Dino Martirano, Corriere della Sera 26/9/2009, 26 settembre 2009
ROMA – Nel pacchetto di misure anticrisi, il governo ha dimenticato i professionisti e, anzi, in materia tributaria ha addirittura «varato provvedimenti punitivi per gli avvocati »
ROMA – Nel pacchetto di misure anticrisi, il governo ha dimenticato i professionisti e, anzi, in materia tributaria ha addirittura «varato provvedimenti punitivi per gli avvocati ». Per questo il Consiglio nazionale forense, che rappresenta un esercito di 226 mila toghe di cui 46 mila patrocinanti in Cassazione, ha avviato uno screening nei 26 distretti di corte d’Appello «per rilevare l’attualità dello stato di crisi tra gli avvocati» che, per diversi motivi, hanno visto diminuire parcelle e redditi nel corso del 2009. I grandi studi legali licenziano e quelli piccoli chiudono non solo a causa della crisi che investe in primo luogo il settore finanziario e quello immobiliare. C’è anche un’altra ragione, azzarda Guido Alpa che del Cnf è il presidente: «Le liberalizzazioni introdotte con il decreto Bersani, che ha cancellato le tariffe minime obbligatorie, hanno avuto un effetto paradossale sugli avvocati. Infatti, ad avvantaggiarsene non sono stati i consumatori ma le grandi imprese, banche e assicurazioni in prima linea, che hanno imposto condizioni inique determinando un abbassamento dei livelli di qualità». In realtà, aggiunge Alpa, «a queste condizioni molti colleghi rinunciano al mandato mentre altri, che invece continuano ad accettare, possono essere indotti a cedere sotto il profilo deontologico». Un altro fronte - in attesa che il Parlamento vari il ddl che riforma le professioni ormai arenato al Senato da luglio - il Cnf lo apre con l’Antitrust che ha bacchettato gli avvocati accusandoli di corporativismo e di scarsa propensione alla libera concorrenza: «Ma noi siamo diversi da un qualsiasi produttore di beni e servizi perché ci occupiamo di tutela dei diritti», incalza Alpa. Che invoca più severità anche per l’accesso alla professione: «C’è poco tempo da perdere perché ogni anno passano l’esame 15 mila candidati e nel complesso la loro preparazione è molto modesta». C’è infine il problema della tenuta degli albi intasati da professionisti con la laurea in giurisprudenza che tutto fanno tranne che andare in tribunale. Tutto questo e molto altro è scritto nel testo di riforma della professione forense ispirato dal Cnf e adottato seppure con 280 emendamenti dal comitato ristretto della commissione Giustizia del Senato. Quel ddl di iniziativa parlamentare ha navigato spedito fino a luglio quando il governo ha improvvisamente chiesto una pausa di riflessione forse perché l’ufficio legislativo del Guardasigilli era stato tenuto fuori dal progetto di riforma: «Ora speriamo che l’iter si concluda entro l’anno», è l’auspicio ottimista del professor Guido Alpa. Dino Martirano