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 2009  ottobre 01 Giovedì calendario

C’era un ferreo protocollo per la custodia e sicurezza di Michele Sindona nel carcere di Voghera. Lo descrive nei dettagli Mino Martinazzoli, ultimo segretario della Dc, nel libro ’Uno strano democristiano’ scritto con Annachiara Valle

C’era un ferreo protocollo per la custodia e sicurezza di Michele Sindona nel carcere di Voghera. Lo descrive nei dettagli Mino Martinazzoli, ultimo segretario della Dc, nel libro ’Uno strano democristiano’ scritto con Annachiara Valle. "Sindona era sorvegliato sempre da cinque agenti, tre dei quali con il compito di guardarlo a vista nell’arco delle ventiquatto ore. Gli agenti erano scelti senza essere preavvisati. Non poteva avvicinarlo nessuno, neppure durante l’ora d’aria. Il cortile a lui destinato era coperto in modo da evitare qualsiasi possibilità di introdurre oggetti dall’esterno o di stabilire contatti. Il cibo doveva essere prelevato da quanto cucinato per gli agenti di custodia e consegnato a Sindona da un sottoufficiale e da un agente di custodia di provato affidamento. Avevamo fatto fabbricare un contenitore d’acciaio, nel quale veniva inserito il vitto e la tazzina del caffè. Il contenitore aveva due chiavi in modo che non ci fosse mai un solo agente. Cambiavamo bar continuamente e cambiavamo gli agenti". Fatta questa descrizione minuziosa, Martinazzoli, che la mattina del 20 marzo 1986 quando Sindona fu trovato morto "rimase molto deluso", così si spiega il suicidio del banchiere siculiano: "Sono propenso a credere che qualcuno gli abbia passato qualcosa durante i processi. Molta gente si avvicinava alla sua gabbia. Resta il fatto che quando tornava in carcere doveva essere perquisito e quindi quella capsula di cianuro doveva essere trovata. Ma così non fu". Amen.