tan­te persone sono felici per i risultati del­la nostra squadra. A Genova c’è gente che per fare l’abbonamento, alla Samp e al Genoa, rinuncia a qualcosa: se ha delle soddisfazioni è la mia gioia. Affi­dabili istituti di ricerca testimoniano che in Liguria il 70 per cento della po­polazione ha un oggettivo interesse per il calcio».
Ieri Sampd’oro, oggi SampGloria, domani SampGioia?
«Calma. Oggi il mio gol si chiama Mus-e, l’organizzazione che si occupa in venti città italiane di agevolare l’in­tegrazione dei bambini immigrati».
Pardon, diciamola più semplice: la Samp domani?
«Quando l’ho presa ero un tifoso al­l’acqua di rose e di calcio non sapevo quasi niente. Lo dissi anche ai tifosi al primo raduno della mia presidenza: non conosco il calcio, ma mi impegno, passo dopo passo, a tornare in serie A. Ci siamo tornati subito. E piano piano abbiamo tentato di migliorare sempre. Ma se non fosse stato per un imbro­glio, per fortuna sventato, non sarei stato lì allora e oggi non sarei qui. Mi venne proposto di essere garante di un’operazione che doveva portare la fa­miglia reale dell’Arabia Saudita nel­l’azionariato della Samp. Quando ho scoperto che era una truffa ho denun­ciato i malviventi (e c’è già stata una prima condanna), ma avevo dato una parola: sarò garante di un’operazione trasparente. A quel punto mi sono sen­tito in dovere di farla io l’operazione trasparente. La mia famiglia ha un no­me e una parola. Così ho preso la Samp con un investimento di 40 milio­ni di euro».
Parola data, nel mondo del cal­cio...
«Io ho imparato che cosa significa impegnare la propria parola, il proprio onore, quando avevo dieci anni. Mio padre Edoardo mi regalò a Natale un arco e le frecce con l’impegno da parte mia di usarlo sol­tanto fuori di casa. Faceva freddo, ave­vo il raffreddore, non mi trattenni: usai arco e frecce in cucina, bersa­glio un cerchio di carta sugli scuri della finestra. Mio padre se ne accor­se; davanti a me di­strusse arco e frec­ce. Disse, con ram­marico: non hai ri­spettato la parola data. Ho imparato la lezione».
Dicevamo, la Samp di domani?
«Andiamo avanti con oculatezza»
Understatement superstizioso?
«No, pensi che mi piacciono il 13 e il 17. E se un gatto nero mi taglia la stra­da da sinistra non fa niente. Però ho capito che nel mondo del calcio un po’ superstiziosi bisogna esserlo, fa parte del gioco».
E il 99 di Cassano?
«Siamo orgogliosi di averlo portato alla Samp. un uomo maturo. Da quando è con noi ha fatto una sola cas­sanata prendendosela con un arbitro che, guarda caso, è sparito dalla scena. Aveva ragione. Per fortuna che quel giorno ero in Sicilia per lavoro, altri­menti sarei andato in campo anch’io a fare una garronata: anch’io sono un po’ Gianburrasca. Adesso dico seria­mente: Cassano non mi diverte, mi commuove. E se, come tutte le prime­donne ha qualche pretesa e fa qualche capriccio, pazienza. E di pazienza ne ha avuta tanta in campo e fuori dal campo. Per esempio non ha commes­so un delitto e non ha inforcato i guan­toni da boxe quando si facevano circo­lare voci false, o quantomeno esagera­te, sulla sua vita professionale e priva­ta che lo hanno danneggiato anche ri­spetto alla chiamata in nazionale».
A Genova la sua idea del nuovo sta­dio incontra mille ostacoli.
«Discorso generale, ma in qualche modo vale anche per lo stadio: la cit­tà è soffocata da un gruppo di pote­re spaventoso che ha occupato qua­si tutte le posizioni istituzionali. Quelli pensano a fare business, mica all’interesse della città. Ma lo capiscono o no che, andando avanti così, nel giro di un paio d’anni se Genoa e Sampdoria si meriteranno di giocare le coppe europee non avranno uno stadio?».