Francesco Semprini, La stampa 28/09/2009, 28 settembre 2009
NASCITA DI UN UOMO D’ONORE
Il battesimo di John A. Junior Gotti come «uomo d’onore» della famiglia Gambino coincide con la data di nascita di Gesù Cristo. Non è chiaro se la scelta del giorno da parte di Cosa Nostra per l’iniziazione del figlio del boss italo-americano sia stata casuale o voluta, ma ciò che è certo è che quella di Junior fu una cerimonia in perfetto stile mafioso.
A raccontarla è la sorella Victoria, anche lei figlia di John Senior, superboss degli anni Settanta e Ottanta, nel libro «The family of Mine», (La mia famiglia), edito da Simon E Schuster la cui pubblicazione nelle edicole americane è prevista per la prossima settimana. «Per mio fratello fu il giorno più importante della sua vita - ricorda Victoria - era l’uomo più felice della terra». Tutto avvenne nel tardo pomeriggio del 24 dicembre del 1988, in un appartamentino al secondo piano di Mulberry Street, la principale strada della Little Italy di Manhattan, la roccaforte irriducibile tricolore, l’unica che la comunità cinese non ha fagocitato nella tentacolare China Town.
Re Artù
«In quella stanzetta mi è subito venuto in mente il racconto di re Artù e dei Cavalieri della Tavola rotonda», spiegò Junior alla sorella tempo dopo. L’atmosfera era quella dei riti sacri, delle iniziazioni solenni: ad attenderlo nel piccolo locale scarsamente illuminato c’erano dieci uomini d’onore della famiglia Gambino, fasciati nei gessati, sopra le camice con colletti e polsini bianchi, le scarpe lustrate. Tra loro il vice-boss, Salvatore (Sammy Bull) Gravano e il consigliere della famiglia, Frank (Frankie Loc) Locascio. Il padre, John Senior, non c’era: per scaramanzia e per evitare atmosfera da nepotismo. Anche Junior si era tirato a lucido, con un completo nuovo di zecca e la sua cravatta rossa porta fortuna. Gli fu data l’immagine di un Santo, macchiata al lato da una goccia di sangue del padre John senior, probabilmente quella usata per l’iniziazione del boss. Gli diede fuoco tenendola in mano e recitando una frase di rito con la quale giurava che avrebbe bruciato come quel santino se avesse tradito i suoi fratelli.
L’abbraccio
Dopo la cerimonia Junior andò a trovare il padre, al Ravenite Social Club, un circolo frequentato da affiliati e che il boss usava come quartier generale. I due si abbracciarono e da quel momento iniziò la carriera del ragazzo nella famiglia Gambino. «Era come nobilitarsi» scrive Victoria, spiegando che nonostante non condivida i delitti compiuti dagli uomini d’onore, insiste sul fatto che i boss siciliani meritano rispetto in confronto a tanti altri ipocriti dei nostri tempi come «politici corrotti, preti pervertiti e poliziotti disonesti». In «The family of Mine», la figlia più piccola del boss ribadisce che non c’è differenza tra pagare le tasse per finanziare la polizia e pagare un boss per avere protezione. In ogni caso l’esperienza del fratello Junior con la mafia non è stata longeva visto che solo tre anni dopo nel 1991, John A. iniziò a sentire un senso di repulsione a causa dell’omicidio del suo miglior amico Bobby Boriello da parte dei sicari della famiglia.
La fine
«Fu l’inizio della fine del coinvolgimento di John», racconta Victoria che ripercorre a tratti la sua infanzia fuori dagli schemi, con un padre duro ma adorato dai suoi figli. Una volta, quando una gang rivale aggredì il figlio con i bastoni, John Senior ne stese tre costringendo gli altri a implorare il perdono. Poi costrinse il figlio ad affrontare gli aggressori per riguadagnare l’onore. Victoria ritrae il padre come un uomo potente che si era guadagnato fama e rispetto con le sue mani, ma che non si è mai macchiato di un omicidio, nemmeno quello del suo predecessore Paul Castellano o dell’uomo che aveva ucciso il figlio Frank di 12 anni in un incidente stradale. Solo la malattia lo ha fermato nel 2002, a distanza di dieci anni dalla valanga di condanne avute per una lunga serie di crimini tra cui 13 omicidi.
Per Junior le cose sono andate diversamente: dopo aver negato per anni la sua affiliazione, di recente ha raccontato di averla fatta finita con quella vita nel 1999. Oggi affronta il suo quarto processo per associazione a delinquere di stampo mafioso.