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 2009  settembre 28 Lunedì calendario

MOCTEZUMA, RIVINCITA DEL RE FANTOCCIO


Mexico-Tenochtitlan, giugno 1520: è uno dei momenti chiave della conquista del Messico. Gli spagnoli, circa 1500 uomini, sono assediati nel centro cerimoniale della città. Avendo preso in ostaggio l’imperatore Moctezuma e parecchi esponenti dei lignaggi reali, per oltre sette mesi sono riusciti a esercitare una specie di protettorato sull’impero azteco. Gli aztechi per oltre sette mesi hanno sopportato i soprusi dei conquistadores, sono stati bloccati dalle divisioni interne, che fin da prima dell’arrivo degli Spagnoli opponevano Moctezuma alla casta sacerdotale, e dal fatto che l’imperatore stesso sembrava stare al gioco. E se l’imperatore sta al gioco per l’esercito e per il popolo è impensabile prendere una qualsiasi iniziativa, dato che colui che si trova al vertice dello Stato è il garante dell’equilibrio cosmico. Ma dopo il massacro del Toxcatl, nel quale i soldati di Alvarado hanno ucciso il fior fiore dei guerrieri mexica che celebravano, disarmati, la festa di Huitzilopochtli, nulla può fermare la rivolta degli aztechi.
Cortés è potuto rientrare in città per unirsi ad Alvarado, ma tutti i conquistadores si trovano ora accerchiati nel cuore della città, senza la possibilità di ricevere rifornimenti. Lo spagnolo gioca la carta della disperazione e chiede a Moctezuma di parlare ai sudditi per convincerli a tornare alla sottomissione dei mesi precedenti. L’imperatore viene portato su una terrazza per parlare al popolo, ma non può nemmeno iniziare il discorso perché la folla comincia a lanciargli di tutto. Colpito alla testa da una pietra, Moctezuma muore tre giorni dopo, il 30 giugno 1520.
Questa la sintesi di uno dei momenti topici della Conquista, che non solo presenta una sospetta convergenza tra il punto di vista dei vinti e quello dei vincitori, ma che, addirittura, vede le fonti azteche dare di Moctezuma un giudizio molto più duro di quelle spagnole. Infatti, mentre queste ultime si limitano a presentarlo prima come un re debole e irresoluto e poi come un re fantoccio, le prime lo dipingono come un vigliacco, a cui non si risparmia, alla fine, nemmeno l’insulto più vergognoso di una società guerriera e maschilista: «puttano», «donna degli spagnoli». Date queste premesse, non stupisce che all’interno del trauma della Conquista, evento fondante dell’identità nazionale del Messico moderno, pesi la vergogna che il sovrano dell’apogeo dell’impero azteco si sia rivelato, alla prova dei fatti, un codardo e un traditore. Il che spiega perché a Città del Messico, di fronte a tanti monumenti che esaltano le gesta dei suoi due successori - Cuitlahuac e Cuauhtemoc, i protagonisti della resistenza contro gli Spagnoli -, Moctezuma non sia celebrato nemmeno da una targa.
Tuttavia, oggi, il pendolo della storia sembra essersi spostato dalla sua parte e anche per lui è arrivato il momento della riabilitazione. A dire il vero, il primo passo era stato fatto nel lontano 1958 da Eulalia Guzmán, che aveva dimostrato l’assoluta inconsistenza delle fonti spagnole nel quadro di ficcionalización della storia che caratterizza tutte le cronache del tempo, poi nel 1994 Michel Graulich aveva mostrato che Moctezuma, proprio come Luigi XIV, voleva creare uno Stato assoluto e superare le strutture collegiali che fino ad allora avevano caratterizzato l’impero. Quindi nel 2002 chi scrive ha mostrato che anche la cosiddetta visione dei vinti riprende le invenzioni di Cortés. Oggi, infine, questo filone revisionista viene rilanciato dalla mostra «Moctezuma. Aztec Ruler», aperta fino al 24 gennaio al British Museum di Londra.
L’obiettivo è quello di presentare e rivisitare la figura del sovrano azteco. «Noi - ci ha spiegato il curatore dell’esposizione, Colin McEwan - abbiamo voluto ricostruire la biografia di Moctezuma per usarla come filo conduttore della mostra. In primo luogo abbiamo messo in evidenza il fatto che, prendendo come suo nome personale il glifo stesso della sovranità, egli forgiò una nuova concezione della figura dell’imperatore. Poi abbiamo mostrato come abbia consolidato l’autorità imperiale costruendo un nuovo palazzo e commissionando una serie di grandi monumenti che portavano il suo nome. Infine siamo partiti dal suo caso per chiederci se Moctezuma potrebbe in modo imprevisto riscattarsi dal disonore e rivendicare le orgogliose tradizioni del suo popolo ed essere così veramente vendicato».
Per la mostra il Messico, paese generalmente generoso in fatto di prestiti e sensibilissimo a un tema come questo, non ha esitato a inviare a Londra molti dei più importanti capolavori di arte azteca, che in alcuni casi non erano mai uscita dal paese: dal Teocalli de la Guerra Sagrada alla Pietra della Consacrazione, alla celeberrima testa del Guerriero aquila. Questi reperti, unendosi agli strepitosi pezzi del British Museum e di altri musei europei, creano un percorso che attraverso 131 oggetti, alternando sculture di pietra, maschere a mosaico di turchese, ventagli e scudi di penne, terrecotte rituali, gioielli d’oro e codici illustrati, prima presenta la collocazione dell’imperatore nell’ambito del lignaggio reale di Mexico-Tenochtitlan, poi passa a esaminare il suo ruolo come sovrano, per concludersi con la Conquista e con una breve nota sugli scavi attualmente in corso a Città del Messico. Qui, a due passi dal suo palazzo, si spera di scoprire la tomba del suo predecessore Ahuitzotl. Chissà se Moctezuma, che lo disprezzava profondamente (appena incoronato aveva cacciato tutti i suoi funzionari e aveva ribaltato la sua politica interna), sarebbe contento di questa conclusione.