Gian Luigi Paracchini, Corriere della sera 30/09/2009, 30 settembre 2009
IL MONDO DELLA PITTORESCA SUZY LA CRONISTA CHE ODIA REGALI E MUSICA
MILANO – Durante le sfilate, ci sono tre cose irrinunciabili nelle borse delle esperte di moda: la bottiglietta di minerale, la busta degli inviti e una pagina, ampiamente sottolineata, dell’ Herald Tribune.
Perché sulle collezioni che contano non c’è giudizio definitivo per un giornalista e neppure applauso rassicurante per uno stilista, prima d’aver sezionato, sviscerando anche le virgole, la severa prosa di Suzy Menkes.
lei la critica di moda più famosa al mondo, la più concupita, temuta, attesa e anche odiata quando usa aggettivi poco gratificanti per gli stizzosi signori dello stile.
Straconosciuta nell’ambiente, da un paio di giorni è pure al centro d’una più vasta popolarità dopo l’articolo sulle collezioni milanesi in cui ha intravisto quello stile velina-escort per lei così congeniale (titolo: «Date la colpa a Berlusconi ») al presidente del consiglio.
Ed è scoppiata la polemica. Da una parte il coro di critiche per l’affondo immotivato. Dall’altra le accuse di essere un agent provocateur (giusto per usare un marchio di biancheria sexy) che vuole screditare il premier e l’Italia. Esagerazioni.
Ma chi è veramente Suzy Menkes? Una pittoresca signora inglese di 66 anni, vedova da qualche tempo d’un commentatore di politica estera, madre di tre figli, felicemente pluri- nonna. Con alle spalle studi universitari e un corso di stilista alla Camera della Moda di Parigi.
Dopo esperienze in diverse testate, Suzy approda all’ Herald Tribune come responsabile dei servizi di moda. Anche se di stazza non agile o atletica, diventa una «battitrice» record di sfilate: se ne diserta qualcuna non è per andare a pranzo in nota spese, ma per scelta o per lanciare un segnale allo stilista, che è bravo però non si applica. C’è un suo preferito? Nessuna ammissione ma è noto il suo debole per Christian Lacroix.
Sua caratteristica, in un mondo che marcia perennemente con ritardi mostruosi, è la puntualità proverbialmente british. Anzi l’abitudine a presentarsi in anticipo seminando sempre ondate di apprensione nelle signorine delle pubbliche relazioni. Difficile da non riconoscere, grazie soprattutto a quella enorme banana sopra la fronte: un architettonico marchio di fabbrica più che una pettinatura.
La prima mossa in pre-sfilata è estrarre il computer da borse-valigia e seminare righe su righe: il suo giornale ha tre edizioni e i fusi la obbligano a stare sul battente spinto. Difficilmente parla prima con lo stilista, perché teme di essere blandita o fraintesa. Per lei conta soltanto quello che vede in passerella e che trascrive con appunti nervosi e con schizzi pro-memoria.
Da qualche tempo è armata pure di macchina fotografica (forse materiale per un prossimo libro) e accompagnata da una collega, Jessica Michaud, fedele ma ambiziosa allieva che, per tornare alla pettinatura, ostenta in modo forse propiziatorio addirittura due banane Se c’è una cosa che la fa imbestialire è la musica a tutto volume. Primo perché sparata a quel modo diventerebbe odioso anche Mozart. Secondo perché non è ancora riuscita a topparsi entrambe le orecchie e scrivere contemporaneamente.
Quando fa caldo e le lampade scottano (Milano) si copre la testa con le cartelle stampa. Quando fa freddo (Parigi) batte nervosamente i piedi e non è un’abitudine da ultrà.
Le sue regole deontologiche? «Come per le buone ragazze di famiglia – ha raccontato a Daniela Fedi e Lucia Serlenga, autrici di ’Alla corte di re Moda’ – è proibito accettare qualsiasi regalo tranne dolci oppure fiori e mai dormire sotto lo stesso tetto o fare viaggi di piacere con uno stilista».
Un anno e mezzo fa a Parigi la sua carriera è stata festeggiata da un pieno di stilisti osannanti, attori e attrici come Marisa Berenson, sua amica. Ma nemmeno questo, si suppone, sarà servito a indebolire la sua tempra di dura e pura.