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 2009  settembre 19 Sabato calendario

IL CULTO DI ZEMAN ARRIVA AL CINEMA


Campionato di serie B, 10 dicembre 1989. Il Foggia ha appena perso contro il Parma davanti ai suoi tifosi, e rischia di sprofondare definitivamente in zona retrocessione. Gli ultras di casa, inferociti, stringono d’assedio il Zaccheria: urlano, intonano cori minacciosi, vorrebbero regolare i conti di persona con calciatori e mister. I rossoneri, rifugiatisi negli spogliatoi, cominciano a infilare le uscite secondarie nella speranza di non essere notati da nessuno. una triste pantomima andata in scena un’infinità di volte sui campi di calcio del nostro paese: a ciascuno la sua parte.
Tuttavia, qualche minuto dopo, in modo assolutamente imprevedibile, all’uscita principale dello stadio si presenta un uomo. Zdenek Zeman, l’ancora semisconosciuto allenatore del Foggia: spalle strette in un trench bogartiano, sigaretta tra le labbra, raccoglie sputi e insulti senza battere ciglio. Alza infine lo sguardo di ghiaccio verso chi vorrebbe linciarlo, e zittisce tutti quanti sussurrando mollemente: «Non - pausa - sprecate - pausa - fiato». Pochi anni dopo, con una squadra di ragazzini il cui costo complessivo non supera le spese di pedicure di Van Basten, farà sognare un’intera città lottando per la Uefa nella massima serie.
 questo uno dei momenti più intensi rievocati da Zemanlandia, il bellissimo documentario di Giuseppe Sansonna che verrà presentato alla Casa del Cinema di Roma il prossimo 28 settembre alle 10.30. Si tratta di un appuntamento imperdibile per chi ama Zeman, per chi è convinto che prodigi e mostruosità del calcio siano uno specchio nemmeno tanto deformante del nostro paese, e per chi voglia la dimostrazione di come - ad avere idee forti e molta dedizione - un budget che non basterebbe a Tornatore per mezza inquadratura sia capace di affondare (artisticamente) molti pianisti sull’oceano.

Zemanlandia. Il documentario di Giuseppe Sansonna sulla leggendaria stagione rossoblù rigorosamente a zona. Storia di Zdenek, un allenatore anarchico, riservato e caustico, con l’eterna sigaretta accesa alla Bogart e di Pasquale Casillo, presidente imprenditore appena uscito da "Casinò" di Scorsese che confessa: «Però dì la verità, ci siamo divertiti un sacco». Il boemo non si fa attendere: «Ci siamo divertiti. Molto».

Miracolo produttivo a parte, Sansonna ha portato a segno almeno altre tre imprese: innanzitutto, è riuscito a riunire dopo quindici anni (intorno a un tavolo da tressette!) il Foggia del calcio totale: da Zeman, al boss del grano Pasquale Casillo che lasciò la presidenza della squadra dopo essere stato arrestato per associazione camorristica (l’assoluzione è arrivata nel 2007), al geniale direttore sportivo Peppino Pavone, al magazziniere, al viceallenatore di allora.
Quindi, messi gli ex compagni di avventura a proprio agio (è meraviglioso vedere il massaggiatore Dino Rabbaglietti che gioca a carte e si rivolge a Zeman chiamandolo "il muto" senza nessun timore reverenziale), Sansonna ha chiesto loro di raccontare quell’esperienza irripetibile scatenando un fiume in piena di aneddotica: dalla decisione di prendere il boemo per allenare il Foggia («lui allenava il Licata», dice il vulcanico Casillo, «e fu quando perse 4 a 1 contro di noi che pensai di assumerlo: loro stavano tre gol sotto, è vero, però alla fine della partita correvano il doppio»), agli allenamenti fatti per risparmiare tra i crateri di un oratorio («lui promesso campo vero, io sto ancora aspettando», dice Zeman punzecchiando Casillo), alle follie dei tifosi e delle tv locali, alla fine del ciclo dei Signori e dei Baiano (divertentissima la successione tra la scena d’epoca in cui Casillo tuona tutto incazzato contro i giornalisti «non venderò nessuno!» e il Casillo attuale che ricorda divertito «vendemmo tutti…»).
Ma è quando Sansonna mette faccia a faccia Zeman e il suo ex presidente che il documentario prende davvero il volo, sostenuto dall’impeccabile colonna sonora di Pippo Foglianese. Abbandonato il tavolo da gioco, seduti sul divano uno accanto all’altro in un’atmosfera da resa dei conti vagamente ispirata a C’era una volta in America, Casillo e Zeman giganteggiano dai lati opposti dei propri caratteri.
Il primo sembra uscito da Casinò di Scorsese - eccessivo, passionale, chiacchierone, abituato a maneggiare capitali giganteschi e forse anche a districarsi tra amicizie equivoche, si confessa ancora oggi totalmente sedotto da questo ieratico incorruttibile boemo di cui intuisce il genio senza mai tuttavia comprenderne il mistero fino in fondo, e infatti dice stupefatto: «Campava con ventimila al giorno: aveva bisogno giusto dei soldi per le sigarette», e poi confessa «ero come un marito geloso: quando seppi che lo voleva il Parma, piazzai per un mese un mio dipendente di fronte alla sede della squadra emiliana. Dovevo capire se Zeman mi tradiva…».
Poi si rivolge a Zeman nel tentativo di scuoterlo dal consueto aplomb, proprio come un ex amante che tenti di riguadagnare il terreno perduto: «Ti ho sempre rispettato, non è vero? Ti rispettavo perché avevo piena fiducia in te. Per esempio: mi sono mai azzardato a scendere negli spogliatoi?», e Zeman, alzando il labbro superiore verso un impercettibile sorriso, «Sei sceso. Molte volte», così Casillo esplode: «Certo: per portarvi i soldi! Per questo scendevo negli spogliatoi!» e quindi gli occhi gli si fanno inaspettatamente lucidi: «Però, dì la verità, ci siamo divertiti un sacco». E Zeman Eastwood, senza muovere un solo muscolo facciale: «Ci siamo divertiti. Molto».
Alla presentazione del 28, oltre al regista, ci saranno anche Zeman e Casillo. Particolare non irrilevante: il documentario è costato 20 mila euro, racimolati a fatica dopo il calcio in bocca ministeriale che ha negato il finanziamento pubblico. Il che purtoppo dimostra come Brunetta non sia sempre nel torto.