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 2009  settembre 29 Martedì calendario

RIZZOLI JR MUOVE SU RCS. MARCHETTI: MOLTO TURBATO

«Potete immaginare tutto il mio turbamento nel leggere l’atto di citazione in cui oggi, a trent’anni di distanza, si chiede di dichiarare la nullità dei passaggi che portarono ai nuovi assetti del Corriere della Sera». lo sfogo del presidente del gruppo Rcs , Piergaetano Marchetti, durante un incontro ieri mattina alla Bocconi in memoria di Giorgio Ambrosoli e Paolo Baffi, in cui sono stati ripercorsi gli anni bui della storia recente italiana. Nella causa di cui ha parlato Marchetti, Angelo Rizzoli chiede la restituzione minima «per equivalente» di una cifra compresa tra 650 e 724 milioni di euro, oltre al risarcimento del danno, patrimoniale e non. L’atto è stato notificato agli eredi giuridici di quell’operazione (Intesa San Paolo spa, Rcs Mediagroup spa, Edison spa, Mittel spa, e l’imprenditore Giovanni Arvedi), una citazione che chiede l’annullamento degli atti e delle operazioni che, tra il 1977 e la metà degli anni ’80, sfilarono la testata di via Solferino al controllo della famiglia.
Nel contenzioso – prima udienza il prossimo 20 gennaio, tribunale di Milano – Rizzoli ripercorre la sua scalata al Corsera,dall’assemblaggio delle quote rilevate dai Moratti e dai Crespi (1974) e poi dal gruppo Fiat, fino alle difficoltà al momento di pagare proprio la quota della società torinese, nell’estate del 1977. Rizzoli sostiene che sugli atti compiuti a partire da quel momento, dal finanziamento del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (20 miliardi per saldare l’operazione con Fiat) e fino all’aumento di capitale del 1981 orchestrato dal Nuovo Banco Ambrosiano, graverebbe una nullità non sanabile. Nullità che, a rigor di codice, dovrebbe riportare il controllo della Rcs nelle mani dell’ex proprietario (oggi affermato produttore tv), una soluzione però liquidata a distanza di cinque lustri come «impossibile » dagli stessi legali di parte, e quindi riproposta nella forma di una «restituzione per equivalente».
Il problema, secondo i legali di Rizzoli, è nel patto commissorio occulto messo in atto dai creditori, comportamento vietato dal codice civile (art.2744): chi vanta un credito non può appropriarsi della cosa del debitore, anche se c’è l’accordo tra le parti,e anche se il patto viene dissimulato con una vendita in garanzia.
In sostanza sul debito di 20 miliardi di lire (erogato dall’Ambrosiano per saldare la quota Fiat) sarebbe stato formato dapprima un pegno sull’80% di quote Rizzoli Editore, quindi sarebbe seguita l’acquisizione attraverso una controllata (La Centrale) del 40% della proprietà, con permanenza del pegno su una parte uguale.
L’altro versante delle azioni Rizzoli (all’epoca il 50,2% della proprietà) seguì un percorso diverso ”sempre stando allaricostruzione dei legali del produttore tv – ma con esito identico. Esito che tra l’altro s’intreccia con le ripetute disavventure in cui incappò Rizzoli nei primi anni ’80, da un’ipotesi di bancarotta fraudolenta ad altre di esportazione illecita di capitali (tutte poi concluse con proscioglimento): secondo Rizzoli, si trattò in realtà di manovre ordite per costringerlo a rinunciare ad esercitare i suoi diritti nella partita per il controllo del Corsera.
Comunque vada a finire la disputa giudiziaria, è escluso che il tribunale interferirà nell’assetto proprietario attuale di Rcs Mediagroup: «La riorganizzazione e ogni altra operazione attuata in questi 25 anni – scrivono i legali – rende oggi impossibile individuare le azioni possedute un tempo da Angelo Rizzoli».