Fabio Pozzo, La Stampa 27/9/2009, 27 settembre 2009
MAURIZIO TROPEANO
TORINO
Si potrebbe definire il G20 della frutta. Dal 7 al 9 ottobre a Cesena si svolgerà all’interno di Macfrut un summit internazionale per «cercare di far emergere nuovi modi di assunzione della frutta», spiega Domenico Scarpellini, presidente di Cesena Fiere.
Per evitare che la contrazione dei consumi e la forte concorrenza deprimano il settore, soprattutto quello della melicoltura, nel corso della rassegna internazionale saranno presentate le «barrette alla mela da consumare in ogni momento della giornata e la frutta da bere, ovvero i frullati tal quali», prosegue Scarpellini.
Cesena sarà l’occasione per capire se queste innovazioni saranno in grado di dare nuove opportunità di crescita ad una produzione europea sostanzialmente stabile nel corso degli anni: nei 27 paesi dell’Ue nel 2005 si producevano 10.687 mila tonnellate di frutta e le previsioni per il 2009 parlano di 10.753. Anche la produzione italiana di mele è pressoché uguale negli ultimi due anni, (1.941.483 tonnellate contro 1.942.000) anche se si registra un forte incremento delle giacenze che passa dalle 100 mila tonnellate del 2007 alle 152.000 del 2008. «Prezzi bassi e crisi di import nei Paesi dell’Est hanno fatto preferire di tenere invendute quantità rilevanti», spiega Scarpellini.
E poi resta da capire come affrontare il problema della concorrenza estera. Nei giorni scorsi a Mosca Macfrut ha presentato un marchio collettivo per la commercializzazione delle mele (e derivati) del Trentino Alto Adige nei mercati emergenti.
Luca Granata, direttore generale di Melinda, il consorzio che produce mele dop, spiega: «La crisi può essere un’opportunità soprattutto se i produttori invece di farsi concorrenza tra di loro inizino a pensare strategie per fare alleanze perché solo così si riesce a superare la frammentazione dell’offerta di fronte ad una domanda sempre più concentrata».
La produzione dei 5.200 agricoltori raggruppati nel consorzio Melinda rappresenta solo lo 0,3% della produzione europea e di «fronte a questi numeri credo che si dovrebbe iniziare a pensare che gli altri produttori non sono concorrenti ma potenziali alleati». Strada tutta in salita anche se, per Scarpellini, il marchio collettivo voluto dai produttori trentini «è un esempio di aggregazione del settore che tutto il comparto ortofrutticolo dovrebbe seguire per ridare slancio all’export di frutta ed ortaggi made in Italy». «L’idea di far nascere una mela a marchio e di certificare l’origine e la produzione è della fine degli anni Ottanta per proteggere il prodotto del territorio e garantire la sicurezza dei consumatori». Luca Granata, manager del consorzio Melinda, spiega così la scelta di 16 cooperative avvenuta nel 1989. Scelta vincente: nel 2003 per le Golden, Red Delicious e Renetta arriva la Dop. Nel 2008 il consorzio ha prodotto 310 mila tonnellate di mele. Non sono convinta che nel prossimo futuro vedremo diffusa la coltivazione di Ogm in Europa. Ma dobbiamo assicurare che arrivi una quantità sufficiente di mangimi animali - soia e mais - nell’Ue. Altrimenti si rischia di rendere la vita troppo costosa per i nostri allevatori, con il rischio che gran parte della produzione di carne si trasferisca al di fuori dell’Unione». Il tema degli Ogm è delicato, ma Mariann Fischer Boel, il commissario Ue per l’Agricoltura, in Sardegna per un vertice organizzato da Confagri, non si tira indietro.
Fermiamoci agli Ogm. Non pensa che l’accresciuta concorrenza internazionale potrà portare alcuni Stati membri a rivedere le loro posizioni sul tema?
«Sono convinta della necessità di accelerare il nostro procedimento per l’approvazione dell’importazione di Ogm da utilizzare nei mangimi per animali, senza per altro indebolire in alcun modo il nostro sistema di esame scientifico, di etichettatura e di tracciabilità. Il problema è assicurarci che il nostro sistema di approvazioni funzioni correttamente, perché diversamente potremmo correre il rischio che i Paesi fornitori inizino a coltivare varietà non consentite».
La crisi internazionale e il calo dei consumi hanno acuito le sofferenze di reddito degli agricoltori. Come aiutarli?
«Gli agricoltori ricevono già aiuti diretti da parte dell’Ue, che quest’anno saranno erogati prima del solito, a partire dal 16 ottobre. Ci sono misure di sostegno al mercato, come l’intervento e le restituzioni all’export e più di un miliardo di euro è utilizzabile attraverso il Piano di ripresa economica per l’economia rurale».
E’ possibile pensare ad un allentamento dei vincoli Ue agli aiuti nazionali?
«In Europa abbiamo una politica agricola comune, ciò significa che abbiamo regole comuni e che la maggior parte di finanziamento proviene dal bilancio comunitario. E’ possibile ricorrere ad alcuni aiuti nazionali in determinate e precise circostanze, sempre che abbiano la preventiva approvazione dalla Commissione prima di essere corrisposti. Per trovare una soluzione alla crisi del latte, ad esempio, stiamo cambiando le regole, in modo che gli Stati possano pagare fino a 15.000 euro di aiuti temporanei agli agricoltori, entro il 2010».
A proposito di latte. Sembrava essere stata trovata un’exit strategy, ma le proteste sono riesplose. Quali risposte darà la Ue?
«Ho già annunciato il piano d’intervento per accelerare la ripresa nel settore lattiero-caseario. Sono in piedi numerose misure per aiutare il settore a superare l’attuale crisi, e l’azione intrapresa sta dando i suoi frutti. In un mese, nell’Ue, i prezzi del burro sono aumentati del 10%, le quotazioni dei formaggi e del latte scremato in polvere sono in movimento verso l’alto, e così il prezzo medio del latte comunitario. Gli allevatori di vacche da latte ricevono un prezioso sostegno dal nostro sistema di pagamenti diretti. Stiamo anche facendo buon uso dei nostri strumenti di mercato, che nei prossimi 12 mesi saranno finanziati con ulteriori 600 milioni di euro. L’Health Check della Pac e il Pacchetto per il Recupero Economico porteranno inoltre altri 4,2 miliardi di euro in cassa. C’è poi il progetto ”latte nelle scuole”, che è stato incrementato, e c’è un’altra proposta per aumentare ulteriormente la gamma dei prodotti.
tutto?
Daremo nuovi poteri alla Commissione per azioni temporanee e rapide contro la turbativa di mercato ed effettueremo un transitorio cambiamento di regole sul sistema di acquisto delle quote latte, per permettere agli Stati membri una maggiore influenza sulla produzione e sulla ristrutturazione. Guardo anche ad un nuovo quadro giuridico per regolare le relazioni contrattuali tra i produttori e l’industria, per introdurre un mercato europeo di futures e per studiare il modo di tagliare i costi produttivi e diffondere l’innovazione».
Qual è il suo pensiero sulla validità dell’etichettatura d’origine per i prodotti agroalimentari?
«Abbiamo già proposto un’etichetta generale d’origine. Per i prodotti, la mia preferenza sarebbe un’etichetta che nomini sia il Paese sia l’Ue».«Ottimizzare le risorse pubbliche. Se non ci sarà una politica per l’agricoltura noi ci mobiliteremo per chiederlo. stato fatto per tutti, perché per noi deve essere diverso?». Il presidente di Confagri, Federico Vecchioni (nella foto), forte della rappresentanza di 24 milioni di giornate di lavoro dipendente l’anno, lancia un segnale dal Summit di Cagliari. «Abbiamo fatto tutti i regolari passaggi istituzionali, compresa una mia lettera al premier, per chiedere la dovuta attenzione al governo: la situazione è d’emergenza e nei prossimi tre mesi si chiude la Finanziaria. E’ in questo tempo che bisogna agire». E ancora: «Le nostre idee sono molto chiare: per quanto riguarda la qualità l’origine è importante, ma la denominazione non basta. I prodotti bisogna venderli, farli essere riconoscibili e riconosciuti sul mercato. Il marchio collettivo va trasformato in marchio commerciale».
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