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 2009  settembre 29 Martedì calendario

Se la stampa straniera vede il premier anche in passerella - Dov’è finito il cuore dell’ele­ganza nazionale? Che fine ha fatto il modello di donna raffinata con l’etichetta del Made in Italy? Miseramen­te sacrificati al mito d’una «bonazza» di­sinvolta, sfacciata, con spiccata tenden­za al volgare

Se la stampa straniera vede il premier anche in passerella - Dov’è finito il cuore dell’ele­ganza nazionale? Che fine ha fatto il modello di donna raffinata con l’etichetta del Made in Italy? Miseramen­te sacrificati al mito d’una «bonazza» di­sinvolta, sfacciata, con spiccata tenden­za al volgare. E chissà a che cos’altro. L’abito non fa (soltanto) il monaco. Scopriamo da autorevoli quotidiani an­glosassoni che soprattutto in Italia l’abi­to fa la peccatrice. Secondo Herald Tribune e Financial Times , le ultime passerelle milanesi sa­rebbero un portfolio vivente di attricet­te maliziose, veline assatanate e natural­mente di escort, visto che si citano certi «famigerati festini». Sulla libertà di interpretazione e di critica c’è ben poco da dire: più che le­gittima. Anche se molti osservatori, al contrario, hanno caso mai addebitato a queste collezioni spizzichi di noia più che un’overdose di sensualità. Ma que­sto è il bello dell’opinabile. Ci sarebbe pure da ricordare che, giu­sto due anni fa, il New York Times tito­lava «Per la moda italiana è il tempo del­le zoccole» e giù una casistica di mise italiane da bordello. Peraltro così amate (e comprate) dalle signore americane. Ma la vera perplessità sta nel titolo dell’ Herald : «Date la colpa a Berlusco­ni ». Dunque le (poche) volgarità viste in passerella sarebbero da mettere sul suo conto. Anche se ai tempi, quando un po’ di nudo è comparso sulla passe­rella di New York, nessuno ha titolato «Date la colpa a Clinton». A voler vedere, archiviata la dimen­sione hot, questa libera associazione sti­listico- governativa potrebbe continuare all’infinito. Che cosa dire, per esempio, del vestito rosso e nero, dunque chiara­mente milanista, di Dolce e Gabbana? Fa anche quello parte della volgarità ber­lusconiana, visto come sta andando la squadra? E la collezione da amazzone di Frankie Morello va forse letta come un omaggio al famoso, discusso stalliere di Arcore? Che il premier abbia punti do­lenti non ci piove. Però farne anche il «grande vecchio» delle brigate stilisti­che italiane, forse è eccessivo.