Leo Hickman, L’Espresso, 1 ottobre 2009, 1 ottobre 2009
LEO HICKMAN PER L’ESPRESSO 1 OTTOBRE 2009
Ancora più verdi Non inquinare è giusto. Ma non basta. Servono tante altre azioni mirate, capaci di fare in concreto la differenza. la parola d’ordine del nuovo ambientalismo. Che detta le sue regole e sfata le tante illusioni di questi anni
Gli aspiranti astronauti, nelle prime fasi del loro addestramento, vengono incoraggiati a giocare alla cosiddetta ’Sfida di Sopravvivenza sulla Luna’. Lo scopo del gioco è verificare la capacità di ogni studente di dare la priorità agli oggetti fondamentali alla sua sopravvivenza, in una situazione di vita o di morte. Pronti a giocare?
Immaginate che la vostra piccola navetta spaziale si sia schiantata a circa 300 chilometri da una qualsiasi base lunare. La buona notizia è che siete vivi. La cattiva è che non riuscite a far ripartire il motore. Dovrete quindi camminare, da soli e nello spazio che vi separa dalla base, con addosso solo la vostra tuta spaziale. Ma cosa dovreste portarvi dietro dalla navicella danneggiata per la vostra così ardua traversata? Avete 15 diverse opzioni, e dovete dare la priorità a ciò che vi manterrà in vita e che allo stesso tempo agevolerà il vostro viaggio.
Ecco di seguito i 15 oggetti disponibili: due serbatoi di ossigeno, 20 litri d’acqua, una carta celeste, 4 pacchi di cibo, una radio ad energia solare, un kit di primo soccorso, una sezione consistente di tessuto isolante, tre razzi di posizione, un’unità portabile di riscaldamento, una torcia, una pistola, una corda di nylon lunga 20 metri, una cassa di latte in polvere, un compasso magnetico e una scatola di fiammiferi. Cosa scegliereste, sapendo di non poter prendere tutto? Gli studenti hanno a disposizione un’ora per discutere la questione tra di loro, prima che la Nasa fornisca loro le risposte.
In qualche modo tutti noi affrontiamo un dilemma simile nella vita di ogni giorno. Ma la maggior parte di noi non conosce il reale significato delle proprie azioni. Tutti stiamo giocando alla Sfida di Sopravvivenza sulla Terra e, consapevoli o no, abbiamo di fronte una gamma di priorità inderogabili. Le implicazioni del cambiamento climatico incombono sulle nostre teste. Siamo coscienti - sia individualmente, sia come specie - che dovremmo fare tutto ciò che è in nostro potere al fine di evitare i pericoli che ci attendono. E ancora arranchiamo in cerca di una motivazione valida per passare all’azione. Ci viene detto che le emissioni di anidride carbonica che spandiamo non si decidono a diminuire, la maggioranza dei climatologi continua a porre l’accento sull’essenzialità di tale processo. Siamo una navicella spaziale in rotta di collisione. Con solo una piccola speranza di assistenza.
Tuttavia possiamo confidare in alcuni segni di genuina speranza. Negli ultimi anni sempre più persone, in tutto il mondo, hanno capito l’importanza delle proprie decisioni quotidiane e che è necessario ridurre, o addirittura sradicare, gli stili di vita più inquinanti. Molti di noi stanno cercando di rendere ’più verde’ la propria vita. Scrivo ormai regolarmente da sei anni sul ’vivere verde’, ed ho cominciato a notare una sorta di mutamento nel tipo di domande poste dai miei lettori. All’inizio mi si chiedeva: "Cosa dovrei fare per ridurre il mio contenuto di CO2?". Negli ultimi tempi la domanda ha subito una sottile modifica: "Cosa dovrei fare per ridurre realmente la mia quantità di CO2?". Si riconosce sempre di più la necessità di distinguere le aree prioritarie e di focalizzare i nostri sforzi solo su quelle: proprio come per l’astronauta in difficoltà sulla Luna.
Non abbiamo né il tempo né le risorse per effettuare riduzioni di emissioni su larga scala, e dunque dobbiamo concentrarci sulle zone della nostra vita che possono davvero fare la differenza.
Questa percezione sta lentamente capovolgendo l’ambientalismo stesso. Per anni, forse decenni, il mantra è sempre stato ’ogni piccola cosa può aiutare’. Abbiamo diligentemente risparmiato acqua lavandoci i denti, chiudendo il rubinetto. Abbiamo cambiato le vecchie lampadine incandescenti con le cosiddette ’lampadine ecologiche’. Abbiamo riciclato la maggior parte dei nostri rifiuti e ridotto l’utilizzo delle buste di plastica. Tutto questo serve a qualcosa, ma certamente è ben lontano da costituire un atto davvero significativo per l’ambiente.
Alcuni ambientalisti temono oggi, non a caso, che le persone siano state cullate in un falso senso di sicurezza circa l’efficacia delle loro azioni, dal momento che vengono incoraggiate a focalizzarsi su questi ’piccoli’ gesti. Quante volte avete sentito qualcuno dire che è preoccupato per l’ambiente, che quindi cerca di riciclare il più possibile ma, allo stesso tempo, continua a prendere l’aereo per le vacanze o a guidare una grande macchina?
In Inghilterra un numero sempre maggiore di ambientalisti ha cominciato a prendere la parola e a porre in rilievo queste contraddizioni. Due anni fa, un rispettato gruppo di esperti raccolto attorno all’Istituto per la Ricerca di Politiche Pubbliche ha consegnato un rapporto circa i messaggi mediatici sul cambiamento climatico, dal titolo ’Parole calde’. In esso si afferma che un’eccessiva enfasi sulle azioni semplici e facili potrebbe facilmente trasformarle in "parole da tappezzeria, ovvero obsolete: il domestico, la routine, il noioso, il compreso troppo facilmente, l’ignorabile". Vi è inoltre il pericolo intrinseco del cosiddetto ’effetto rebound’: visto che ci si sente soddisfatti dopo aver raggiunto un piccolo obiettivo, ci si ricompensa altrove, diminuendo la propria determinazione ecologista. Per esempio, dopo aver comprato un’automobile relativamente efficiente dal punto di vista delle emissioni, si finisce per guidare più spesso e più a lungo perché si crede che una macchina ’più verde’ ci consenta questo lusso. La realtà è che le emissioni, di fatto, sono aumentate.
Uno dei libri che ha più venduto quest’anno in Inghilterra, sorprendentemente, è stato ’Energia Sostenibile - senza aria fritta’, scritto da David Mackay. L’autore è un professore di fisica all’Università di Cambridge e il suo libro è il tentativo di indagare, senza l’ostacolo di dover considerare le questioni politiche e finanziarie, le modalità di utilizzo e produzione di energia. La sua unica preoccupazione, sostiene, è la "buona aritmetica". All’inizio di quest’anno sono andato a intervistarlo al suo laboratorio a Cambridge, e lui mi ha detto che stiamo ancora facendo cattivo uso della maggior parte dei nostri sforzi quando si tratta di azioni individuali con l’obiettivo di ridurre le emissioni. Mi ha confidato che piuttosto lo preoccupano certi "gesti ecologici", ad esempio credere di aver fatto il proprio piccolo dovere ricordandosi di spegnere il caricabatterie del cellulare.
"La quantità di energia risparmiata spegnendo il caricabatterie del cellulare è esattamente la stessa impiegata nel guidare un’automobile media per un secondo", dice Mackay. Mettiamola in modo diverso: scollegare il caricabatterie tra una ricarica e l’altra per un anno fa risparmiare la stessa quantità di energia che serve a produrre un bagno caldo.
Nel suo libro David Mackay dimostra quanta energia si risparmia concretamente grazie a diverse azioni verdi. Esprime tutto in termini di ’kilowatt ore al giorno’ (kWh/g): in altre parole, una lampadina da 40 watt, se accesa sempre, utilizza un kilowatt-ora al giorno. Quello che Mackay sostiene è che cambiare le nostre vecchie lampadine, sostituendole con lampadine ecologiche, ci fa risparmiare in media 4 kWh/g. Non mangiare carne o latticini per sei giorni su sette ogni settimana ci aiuterebbe a risparmiare 10 kWh/g. Per la prima volta siamo in grado di comparare azioni verdi usando statistiche, e devo ammettere che farlo provoca una certa dipendenza.
Per esempio, in un clima freddo come quello inglese, mantenere il termostato a una temperatura che oscilla tra i 15 ed i 17C invece di surriscaldare la propria abitazione o il proprio posto di lavoro può farci risparmiare 20 kWh/g. Mentre decidere di non prendere più l’aereo addirittura intorno a 35 kWh/g.
Il professor Mackay, cui recentemente il governo inglese ha proposto di diventare consulente scientifico nel campo del cambiamento climatico, ha proposto una "regola dell’1 per cento" quando si tratta di decidere se valga o no la pena di preoccuparsi dell’energia consumata nel compiere una certa azione. Se l’azione non ti aiuta a raggiungere un risparmio energetico maggiore dell’1 per cento rispetto alle tue emissioni totali, conclude, allora non vale la pena di preoccuparsene. Sarebbe invece meglio passare il tempo a curarsi delle questioni che contano davvero: come le decisioni riguardo ai trasporti, la quantità di energia utilizzata per riscaldare o raffreddare la propria casa e per produrre acqua calda. Preoccupati di queste faccende, e starai davvero facendo una ’piccola cosa’ per l’ambiente.
Se stiamo per giocare alla Sfida di Sopravvivenza sulla Terra, allora consideriamo sul serio le scelte che abbiamo davanti a noi. Se siamo preoccupati di ridurre le nostre emissioni di carbonio e vogliamo fare una reale differenza, allora le questioni prioritarie dovrebbero essere queste: scegliere di volare meno; usare i trasporti pubblici invece della macchina; non mangiare carne e latticini; comprare meno ’roba’; isolare la nostra casa; abbassare il termostato del riscaldamento; cercare di essere meno indulgenti con l’aria condizionata. E, forse prima e più di tutto, imparare a pensare a ogni singola scelta che compiamo. A quale impatto essa ha, se estesa, sull’ambiente.