Gianandrea Gaiani, Libero 19/09/2009, 19 settembre 2009
L’ESERCITO AFGANO VENTRE MOLLE DEGLI ALLEATI
La presenza militare italiana nella capitale afgana risale al 2002, quando iniziarono le operazione dell’International Security Assistance Force con 5.000 militari in gran parte europei (500 italiani) poi passati sotto il comando della Nato, ma è destinata a concludersi entro fine ottobre quando rientreranno in Italia i paracadutisti del l86° reggimento, ventesimo contingente italiano ad avvicendarsi a Kabul.
La sicurezza della città è da oltre un anno affidata alle forze afgane che qui schierano il meglio dei reparti di polizia e dell’esercito aggregati intorno alla "Divisione della Capitale". Questo non significa che nell’area urbana circolino solo militari e agenti afgani poiché ogni contingente alleato e ogni ambasciata o agenzia internazionale è responsabile della scorta dei propri convogli e del personale militare civile effettuati con truppe regolari (come nel caso del convoglio italiano attaccato mercoledì) o con contractors privati che proteggono ad esempio i diplomatici britannici e statunitensi o i funzionari dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie.
Intorno a Kabul
L’area circostante Kabul è assegnata invece al 201° Corpo d’armata afgano che dispone di un addestramento e un armamento insufficiente a contrastare le pressioni talebane che dal confine pachistano puntano a infiltrare in città armi, esplosivi e cellule terroristiche suicide. A proteggere gli accessi alla capitale dalle infiltrazioni dei miliziani provvedono in realtà i reparti alleati del Regional Command Capital a comando francese. Circa 6.000 militari alleati di una decina di contingenti schierati a presidio dell’aeroporto e con una brigata composta da truppe turche, francesi, norvegesi e, ancora per poco, italiane. L’unità ha il suo comando alla periferia est della città, sulla strada per Jalalabad, vicino alla base italiana di Camp Invicta, e schiera le sue truppe tra la valle del Mushai (assegnata agli italiani) la Valle dell’Uzbin e la provincia di Kapisa, aree molto calde dove sono dislocati i francesi. I paracadutisti italiani lasceranno Camp Invicta al contingente turco ma l’avamposto nella Valle del Mushai, in prima linea, verrà rilevato a ottobre da truppe americane.
Il ritiro italiano dall’area di Kabul ha un significato militare e politico poiché consentirà di schierare un altro battaglione nel settore occidentale, dove l’Italia ha il comando delle forze Nato, senza però aumentare il numero complessivo di militari dislocati in Afghanistan.
Il contingente italiano
Attualmente sono 3.300 i militari del contingente nazionale, 2.700 nell’Ovest e 600 a Kabul, inclusi i 400 rinforzi temporanei inviati per migliorare la sicurezza durante le elezioni e che verranno rimpatriati in ottobre. Con la riorganizzazione della dislocazione delle forze le truppe italiane si assesteranno in novembre a poco meno di 3.000 effettivi con 18 elicotteri, 2 aerei da combattimento, 3 da trasporto e 4 velivoli teleguidati Predator: tutti schierati a Herat e dintorni mentre a Kabul resterà solo lo staff di ufficiali e sottufficiali assegnati al quartier generale alleato. Entro l’anno è previsto anche l’arrivo a Herat di 4 cacciabombardieri AMX che sostituiranno i 2 Tornado.
Il grosso del contingente verrà fornito dalla brigata Sassari che avvicenderà i parà della Folgore in ottobre e resterà in Afghanistan fino al marzo dell’anno prossimo con i suoi due reggimenti di fanteria e uno di bersaglieri "prestato" dalla brigata Garibaldi. Non si possono però escludere rafforzamenti in truppe e mezzi nel 2010 anche perchè sono previste già in autunno richieste di rinforzi a tutti gli alleati da parte dei vertici della Nato.