Lucia Esposito, Libero 29/09/2009, 29 settembre 2009
I DOPPI STIPENDI DEI GIUDICI ANTI-SPRECHI
Hanno un compito improbo: fermare l’emorragia di soldi, spaccare gli euro in quattro per far quadrare i conti disastrati degli enti pubblici. Sono i giudici della Corte dei Conti, i bacchettatori degli spreconi che con le loro sentenze alzano argini contro le spese folli e le consulenze inutili. Il loro infinito di riferimento non è ”resistere” ma ”tagliare, tagliare, tagliare”. Le dodici fatiche di Ercole furono una passeggiata rispetto alla loro lotta quotidiana contro il mostro tentacolare dello sperpero che s’insinua negli enti pubblici, prolifera sulle scrivanie dei dirigenti e ingrassa come un vitello ingurgitando denaro pubblico.
Nonostante la mole di lavoro, alcuni giudici della Corte dei Conti (sono 523, secondo l’ultima relazione) trovano il tempo per sedersi su altre poltrone, controllare i conti di altri enti, insegnare, esprimere pareri. Talvolta, per conto degli stessi enti contro cui sollevano l’indice accusatore. Precisiamo: non è reato assumere incarichi extragiudiziari, sono tutte occupazioni autorizzate e molte vengono svolte a titolo gratuito (alcuni incarichi, poi, non sono sollecitati dai magistrati ma vengono loro conferiti per legge). Nell’elenco però ci sono anche impegni per cui i giudici ricevono compensi non proprio esigui. E ci sono quei magistrati a cui non bastano due poltrone e accettano di impegnarsi anche su altri fronti arrotondando lo stipendio (in medio è di 156.149 euro compreso indennità, straordinari e tredicesima).
Basta spulciare il sito della Corte dei Conti per imbattersi nell’elenco lungo dieci pagine degli incarichi svolti nei primi sei mesi del 2009 con l’indicazione dell’ente per cui prestano la loro opera, la natura dell’incarico, l’importo già percepito e quello ”annuo presunto o previsto”. Molte Università si avvalgono della collaborazione di giudici contabili a cui conferiscono soprattutto un posto nel collegio dei revisori (anche qui controllano i conti), in altri Atenei invece salgono in cattedra come professori a contratto, esperti, consulenti. C’è chi insegna all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e chi invece fa parte della commissione tributaria della Regione Sicilia, chi è nel ”comitato precontenzioso” dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e chi fa parte del collegio arbitrale dell’Anas.
Contro i tutti i magistrati è partito l’attacco del ministro Renato Brunetta che chiede l’introduzione del badge perché, ha detto, «se si va in un qualsiasi tribunale si trova il caos e dopo le 14 non c’è più nessuno». Il ministro anti-fannulloni ha poi aggiunto che i magistrati «sono servitori dello Stato come tutti gli altri, solo che forse si sono montati un po’ la testa», infine si è scagliato contro l’Anm, l’associazione che li rappresenta definendola «un mostro».