Federica Bianchi, L’Espresso, 1 ottobre 2009, 1 ottobre 2009
FEDERICA BIANCHI PER L’ESPRESSO 1 OTTOBRE 2009
Scalata al Partenone Il centrosinistra si ricandida alla guida del governo. Dopo i cinque anni di centrodestra che hanno messo in ginocchio l’economia. Per svecchiare una delle democrazie più conservatrici e corrotte d’Europa
Nei suoi occhi l’orgoglio di tremila anni di storia, l’insicurezza di chi ha avuto e perso ogni gloria e la voglia irrefrenabile di riscatto. Per lei e per la sua Grecia. Faye Orfanou, occhi scuri scolpiti dalla matita nera e capelli castani che le sfiorano le spalle, ha 36 anni, una laurea in giurisprudenza, un master in Germania e uno in Inghilterra, cinque lingue, dieci anni di precariato e adesso, dopo avere bussato a tante porte, un lavoro ben pagato nella pubblica amministrazione: il sogno della borghesia greca. "Sono salita di una classe rispetto ai miei genitori", spiega, fiera, in italiano, sorseggiando un succo d’arancia. Se c’è una generazione che tifa davvero per George Papandreu, il leader di Pasok, il partito che, stando ai sondaggi, riporterà il centrosinistra al potere alle elezioni legislative del 5 ottobre, è quella di Orfanou: una minoranza decisa, come dice lei, che crede che questo sia il momento di cambiare la cultura politica, riprestinare la fiducia della gente, riportare la meritocrazia in un Paese dove il clientelismo è la regola. E rilanciare anche l’economia, spronando la Grecia alla conquista dell’energia verde.
Cinque anni fa Nuova Democrazia, il partito di centrodestra con cui Pasok si è alternato al potere dal 1974 (quando è caduta l’odiata giunta militare), aveva conquistato il voto di un elettorato che non ne poteva più della cultura della corruzione, dopo vent’anni quasi ininterrotti di governo socialista. Il Paese aveva appena conosciuto dieci anni di insperata prosperità grazie all’annessione al sistema monetario europeo, ai fondi strutturali dell’Unione, che ne avevano rilanciato infrastrutture e consumi interni, e alle Olimpiadi, andate bene nonostante lo scetticismo internazionale. Nel 2004 la Grecia aveva vinto persino gli Europei di calcio. Ma le classi meno abbienti e la borghesia decisero che era tempo di volti nuovi: Nuova Democrazia si impose con una campagna tutta incentrata sulla lotta alla corruzione e sulla necessità di riformare un sistema politico paternalistico, fondato sul voto di scambio, una pubblica amministrazione inefficiente abituata a ’vendere’ i suoi servizi ai cittadini - 300 euro per una patente di guida - e un sistema universitario talmente datato che in Gran Bretagna i greci rappresentano il terzo maggiore gruppo di studenti. Kostas Karamanlis era la speranza di una Grecia certamente ricca, soprattutto moderna. E, invece, cinque anni e un mandato e mezzo più tardi, non solo Karamanlis non ha riformato un bel niente, ma il suo è diventato un partito corrotto tanto quanto quello che l’aveva preceduto al potere: "Cattive scelte dei ministri, un’amministrazione mediocre, una vera collezione di idioti, una generazione di politici che non hanno mai lavorato un giorno nella loro vita", sintetizza Thanos Veremis, professore di storia contemporanea all’Università di Atene e membro del consiglio di amminsitrazione della Fondazione ellenica per la politica estera.
L’ultimo scandalo, quello che ha fatto traboccare il vaso e ha costretto il primo ministro a dimettersi, indicendo elezioni anticipate, ruotava intorno ai rapporti di affari tra Nuova Democrazia e la Chiesa ortodossa, in Grecia il più ricco possidente terriero. Il monastero di Vatopedi, sul monte Athos, dove diluita in 20 monasteri vive una comunità di mille monaci il cui accesso è ancora vietato alle donne, è uno dei maggiori centri di potere delle gerarchie ortodosse, tanto da essere diventato un punto di raccordo cruciale tra la monarchia britannica, gli armatori greci di Londra e Cipro e gli oligarchi russi. L’anno scorso il suo abate ha tentato di acquistare dallo Stato (l’accordo è saltato dopo che la stampa lo ha denunciato) un centro-conferenze di Atene, costruito durante i lavori per i Giochi olimpici. In cambio, il monastero aveva offerto il lago Vistonida, una riserva naturale di poco valore economico, precedentemente reclamata come propria in base a documenti risalenti all’era bizantina, in un Paese in cui non esiste il catasto. L’operazione, mediata da tre consiglieri di Karamanlis, tra cui il suo portavoce, e siglata dalla moglie del ministro della Marina mercantile, avrebbe comportato una perdita per i contribuenti greci di 100 milioni di euro. E quello del monastero di Vatopedi è solo l’ultimo di una serie di scambi territoriali tra lo Stato e una chiesa più imprenditoriale che spirituale iniziati durante il governo Pasok e proseguiti con Nuova Democrazia, che ne avrebbe firmati almeno 240.
Una ristretta cerchia di milionari e una buona fetta della borghesia urbana ha tratto ampi vantaggi sia della tolleranza nazionale verso la corruzione, tradizionalmente intesa come lubrificante sociale, che dalla politica fiscale espansiva delle ultime due decadi. Il Pil è cresciuto a una media del 4 per cento negli ultimi dieci anni, mentre l’indebitamento è lievitato dal 30 per cento del Pil di 20 anni fa all’attuale 103 per cento. Ma siamo ormai al post sbornia. E la maggioranza della popolazione si ritrova intrappolata in un’economia quasi totalmente dipendente da turismo e agricoltura, in cui lo Stato è il principale datore di lavoro, con un numero di funzionari maggiore di quello della Francia (pur avendo un quinto della popolazione) che guadagnano in media due volte il salario degli impiegati del settore privato. "Alcune classi sociali hanno tratto vantaggio dallo sviluppo, altre hanno solo visto passare lo show dei nuovi ricchi davanti ai loro occhi", spiega Giampaolo Scarante, l’ambasciatore italiano ad Atene. Tra queste ultime, soprattutto i giovani: il 56 per cento dei lavoratori trentenni guadagna 750 euro al mese e il 25 per cento dei ragazzi tra i 19 e i 24 anni è disoccupato.
Con la crisi economica i problemi strutturali (dalla riforma pensionistica al rilancio del settore privato, passando per il ridimensionamento di quello pubblico e la liberalizzazione di quello energetico) sono diventati insostenibili. La gente lo ha capito. E a volere cambiare regime davvero è mezzo paese. Ma non sa bene come. La borghesia colta e i giovani della generazione 700 euro (l’equivalente dei nostri milleuristi, ma molto più ascoltati dai politici) sperano in George Papandreu, studi in Scandinavia e Usa, nipote del vecchio Andreas, colui che restituì alle vittime della dittatura vita politica. "George è una persona di capacità limitate e il suo partito non ha molto da offrire", taglia corto Verenis: "Ma la speranza è che si circondi di buoni ministri". Come Anna Diamantopolou, commissario europeo per gli affari sociali sotto Romano Prodi, il cui nome è pronunciato da tutti con grande rispetto.
C’è pure chi ha provato a fondare un partito nuovo: Stefanos Manos, politico di lungo corso. Senza successo. Voleva importare idee liberali in uno dei paesi più conservatori d’Europa. " sempre stato un passo avanti rispetto agli altri, ma non riesce a ispirare i Greci", dice di lui Orfanou: "Qui non esiste una vera cultura del libero mercato". E così i più anziani e gli irriducibili di destra che non se la sentono di puntare ancora per Karamanlis, ma non voterebbero mai per la sinistra, stanno riparando su Laos, un partito ultranazionalista, ortodosso e xenofobo, creato nove anni fa dall’imprenditore Georgios Karatzaferis, grazie al sostegno della sua emittente privata TeleAsty. Cavalca il risentimento contro gli immigrati, tipico di ogni crisi economica e acuito dal fatto che qui rappresentano una delle percentuali piu alte d’Europa.
E poi ci sono coloro che sono semplicemente contro tutti e tutto e che vedono nello Stato e nella polizia il nemico da abbattere, qualunque colore abbia. Li chiamano anarchici, studenti estremisti oppure ’perdenti’. A volte sono le stesse persone, altre volte no. Girovagano tra le vie di Exarhia, il quartiere alberato vicino al Politecnico di Atene, diventato il simbolo della Grecia oppressa nel 1973 quando i militari entrarono nell’università e sparano sugli studenti per reprimerne la rivolta. Protestano contro ogni tentativo di dare un volto moderno a un sistema universitario che produce per lo più disoccupati e parlamentari, in nome di un passato che da queste parti è piu presente che mai. Sono contrari all’ingresso della polizia nell’Università (vietato dalla Costituzione del 1974) per riportare qualsiasi tipo di ordine. Si oppongono alla riforma della scelta dei vertici universitari che ancora oggi affida a un manipolo di studenti il 40 per cento dei voti. Incendiano Atene se il governo tenta di applicare la normativa europea e riconoscere le università private. Certo, sono una minoranza. "Ma una minoranza vocifera che agisce come fosse la maggioranza", spiega la scrittrice Soti Triantafyllou, un caschetto biondo platino su un paio di vivaci occhi verdi: "La Grecia è indietro di trent’anni rispetto all’Europa in molti aspetti. E cosi siamo ancora affascinati dagli anarchici: anche i nostri movimenti sociali sono antiquati". Eppure oggi il centrosinistra ha una formidabile chance di svecchiare le illusioni una volta per sempre. Scollando il futuro della Grecia dai libri di storia.