Sergio Soave, ItaliaOggi 30/09/09, 30 settembre 2009
L’infinito congresso del Pd ha creato soltanto polveroni - Forse gli strateghi del Partito democratico, quando hanno ideato una procedura congressuale interminabile e incomprensibile, pensavano di assicurare, in quasto modo, l’attenzione dell’opinione pubblica sulle loro vicende in modo da assumere una centralità nel dibattito politico
L’infinito congresso del Pd ha creato soltanto polveroni - Forse gli strateghi del Partito democratico, quando hanno ideato una procedura congressuale interminabile e incomprensibile, pensavano di assicurare, in quasto modo, l’attenzione dell’opinione pubblica sulle loro vicende in modo da assumere una centralità nel dibattito politico. Se questa era l’intenzione, si è rivelata un’illusione e anche una scelta controproducente. Susseguendosi per mesi e mesi, le dichiarazioni dei candidati alla segreteria democratica sono scivolate sempre più nelle pagine interne dei giornali e nelle code dei telegiornali, anche per il loro carattere inevitabilmente ripetitivo. L’effetto interno al partito è altrettanto deprimente, perché mantenere mobilitati aderenti e attivisti in un confronto intestino tanto prolungato rischia di rendere insanabili i contrasti che dovrebbero caratterizzare una breva stagione congressuale preceduta e seguita dalla normale collaborazione. Inoltre la struttura a due livelli del congresso, la prima riservata agli iscritti, la seconda agli elettori più interessati, crea situazioni paradossali. Il segretario in carica, Dario Franceschini, battuto nella consultazione degli iscritti, chiamerà gli elettori a sconfessare la loro scelta, accompagnando questa azione con la denuncia di brogli o di eccessi di spese elettorali, il che lascerà degli strascichi sgradevoli. Anche l’unità del partito, che dovrebbe essere rafforzata dal libero confronto democratico tra proposte alternative, rischia di venire invece indebolita dal tipo di argomenti che vengono impiegati nella speranza di dare vivacità a una discussione logorante e infinita. Piero Fassino, per esempio, ha spiegato che l’integrazione del Pd nel gruppo dominato dal Partito socialista europeo a Strasburgo, richiede un contrappeso con l’elezione di un segretario che non proviene dalla tradizione socialista, altrimenti si rischia di rendere difficile la partecipazione al partito di chi esprime altre sensibilità. Al di là delle buone intenzioni, questo ragionamento sembra una giustificazione preventiva per eventuali secessioni di settori provenienti dalla Margherita, ipotesi in qualche modo avvalorata dai dubbi di Francesco Rutelli sulla funzione di «un partito mai nato». Infine si può osservare che una così lunga chiusura nel proprio dibattito interno del Partito democratico danneggia anche la vita politica in generale. I due maggiori partiti hanno l’interesse a una stabilizzazione di un quadro bipolare e tendenzialmente bipartitico, ma se uno dei due scompare dal dibattito generale paiono prevalere le tendenze destabilizzanti provenienti dalle formazioni minori, che hanno interesse a un rimescolamento che solo scosse e tensioni possono provocare.