Carlo Panella, Libero 29/09/2009, 29 settembre 2009
MENO TASSE E PIU’ NUCLEARE LA RICETTA VINCENTE DI ANGELA
Meno tasse, meno Stato, più mercato, meno Europa dei burocrati, più nucleare più solidarietà agli Usa, meno inciuci con Mosca, più laicità: questo il messaggio forte e chiaro che gli elettori hanno inviato a Angela Merkel nel momento stesso in cui ne hanno decretato il trionfo. Trionfo tutto personale della kanzlerin, perché ha vinto, stravinto, lei con la sua proposta di Kleine Koalition tra democristiani e liberali, ma il suo partito, la Cdu-Csu, scendendo al 33,8%, il peggior risultato da decenni, ha perso molti voti, tutti travasati però sul Fdp che ha raggiunto un vertiginoso 14,7%. E proprio qui, nella evidente relazione tra il risultato straordinario dei liberali di Guido Westerwelle, e il tracollo della Spd, sta il messaggio chiaro che l’elettorato tedesco ha voluto inviare. La Merkel deve avere più coraggio nel attuare la riduzione delle tasse che pure auspicava, ma che la logica dell’alleanza con la Spd le inibiva, deve fluidificare ancora di più le regole del mercato, deve recuperare quella piena solidarietà atlantica con gli Usa che nel 2003 Gerhard Schroeder (tanto filomoscovita da lavorare oggi per la Gazprom) aveva incrinato per la prima volta dal 1945, deve ribellarsi con maggior vigore alle eccessive ingerenze dell’Unione Europea, deve avere più coraggio sul terreno dei diritti civili (Guido Westerwelle, è gay dichiarato).
Questo messaggio è di grande interesse per tutta Europa, e in particolare per l’Italia, che ha il quadro politico più simile alla Germania (fatte salve le ovvie differenze di storia e tradizione) tra tutti i grandi paesi continentali. Soprattutto per due versanti: la richiesta di rispondere alla crisi non con un keynesismo esasperato (investimenti in infrastrutture e ritorno della centralità dello Stato nell’economia), ma con la fiducia che un calo netto dell’imposizione fiscale alle imprese e alle famiglie, si trasformerà in poco tempo in un formidabile strumento per la ripresa della domanda e quindi della produzione industriale e del Pil. Secondo segnale interessante del voto tedesco, è la sfiducia crescente nei confronti non dell’Europa, ma di Bruxelles, delle imposizioni burocratiche e cieche dei suoi regolamenti e dello strapotere degli euroburocrati. Insomma: un voto a favore dell’Europa delle nazioni e non dell’Europa unita. L’asse Merkel-Sarkozy-Berlusconi ne esce dunque molto rafforzato sul piano continentale, mentre Francia e Italia saranno costrette a confrontarsi con una politica di riduzioni fiscali – sinora rinviata nel nostro paese, nonostante le promesse per ragioni di debito pubblico – di cui sarà interessante verificare gli effetti.
Se è molto stimolante per i governi europei di centro, il voto tedesco è invece più che allarmante, addirittura disastroso per i governi e i partiti della sinistra. Di nuovo, per due ragioni: la prima è il livello bassissimo della Spd. Il 23% circa dei suffragi, meno 12% in quattro anni, testimoniano infatti ben più che il fallimento della leadership scialba di Steinmeier e Muenterfering, ma mette in gioco la vita stessa del partito. la conferma di una sindrome preagonica comune a tutta la sinistra europea, che colloca attorno al 25% la Spd, il Ps francese, il Pd italiano e il Labour inglese a testimonianza di una crescente marginalità della loro proposta politica. Il tutto, accompagnato dall’altro grande male della sinistra europea, la litigiosità fratricida e il dogmatismo, enfatizzati dal 12,5% dei voti alla Linke di Oskar Lafontaine che capitalizza gli effetti della svolta antiamericana di Schroeder (se si opta per un antiamericanismo duro e puro, come lui fece, è ben più credibile un movimento di ex comunisti) e esalta all’ennesima potenza, la pratica italiota di una sinistra che si lacera essenzialmente sulla base di odi interpersonali. Unico segnale buono, a sinistra, è la eccellente tenuta dei Verdi col 10,5%, ma anche qui, il motivo è di allarme (soprattutto per la sinistra italiana): in Germania i Gruenen, sono molto più di centro, che di sinistra.