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 2009  settembre 29 Martedì calendario

L’HARRY POTTER DEL PHISIQUE DU ROLE DEL COLPEVOLE


La bicicletta nera che aveva incuriosito quella mattina la vicina di casa di Chiara, non l’hanno mai trovata. Come l’arma del delitto. I vestiti insanguinati di chi ha ucciso forse senza nemmeno volerlo davvero. O uno straccio di movente contro Alberto Stasi, l’unico presunto colpevole di questa storia che si è avvitata per due anni e passa senza fare un passo, con l’altissima probabilità che torni al punto di partenza. Se si potesse cancellare come in un film, tutti gli errori e gli orrori commessi in queste improbabilissime indagini bisognerebbe ripartire dalla sera del 13 agosto 2007, il lunedì in cui qualcuno che non è Alberto Stasi gli ha ammazzato la fidanzata. Bisognerebbe schiacciare il tasto «erase» - uno immaginario, non quello del computer di Alberto, quello lo hanno premuto veramente perdendo solo tempo prezioso - dal momento in cui uno degli investigatori che stava interrogando il fidanzato, presunto colpevole in quanto tale, disse: «Ci manca solo la sua confessione ed è fatta».
Sono passati due anni. Alberto Stasi non ha mai confessato perché non aveva nulla da confessare. Oggi che anche l’ultimo dei periti gli ha dato ragione, ha solo detto: «Sono abbastanza contento». Parole misurate. Quelle di sempre. Un’aggravante per i colpevolisti che cercavano di guardare dietro i suoi occhialini alla Harry Potter, trovando solo un paio di occhi azzurri che inevitabilmente diventavano «di ghiaccio». E invece Alberto Stasi, nella sua stanza con le foto di aerei militari e di Chiara, le sue uniche due passioni, il dolore se lo viveva tutto da solo. Da solo andava al cimitero quando anche i famigliari di Chiara avevano iniziato a sospettare di lui. A lei solo, dedicava la sua tesi di laurea a cui stava lavorando in quei giorni. A lei solo - «Posso avere uno dei pupazzi di peluche che le avevo regalato», aveva chiesto agli agenti - pensava Alberto in quelle quattro notti passate in carcere a Vigevano. Infilato a forza dal pubblico ministero che chiederà una condanna a 30 anni per lui: «E’ un uomo crudele e bugiardo». Scarcerato da un giudice «perché non ci sono prove per giustificare un arresto». Nell’assoluto silenzio di un procuratore capo che ancora ieri diceva: «Non ho commenti da fare».
Un po’ poco dopo due anni. Decisamente troppo facile uscirne così, in questa storia dove molti hanno cercato di infilarsi a forza o meno. Dalle gemelle che per un minuto di celebrità inventarono un fotomontaggio con la cugina morta da poco. Ai superinvestigatori scientifici che erano sicuri di avere trovato la prova provata contro Alberto in quella scena del delitto dove oltre alle impronte dell’assassino c’erano milioni di peli di un gatto, il gatto di Chiara, chiuso in casa per tre giorni. E poi le numerose impronte degli investigatori che avevano calpestato il sangue. Lasciando tacchi femminili o strisciate per poco professionali scivoloni.
Uno scempio. Uno tra i tanti. Nemmeno Chiara venne rispettata dopo morta. Dovettero riesumare il suo corpo perché si erano dimenticati di prenderle le impronte digitali. Però gli investigatori diranno che a casa di Chiara avevano trovato molte impronte di Alberto. «E’ una prova», dicevano. Era solo un fatto. Lui in quella villetta era di casa. C’era stato anche la sera prima, avevano mangiato la pizza insieme, poi lui si era messo al computer e lei davanti alla tv. C’era tornato il giorno dopo a scoprire il cadavere quando lei non rispondeva al telefono. Lo accuseranno anche di essere scappato e di non averla soccorsa. Come se essere coraggiosi fosse una prova di innocenza. Così come lo accuseranno per quei filmati pornografici - decine, centinaia, migliaia, un giorno ce lo diranno - che gli troveranno nel computer insieme alla tesi. Un brutto vizio di sicuro. Comune a migliaia di ragazzi «smanettoni» del computer, che fanno a gara a violare siti proibiti. Comunque ininfluente in questo omicidio senza un movente plausibile, l’arma del delitto, un ventaglio qualsiasi di sospetti da vagliare. E non solo questo ragazzino da triturare perché in certe foto, in certi primissimi piani dei suoi occhi, sembrava avere le physique du role dell’assassino. Adesso qualcuno sostiene già, che potrebbe trattarsi di un colpevole così perfetto da farla franca. E invece qualcuno potrebbe iniziare anche a chiedergli scusa. E altre scuse se le aspettano i genitori di Chiara, illusi dall’aver trovato un presunto colpevole troppo a portata di mano.