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 2009  settembre 29 Martedì calendario

«LA MODA COME LE FESTE DEL PREMIER» L’ATTACCO ALLE SFILATE DI FT E HERALD


MILANO – stato un po’ come aprire gli occhi il mattino e, ancora al buio, ricevere un ceffone. Così. Senza un sostanziale perché. Secondo alcu­ni giornali stranieri, la moda italiana e gli abiti visti sulle passerelle milane­si di questi giorni sarebbero stati in­fluenzati dalle vicende legate al pre­mier, leggasi escort e feste chiacchie­rate.

Non si ricordano attacchi così fero­ci e strani nel fashion system associa­to alla politica. Scriveva ieri il Finan­cial Times : «L’influenza di Silvio Ber­lusconi si è sentita nel mondo della moda. Non si sa se consciamente o no, l’estate di sesso (scandalo) del pri­mo ministro italiano è filtrato nell’im­maginazione degli stilisti e da lì sulle passerelle».

Rincarava la dose l’Herald Tribu­ne , con l’articolo dal titolo «Date la colpa a Berlusconi», a firma della te­mutissima critica Suzy Menkes: «In questa città ci sono abbastanza abiti piccanti, audaci e sexy per vestire uno dei famigerati festini del presi­dente Silvio Berlusconi». Poi la consi­derazione e le critiche sempre più for­ti, del tipo «Viva la bonazza sembre­rebbe essere il grido di battaglia di questa stagione di moda per l’estate 2010».

A seguire, nomi e cognomi: la gior­nalista cita Giorgio Armani e la sua Emporio («Sembrano – gli abiti – un guardaroba destinato al genere di festino a cui le brave ragazze non par­tecipano »), Pucci («vestiti estivi per una fuga tra sole, sesso, mare e sab­bia ») e Bottega Veneta («era il caso di inserire abiti trasparenti?»). Chiama­te in causa, le tre griffe fanno sapere di non aver assolutamente intenzio­ne di rispondere. Neppure di fronte all’ironia pesante: «Berlusconi do­vrebbe insignire Armani di un’altra onorificenza di Stato per il suo nobile tentativo di adeguarsi alla tendenza festaiola del Presidente». No com­ment.

Ma non tutti. Donatella Versace, per esempio, preferisce schierarsi e difendere la moda italiana: «Non cre­do che Berlusconi ci influenzi... non arriva fin là. Sulle passerelle di questi giorni non ho visto nulla di volgare». Poi Mario Boselli, presidente della Camera della moda, più sconcertato che indignato, più arrabbiato che of­feso: «Il mondo ci invidia perché sia­mo ancora numero uno nella moda. Per questo i giornali inglesi e america­ni, ciclicamente, sferrano colpi bas­si ».

Di gelosia e invidie parlano anche Laura Biagiotti e Angelo Marani, tra­volti ieri, giorno delle loro sfilate, dal ciclone di richiesta di commenti: «Da sempre tentano di screditarci ma la nostra artigianalità e le nostre tradi­zioni non sono messe in discussione. E sullo stile, non dovremmo essere noi a dirlo perché lo facciamo, ma cre­do che mai stagione sia stata più so­bria ». Tutti concordi con il sostenere la libertà di critica ma non di offesa. Cristina Tardito, stilista di Kristina Ti, trova le considerazioni fuori luo­go perché «né si è vista moda volga­re, né tantomeno noi stilisti ci ispiria­mo alle vicende politiche e personali di alcuno. Sicuramente in una situa­zione come questa dovremmo essere uniti e fare sistema».

Il più tagliente di tutti è Beppe Mo­denese, storica guida della Camera della moda, ora presidente onorario. Lui entra nel merito «tecnico» della faccenda dall’alto dei suoi quasi cin­quant’anni trascorsi tra i vestiti: «La moda di Milano non era volgare, era solo molto giovane. Una cosa, que­sta, che le persone giovani capiscono e quelle... meno giovani no!». Chiu­dendo: «Vestiti sì, politica no. Il com­mento era gratuito».