Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  settembre 30 Mercoledì calendario

IL MONDO DELLA PITTORESCA SUZY LA CRONISTA CHE ODIA REGALI E MUSICA


MILANO – Durante le sfilate, ci sono tre cose irrinunciabili nelle borse delle esperte di moda: la bottiglietta di minerale, la busta degli inviti e una pagina, ampiamente sottolinea­ta, dell’ Herald Tribune.

Perché sulle collezioni che contano non c’è giudizio definitivo per un giornalista e neppu­re applauso rassicurante per uno stilista, pri­ma d’aver sezionato, sviscerando anche le vir­gole, la severa prosa di Suzy Menkes.

 lei la critica di moda più famosa al mon­do, la più concupita, temuta, attesa e anche odiata quando usa aggettivi poco gratificanti per gli stizzosi signori dello stile.

Straconosciuta nell’ambiente, da un paio di giorni è pure al centro d’una più vasta popola­rità dopo l’articolo sulle collezioni milanesi in cui ha intravisto quello stile velina-escort per lei così congeniale (titolo: «Date la colpa a Ber­lusconi ») al presidente del consiglio.

Ed è scoppiata la polemica. Da una parte il coro di critiche per l’affondo immotivato. Dal­l’altra le accuse di essere un agent provoca­teur (giusto per usare un marchio di bianche­ria sexy) che vuole screditare il premier e l’Ita­lia. Esagerazioni.

Ma chi è veramente Suzy Menkes? Una pit­toresca signora inglese di 66 anni, vedova da qualche tempo d’un commentatore di politica estera, madre di tre figli, felicemente plu­ri- nonna. Con alle spalle studi universita­ri e un corso di stilista alla Camera della Moda di Parigi.

Dopo esperienze in diverse testate, Suzy approda all’ Herald Tribune come responsabile dei servizi di moda. An­che se di stazza non agile o atletica, diventa una «battitrice» record di sfi­late: se ne diserta qualcuna non è per andare a pranzo in nota spese, ma per scelta o per lanciare un se­gnale allo stilista, che è bravo pe­rò non si applica. C’è un suo preferi­to? Nessuna ammissione ma è noto il suo debole per Christian Lacroix.

Sua caratteristica, in un mondo che marcia perennemente con ritardi mostruosi, è la pun­tualità proverbialmente british. Anzi l’abitudi­ne a presentarsi in anticipo seminando sem­pre ondate di apprensione nelle signorine del­le pubbliche relazioni. Difficile da non ricono­scere, grazie soprattutto a quella enorme bana­na sopra la fronte: un architettonico marchio di fabbrica più che una pettinatura.

La prima mossa in pre-sfilata è estrarre il computer da borse-valigia e seminare righe su righe: il suo giornale ha tre edizioni e i fusi la obbligano a stare sul battente spinto. Diffi­cilmente parla prima con lo stilista, perché te­me di essere blandita o fraintesa. Per lei conta soltanto quello che vede in passerella e che tra­scrive con appunti nervosi e con schizzi pro-memoria.

Da qualche tempo è armata pure di macchi­na fotografica (forse materiale per un prossi­mo libro) e accompagnata da una collega, Jes­sica Michaud, fedele ma ambiziosa allieva che, per tornare alla pettinatura, ostenta in modo forse propiziatorio addirittura due bana­ne Se c’è una cosa che la fa imbestialire è la musica a tutto volume. Primo perché sparata a quel modo diventerebbe odioso anche Mo­zart. Secondo perché non è ancora riuscita a topparsi entrambe le orecchie e scrivere con­temporaneamente.

Quando fa caldo e le lampade scottano (Milano) si copre la testa con le cartelle stam­pa. Quando fa freddo (Parigi) batte nervosa­mente i piedi e non è un’abitudine da ultrà.

Le sue regole deontologiche? «Come per le buone ragazze di famiglia – ha raccontato a Daniela Fedi e Lucia Serlenga, autrici di ’Alla corte di re Moda’ – è proibito accettare qual­siasi regalo tranne dolci oppure fiori e mai dormire sotto lo stesso tetto o fare viaggi di piacere con uno stilista».

Un anno e mezzo fa a Parigi la sua carriera è stata festeggiata da un pieno di stilisti osan­nanti, attori e attrici come Marisa Berenson, sua amica. Ma nemmeno questo, si suppone, sarà servito a indebolire la sua tempra di dura e pura.